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In Serie (40) : “the HandMaid's Tale” (stag. 1) : "Sia Lode a Te, Cagna!".
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Nostalgia di un passato che mai è stato ideale, oppressione per un presente incredibile, respiro verso un futuro da cercare e creare.

"Potrei incendiare la casa. È un pensiero così bello che mi dà i brividi." --- Margaret Atwood - "the HandMaid's Tale" - 1985 [ed. ital. Ponte alle Grazie, 2004 (2017), trad. di C.Pennati]


I. “Che fosti donna, or sei povera ancella.”

Fate un passo indietro. Adesso fatene un altro. Un altro ancora, su, forza e coraggio! Ecco. Ora siete arrivati. Questo è(ra) il mondo raccontato dal PdV dell'ancella-schiava-domestica-sguattera-donatrice di ovuli e di utero.
Un mondo in cui l'offerta di uno stupro dev'essere considerata come un gesto d'affetto, e il ricatto della minaccia di suicidio come un fastidioso dispetto.
Sperate, pregate, chiedete, invocate, agite, fate di tutto perché non debba, mai, essere (più) il vostro.

“E se... / What if...” : il nostro mondo, oggi, con una variabile, negativa, in più: il passo di marcia verso la sterilità.
Primo quarto del XXI° secolo: gli Stati Uniti d'America rispondono alla cronica emergenza climatica, energetica e fertile con una guerra civile. Vincono i bigotti e la gran parte della nazione diventa una dittatura clerico-patriarcale (da Antico Testamento) e schiavista del sess'opposto. Il Canada per ora è un'oasi di senno e un rifugio e avamposto per la resistenza, il Messico nicchia, tentenna, cerchiobotta.
“Mai” come oggi “the HandMaid's Tale” è (romanzo, film, serie) urgente e necessario, rende benissimo l'idea e la concretezza di come tutto possa regredire in un momento.

Donna Aracne e Donna Strega : “Abbracciare le donne è come abbracciare un mucchio di letame: la donna è figlia della falsità, sentinella degl'inferi, nemica della pace. La donna è la porta dell’inferno, la strada che conduce all’iniquità, la puzza dello scorpione” : Tertulliano – De Cultu Feminarum [Libro Primo, Capitolo Primo, Paragrafo Secondo (I,1,2 - Etc...)] – ca. 200 d.C.

Non appena oltrepassato il confine, direzione U.S.A. - Canada: “Questo è il tuo tesserino identificativo da rifugiata. Io sono un sostituto temporaneo: ti verrà assegnato un operatore sociale definitivo nei prossimi giorni. Ad un certo punto potrebbero trasferirti in un altro programma per rifugiati o addirittura in un altro paese. Cellulare, tutto pagato per i prossimi 12 mesi, e qui hai anche 200 dollari per pagare i taxi, giusto per permetterti di ricominciare. 470 dollari in contanti, il documento per l'assistenza sanitaria e quello per i farmaci con ricetta. Eccoti qui dei vestiti. E poi...che cosa ancora? Hm... Vuoi qualcos'altro da mangiare? Fare una doccia? Oppure prendere in prestito un libro e cercare un posto tranquillo? Tutto ciò che vuoi, decidi liberamente”.
Ovvero: Justin Trudeau sembra proprio un gran fico (gli manca solo l'atomica, ma quel progetto segreto relativo alla Grande Catapulta per Alci potrebbe sopperire al gap…).


II. “Chi la ridusse a tale?”

Nella bassa era della protesi si verificò un drastico e radicale crollo della fertilità, sia maschile che femminile. La creazione in vitro di un embrione (sia partendo da due gameti sia attraverso la clonazione) era possibile, ma gli uteri-incubatrici artificiali che potessero portare a termine una gravidanza e una gestazione non erano ancora stati ideati, perciò si dovette ricorrere alla cosa che più gli si avvicinava: il corpo delle donne (fertili). Problema risolto.

“1. Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, se no io muoio!». 2. Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?». 3. Allora essa rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei». 4. Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei.”  
Genesi: 30, 1-4 [C.E.I.]

Nella “società contemporanea” il corpo è un oggetto fisico dotato di una propria anima “comune” e “condivisa”, differente e divisa da quella dei singoli proprietari: il corpo, sineddoche per “(quasi) tutti i corpi”, è tanto lo scopo ultimo e l'obiettivo primario quanto la meta agognata e il traguardo idealizzato. Il corpo maschile (si) muove invisibile (in) questa fiera della carne, quello femminile ne è l'assoluto schiavo e sotto/infra parziale padrone. Nel regime post-moderno (il retro futuro che ci attende al varco), è sia uno strumento di controllo sia un misuratore/dispensatore di desiderio. Hijab, shayla, khimar, abaya, jilbab, chador, niqab, burka, bikini, tanga, tacco 12... La religione come salvezza e l'assenza di religione come vicolo cieco evolutivo. Tanti libri, per confutare il tutto, e una scorta di AK-47, per tenere il segno sulla riga col dito.

