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FATTI & RIFATTI#1 - COPPOLA (SOFIA) vs. SIEGEL: THE BEGUILED - sedotto e raggirato lui, o prede indifese loro?
di alan smithee ultimo aggiornamento
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Due grandi nomi del cinema – Coppola vs. Siegel – ci forniscono, a quasi 50 anni di distanza - due accezioni solo minimamente differenti, ma che nascondono  due sensibilità, due visioni, due universi: quello maschile e quello femminile.

BEGUILED: sedotto, raggirato, ingannato.

Sorvolando sul titolo pittoresco della versione italiana del film originario di Don(ald) Siegel (“La notte brava del soldato Jonathan), le due trasposizioni cinematografiche originariamente intitolate entrambe THE BEGUILED, sono tratte dall’omonimo romanzo del 1966 di Thomas P. Cullinan, nato tuttavia col titolo “A Painted Devil”.

Curioso notare come l’originale imposti l’attenzione sul protagonista maschile (è lui il “sedotto, il raggirato, l’ingannato” a cui fa riferimento il titolo), mentre, in entrambe le versioni, la Francia scelga di spostare l’attenzione sulle donne, definendole “prede”, ovvero “Les proies”, e capovolgendo completamente la situazione.

In effetti la forza di entrambi i film sta proprio in questo gioco sottile e perverso del gatto e del topo che uno conduce sulle altre, o viceversa, come vedrete presto per quanto riguarda il film molto riuscito di Sofia Coppola, o avete già visto nell’ottima prova di Don Siegel.

La vicenda in poche righe: durante la Guerra di Secessione, un nordista ferito gravemente ad una gamba (lo yankee Jonathan), viene lasciato a se stesso nelle retrovie di una folta vegetazione in campo nemico. Una ragazzina, intenta a raccogliere funghi, lo trova e lo soccorre portandolo presso la scuola ormai semideserta che una cinquantenne zitella gestisce come può, nella miseria dilagante, senza più manovalanza di colore, coadiuvata da una più giovane insegnante di francese; intento portato avanti ormai più per assicurare rifugio e sostentamento alle poche ragazze che non hanno potuto o avuto la possibilità di rientrare nelle loro case, che per scopi di lucro.

La carità cristiana spinge le donne a soccorrere l’uomo che, curato e ripulito, finisce per giacere nella stanza dedicata alla musica, tra la curiosità crescente di giovani e più anziane, affascinate, se non elettrizzate, dall’innegabile avvenenza del soldato nemico. Circostanza che dapprima spinge le donne a tacerne la presenza ai propri compatrioti, poi a contenderselo come una “preda” ambita più di ogni altra cosa, per poi sacrificarlo ad una veloce agonia quando “l’inganno” valica i confini della tollerabilità.

Siegel gira su una sceneggiatura riscritta da John B. Sherry e Grimes Grice, mentre la Coppola si occupa pure dello script, che, rispetto all’originale, viene concentrato il più possibile sull’avvenimento, tenendo distante più possibile la guerra in corso e gli strascichi che essa porta sulla popolazione bianca e quella degli schiavi. Siegel inizia proponendoci diapositive seppiate incentrate sulle morti violente causate dalla guerra, e illustrandoci stralci della dinamica del ferimento del nostro protagonista. Coppola ci trasporta direttamente in una galleria oscura di alberi e boscaglia, da cui cala la tipica vegetazione inquietante del sud che dilata i contorni e crea un effetto ragnatela nel contempo ipnotico ed allarmante. Tacendo quasi del tutto ogni riferimento alla schiavitù e lasciando la guerra civile in corso come uno sfondo assai lontano, seppur presente come sottofondo.

Ma è curioso anche notare, da piccoli fondamentali particolari, come l’approccio maschile e quello femminile di fronte ad una stessa storia, riescano a variare proprio in relazione alla personalità e alla sensibilità che deriva dal sesso di appartenenza: l’approccio di Jonathan accorso dalla bambina dodicenne è per Siegel quasi brutale, tipicamente maschile, ovvero quello di baciarla inopportunamente sulla bocca per irretirla ed insieme impedirle di emettere voce al passaggio del nemico. Il Jonathan della Coppola invece è più mellifluo e compiacente, calcolatore probabilmente subdolo, ed ostenta buone maniere allo scopo di evitare di incorrere in pericolosi atteggiamenti di prematura aggressività che possano comprometterne la salvezza.