...che generò Gertrude Stein che generò Virginia Woolf che generò Djuna Barnes che generò Simone Weil che generò Elsa Morante che generò Shirley Jackson che generò Doris Lessing che generò Nadine Gordimer che generò Flannery O'Connor che generò Harper Lee che generò Elizabeth Costello che generò Ursula K. Le Guin che generò Toni Morrison che generò Alice Munro che...

...Alice Guy-Blaché ('73), Lois Weber ('79), Anita Loos ('89), Lotte Eisner ('96), Leni Riefenstahl ('02), Ida Lupino ('18), Danièle Huillet ('36), Angela Ricci Lucchi ('42), Claire Denis ('46), Kathryn Bigelow ('51), Jane Campion ('54), Naomi Kawase ('69), Marina De Van ('71), Sofia Coppola ('71), Martina Parenti ('72), Alice Rohrwacher ('82)...

...generò Susan Sontag che generò Monique Wittig che generò Agota Kristof che generò Antonia S. Byatt che generò Joanna Russ che generò Joyce Carol Oates che generò Margareth Atwood che generò Angela Carter che generò Octavia E. Butler che generò Nancy Kress che generò Chris Kraus che generò Elizabeth Strout che generò Nicola Griffith che generò Jill Soloway che generò...


III. Pancrátion (l'amore è la lussuria con una buona campagna pubblicitaria), ovvero: “My country is dead/death” (ogni storia d'amore è una tragedia se si ha la pazienza di aspettare).

Bruce Miller crea e showrunnerizza (scrivendo di proprio pugno i primi 3 episodi e l'ultimo), con l'aiuto della produzione esecutiva di Ilene Chaiken (the L Word) – che, assieme a Jenji Kohan (“Weeds”, “Orange is the New Black”), Phoebe Waller-Bridge ("FleaBag") e Tig Notaro (One Mississippi), con le quote rosa ci si pulisce il culo – e della stessa, magnifica, attrice protagonista, Elisabeth Moss (the West Wing, “Mad Men”, “Top of the Lake”), questa serie, tratta dal romanzo di Margareth Atwood (anche consulente alla produzione), che col finire della prima stagione copre per intero il volume [la scrittrice sarebbe pronta a dare un seguito alla sua opera distopica dell'85 (i tempi sono trumpescamente maturi), m'ancor (qui e qui) non si può saper se la seconda stagione - già confermata - potrebbe e in che grado e misura corrispondervi].

La regia è affidata a 5 nomi: i primi 3 episodi sono diretti (oltre che scritti, come già evidenziato, dal creatore Bruce Miller: s'immagina e si riscontra un lavoro in stretta collaborazione e sinergia tra sceneggiatore e regista) da Reed Morano {direttrice della fotografia: “Frozen River”, “Vinyl”; regista: “MeadowLand” (con l'O.Wilde di “House M.D.” e “Vinyl” ed E.Moss] e l'ancora in post produzione “I Think We're Alone Now”}, poi si procede per coppie: il 4° e 5° dal veterano Mike Barker [che, provenendo da “BroadChurch” e “the Tunnel” (l'equivalente GBR-FRA del Broen/Bron DAN-SWE e del the Bridge USA-MEX), con tHm'sT e “Fargo” in questo 2017 ha sfornato un uno-due registico eccezionale: il suo dittico è forse il migliore, assieme al trittico iniziale affidato a Reed Morano], il 6° (la scena di lavaggio dei denti più violenta e dolorosa mai vista) e il 7° da Floria Sigismondi [una lunga carriera nel videoclip (Marilyn Manson, David Bowie, Tricky, Björk, Leonard Coen, the White Stripes, Fiona Apple, the Raconteurs, Sigur Rós...), “the RunaWays” e l'episodio finale della prima stagione di “American Gods”; curiosità: pescarese come Giada Colagrande], l'8° e il 9° da Kate Dennis [“Rescue Me” e la prossima GLOW (Gorgeous Ladies of Wrestling] e il 10° ed ultimo da Kari Skogland (“the L Word”, “Banshee”, “BoardWalk Empire”, “House of Cards”). Nulla di trascendentale, tutto molto buono, nella seconda parte di stagione le regia si normalizza un po', ma l'insieme rimane sempre sopra la media, e a tratti si conferma ottimo.

Certo, alcune svolte di raccordo e racconto sono un po' troppo prevedibili: non in quanto tali, essendo…“inevitabili”, quanto piuttosto per il modo in cui sono messe in scena, per come sono veicolate attraverso sintassi, grammatica e stile.
Detto questo, i flash-back (forse IL topos tecnico-narrativo - ehm….abramsiano, ehm…- di questa terza età dell'oro della serialità televisiva/cinematografica) non sono affatto invadenti, noiosi o ingombranti [per la cronaca-statistica: tre episodi sono dedicati, sotto forma di flash-back esteso e nella sostanza del semi-filler (ovvero, tolti gli espedienti tecnici, nessun riempitivo: tutta storia), a Serena Joy, la padrona, (6°), Luke, il compagno lontano, (7°) e Nick, l'amante-spia (8°), di cui solo quello su Luke è interamente o quasi incentrato su di lui, senza quasi un accenno alla storia di June qui-ed-ora], e soprattutto sono utili, emozionanti e ben fatti: si pensi ad esempio all'avanzamento della MdP (dolly, carrello, steady) verso le culle vuote nella nursery del reparto maternità dell'ospedale il giorno dopo la nascita di Hannah (e che l'intera storia di tHm'sT debba essere un fottuto palindromo è doverosamente auspicabile).

Ciò che trascende (il contesto) e travasa, travalica e trabocca (dalla cornice e dal quadro), invece, è l'interpretazione di Elisabeth Moss: non un attimo perso, non un frame inutile, sempre presente. tHm'sT è una serie che vive del suo corpo, del suo volto, del suo sguardo e della sua voce. Al suo fianco un resto del cast validissimo: Joseph Fiennes (insopportabilmente anonimizzante in “Shakespeare in Love” e “Killing Me Softly”, perfettamente in parte in “the Darwin Awards” e...qui), Yvonne Strahovski (dopo “Chuck” e “Dexter”, la parte della vita: perfetta: una cattedrale di ghiaccio di curve amazzoni e guglie taglienti), Max Minghella (sottotraccia, basso profilo, sgusciante infiltrato doppiogiochista, a good guy), Alexis Bledel (iconizzata in “Gilmore Girl”, dopo una comparsa incisiva in “Mad Men”, qui non strafà e quel che fa (e subisce: infibulazione) lo fa molto bene, compreso l'arrotamento di un “volenteroso carnefice”), Samira Wiley (un portento grezzo: Poussey, in qualche modo, è risorta in tHm'sT: certo, è passata da un carcere (LitchField) a un altro (Gilead), m'almeno è viva, pettirosso da combattimento), Madeline Brewer (altro valido recupero da “OitNB” (stag. 1) : “Oh!, Tricia!”), Ann Dowd (“veterana” che si divide tra Broadway, il cinema e la tv – per esempio e per l'appunto si è vista ultimamente in “Olive Kitteridge”, per citare un prodotto che li racchiude tutti e tre -, novella nurse Mildred Ratched from Salem).

La fotografia di Colin Watkinson (ancora: “MeadowLand”) gioca molto (seriamente) con la palette cromatica Cyclamen [ciclamino (bianco + rosso), profumo, veleno], senza stancare, mai.
L'utilizzo delle musiche - sia quelle originali di Adam Taylor (a due delle tracce ha collaborato direttamente E.Moss), molto buone, tanto quanto quelle di repertorio - non è paragonabile a quello messo in atto e in campo da serie come Weeds/OitNB, Fargo/Legion, BreakingBad/BetterCallSaul [esempio esemplificativo e significativo: confrontare la forza evocativa (un po' troppo smorzata e retorica) dell'utilizzo di “Feeling Good” di Nina Simone da parte di Bruce Miller e Kari Skogland nel 10° ep. di “the HandMaid's Tale” (vers. orig.) con quella (meravigliosa) che ne sanno trarre Noah Hawley, Nathaniel Halpern e Hiro Murai nel 6° ep. di “Legion” (BassNectar Remix)], e i Simple Minds (“Don't You (Forget About Me)”) magari anche no, grazie, però a volte la scintilla scocca, sia che si peschi sul cool sia che si scavi un po' più a fondo.