In entrambi i casi è fantastico il confronto uomo/donne: l’atteggiamento servile e scaltro dell’uomo che pensa alla prima alla sopravvivenza e poi alla soddisfazione liberatoria tipicamente maschile, e la predisposizione della donna a sognare prima in un mondo tutto suo la storia d’amore perfetta, poi a difendere la sua “preda” con le unghie, preferendo sacrificarla nel modo più animalesco, quasi da rapace, piuttosto che condividerla con le agguerrite contendenti.

Ma è sulle dinamiche della seduzione che la Coppola vince, soprattutto in quanto donna dotata di sensibilità e capacità di osservazione, oltre che di autocritica. La parte migliore de L’inganno, cioè del remake, è proprio quando la vicenda si sposta sulle donne che, tutte protese a fare proprio ognuna il cuore dell’uomo - che è si un uomo, e come tale un po’ approssimativo e privo di sfaccettature, ma comprende benissimo di essere al centro di una dura lotta di predominanza come un fuco conteso tra cinque api regine – affilano ognuna la propria arma migliore, utilizzando ogni mezzo per fare proprio il maschio piacente caduto nella ragnatela che esse sono costrette a condividere. Ecco che l’alleanza e la collaborazione tra donne si trasforma in una lotta senza tregua, al termine della quale ognuna di esse preferisce sacrificare l’oggetto del proprio desiderio, piuttosto che vederlo ridotto in pasto altrui.

La guerra tra donne, la rivalità, i colpi bassi sono un fenomeno che oggi più che mai caratterizza le vite e le realtà lavorative dei giorni nostri e assume fenomeni molto più plateali, almeno a livello statistico, di quanto di più simile può accadere in ambienti a prevalenza prettamente maschile, dove magari le stesse poche donne si trovano più a loro agio, perché prive o almeno soffocate da minore competizione.

Se in questo la Coppola è insuperabile, certamente più del Siegel realista e ben concentrato a contestualizzare la vicenda, la regista tuttavia si fa prendere sin troppo la mano nella rappresentazione piuttosto irrealistica del contesto di indigenza da carestia e guerra civile: se anche Rossella O’Hara in Via col vento era costretta a disegnarsi un vestito di rappresentanza ritagliando le tende di velluto verde di Tara, o a cibarsi nei campi incolti delle radici strappate al bestiame, qui le donne parlano di indigenza e difficoltà a portare cibo in casa, ma poi ostentano pranzi da mille e una notte, e si fasciano di vestiti e stoffe pregiate difficilmente plausibili persino alla corte di luigi XIV.

Lodevole invece il polso registico della cineasta, che organizza con cura ogni dettaglio e ci sorprende con una direzione davvero pregevole, forte di riprese davvero di grande effetto.

Sul versante degli interpreti, se nell’interpretazione di Jonathan, a mio avviso, pur nella differente sfaccettatura attribuita dai due cineasti (più istintivo e brutale Eastwood, più raziocinante e calcolatore Farrell – entrambi molto bravi) sul versante donne le migliori risultano quelle della Coppola (Kirsten Dunst burrosa e sognante, Elle Fanning maliziosa ninfa oltre ogni decenza), eccezion fatta, ma non per fargliene una colpa, per il ruolo della direttrice: Nicole Kidman, bellissima (sin troppo) ed in gran forma, non può assolutamente competere con la esteticamente più grossolana Geraldine Page, che tuttavia sfodera un’energia ed un istinto “horror” che la rendono una vera sorpresa ed un portento.

Pertanto i due The Beguiled risultano due film molto validi, apparentemente molto simili, ma sottilmente e sfaccettatamente differenti, che rispecchiano prima di tutto differenti sensibilità di due cineasti lodevoli e apprezzati che, oltre ad appartenere a due epoche differenti, differiscono uno dall’altro innanzi tutto per il fatto di appartenere a sessi diversi. Circostanza quest’ultima che rende più interessante del solito procedere ad una visione di entrambi a distanza particolarmente ravvicinata.

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