• PLAYLIST

Innanzitutto (ché di questo si sta parlando) : Tom Petty & the HeartBreakers - “American Girl” - 1976 

Proseguendo con: il coro femminile di Scala & Kolacny Brothers che coverizza “Creep” dei RadioHead, il remix by CrabTree di “Heart of Glass” dei Blondie, “Fuck the Pain Away” di Peaches facendo lesbo-jogging (in realtà etero, ma che si fottano) sputato in faccia alle Figlie di Maria, Hildur Gudnadottir (l'Heyr Himna Smiður di Kolbeinn Tumason) e Jóhann Jóhannsson ("the Sun's Gone Dim and the Sky's Black") - fedele collaboratore di Denis Villeneuve: Prisoners, Sicario, Arrival, Blade Runner 2049 -, una versione a cappella di “Three Little Birds” di Bob Marley e the Waylers a mo' di ninna nanna, James Taylor con “Sweet Baby James”, Nina Simone e un tris d'assi (“Feeling Good”, “I Want a Little Sugar in My Bowl” e “Wild is the Wind”), l'OST di Adam Taylor (una per tutte: “He's Alive”), un classicone: Lesley Gore con “You Don't Own Me”… 

E inoltre ancor:
the Knife - “Wrap Your Arms Around Me” [Shaking the Habitual, 2013] 

Jay Reatard - “Waiting for Something” [Blood Visions, 2006]

Penguin Cafe Orchestra - “Perpetuum Mobile” [Signs of Life, 1987] 

Jefferson Airplane (Grace Slick) - “White Rabbit” [Surrealistic Pillow, 1967]

Cigarettes After Sex (Greg Gonzales) - “Nothing's Gonna Hurt You Baby” [I, 2012] 

Nina Simone - “Feeling Good” [I Put a Spell on You, 1965]

Poi, giusto sol per dire, “mi sarei aspettato” [sic] una pleonastica - e/ma quanto necessaria e giusta (“Nolite te bastardes carborundorum!”) - eco di Kris Kristofferson... 


X. Note.

I titoli dei capitoli I. e II. sono versi appartenenti alla canzone “All'Italia” di Giacomo Leopardi (1820) e da essa tratti.

Per una semplificata argomentazione delle differenze tra Utopia, Distopia e Ucronia: //www.filmtv.it/film/48415/gravity/recensioni/834218/#rfr:user-47656
Un parziale catalogo è questo: “the Time Machine” di H.G.Wells ('95), “the Iron Heel” di Jack London ('08), “die Andere Seite di Alfred Kubin ('09), “Noi” di E. Zamjatin ('24), “Brave New World” (romanzo) e “BNW Revisited” (saggio) di Aldous Huxley ('32 e '58), “It Can't Happen Here” di Sinclair Lewis ('35), “Anthem” di Ayn Rand ('38), “Animal Farm” e “1984” di George Orwell ('45 e '49), “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury ('53), “A ClockWork Orange” di Anthony Burgess ('62), “the Man in the High Castle” di P.K.Dick ('62), “the Iron Dream” di Norman Spinrad ('72), “the Difference Engine” di William Gibson e Bruce Sterling ('90), “FatherLand” di Robert Harris ('92), “the Plot Against America” di Philip Roth ('04), “22/11/'63” di Stephen King ('11), “the Mirage” di Matt Ruff ('12).

Pura “curiosità” : le ultime parole dei nastri (episodi) registrati (il romanzo di Atwood è la trascrizione del diario su audiocassette tenuto dalla protagonista, la serie procede e avanza grazie anche alla sua omodiegetica voce narrante) : 1. June 2. Fuck 3. Dear 4. Bitches 5. Ahhh! 6. Him 7. Hannah 8. Box 9. Dear 10. Light.

E altre parole, in latino maccheronico (da una bambina che ama sfogliare un tomo di grammatica latina e/o da una donna cui è proibito leggere qualsiasi libro), incise nel legno dello stambugio :
Nolite Te Bastardes Carborundorum (Age, Monicelli e Scarpelli ne sarebbero stati orgogliosi).

"Avrei dovuto fare così con Luke, dedicare più attenzione ai particolari, i nei, le cicatrici, le rughe, una per una; non l'ho fatto e il suo ricordo si sta allontanando da me. Giorno dopo giorno, notte dopo notte si dissolve, e io gli sono sempre più infedele. Per Nick mi agghinderei con piume rosate e stelle di porpora, perfino con la coda di un coniglietto, se lo desiderasse. Ma lui non pretende simili fronzoli. Facciamo l'amore ogni volta sapendo, oltre ogni ombra di dubbio, che entrambi non lo faremo mai più con nessun altro. E anche ora è sempre una sorpresa, un dono." --- Margaret Atwood (op. cit.) 

E, giunti sin quasi alla fine, terminiam con un ultimo consiglio:

(© ZeroCalcare)

Postilla.
http://www.bringbackourgirls.ng/

* * * * (¼)  -  8 (½)      

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