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That gum you like is going to come back in style! (Twin Peaks 3: impressioni)
di M Valdemar ultimo aggiornamento
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L'abbiamo aspettato per (più di) venticinque anni (e Lynch da oltre dieci), non sapendo – per buona parte di questo tempo – di doversi aspettare qualcosa. Ma era lì. È sempre stato lì. Twin Peaks, l'inscalfibile oggetto alieno che ha sfondato più dimensioni di quanto se ne conoscano, ancora oggi, è tornato tra noi. Davvero.
Ora, a parte la colossale figuraccia di Sky Italia che “per errore” (oh, ma quanto è dannatamente twinpeaksiano tutto ciò?!) ha messo on line i primi due attesissimi episodi con circa una quindicina di ore di anticipo rispetto alla programmazione prevista in contemporanea mondiale in decine di Paesi, cosa dire di questo clamorosissimo ritorno?
Nulla (che abbia un qualsiasi senso).
Troppe poche due ore per emettere verdetti definitivi.
Ma è stato divertente leggiucchiare qua e là commenti a caldo (di menti tendenzialmente fredde, per quanto cerebralmente trapassate a peggior vita), previsioni profetiche (del genere: “non piacerà perché ...” e giù una marea di impunite stupidaggini), entusiasmi urlati, sentenze randomiche.
Persino giudizi ponderati. Ma sempre fallaci: Lynch non lo si incatena al giogo della “normale” riflessione.
Interessanti, semmai, altri aspetti.

Primo: tra la prima e seconda serie e questa sono trascorse alcune ere. La serialità di qualità, il cinema in tv, eccetera. Lynch&Frost, dunque, ne avranno subito l'influenza? Adottato etica ed estetica? Abbracciato l'anima?
No. A occhio, si potrebbe pensare che, non solo non siano fruitori compulsivi di prodotti seriali (dai peggiori a quelli più celebrati), ma soprattutto che non gliene importa un ceppo secco.
Grandi.
Il tempo s'è fermato. Eppure è trascorso. Laura Palmer è morta tuttavia vive. «Questo è il passato o il futuro?», ripete l'Uomo senza un Braccio.
Questione fondamentale. Sublimemente esistenziale (all'interno dello stesso universo creato).
E quindi: chi è abituato agli standard (quantunque alti) in termini di narrazione, estetica, tecnica, tematiche, e non riesce a oltrepassarne i confini, è destinato a delusione cocente.
Twin Peaks 3 rifugge canoni e norme dell'ordinamento audiovisivo in voga; e non per snobismo o arroganza ma proprio perché completamente “diverso”, alieno, altro. Insomma, è puro Lynch. Pura Arte della Vita. Non solo TP: dentro vi confluiscono divinamente echi e suggestioni di Eraserhead, Mulholland Drive, Strade Perdute, Velluto Blu, i corti, i suoi disegni. E i suoi sogni (of course).
La natura della creatura lynchiana è fatta di cellule proprie, di scelte proprie. Propria la rappresentazione. Il racconto si apre, si offre, propaga più onde, intesse più fili (pazienza: saranno risolti, alla maniera del grande autore americano), dischiude scenari e ne cela altri, ipnotizza e lascia sospesi, tiene un suo passo, sostiene l'architettura visiva che squarcia veli di (im)possibilità e (non) contiene l'insostenibile essenza di atmosfere e ombre e percezioni.
Momenti di delirio puro, alienante e straniante, prolungati (in particolare nel secondo episodio), indecifrabili e attinenti al più oscuro degli incubi. Inneschi orrorifici abrasivi, angoscianti, eccitanti. E, improvvise, stasi infernali e lacerazioni nel/del grottesco.
E c'è (sempre) musica nell'aria (sotterranea, perenne, un tremendo compagno di visione: suoni profondi e gravi dall'oltremondo).
E quel senso di perturbante e arcano, risalente a innominabili tempi antichi, che non ci abbandona mai.

Secondo: Twin Peaks stesso. Ovvero. Come riuscirà a “proseguire” venticinque anni dopo? E cosa è successo a questo o a quell'altro personaggio? E la continuity, eh (maledetti!) come la rispetteranno?
Come spiegheranno (che ossessione, che pena! Che il fuoco cammini con voi!) la tal cosa e il tal avvenimento e il vuoto, lì? E quello che nel frattempo è morto, o l'assenza di quell'altro, come faranno, che diranno, cosa diavolo ideeranno? E Frost & Lynch, saranno ostaggio della loro Creatura? E noi spettatori, avremo uno spettacolo all'altezza che possa soddisfare le nostre altissime aspettative (di coloro i quali intravedono i fantasmi di una giovinezza passata)?
Che noia.
Ancora una volta: Twin Peaks è Twin Peaks al di là del suo Mito, dei suoi personaggi e simboli, dei simulacri e feticismi; e oltre la costruzione (meccanica) di impalcature narrative e cronachistiche. Delle gabbie nostalgiche.
Prova. Nelle due puntate trasmesse, l'ambientazione nell'iconica cittadina dello stato di Washington è ridotta al lumicino. Qualcuna delle figure storiche appare, qualcuno è giusto (in) un fotogramma, qualcun altro ancora una proiezione di un futuro fantasma (commozione, solenne, Log Lady!).
Rimane lo spirito. Rimangono gli spiriti.
Twin Peaks è un Impero della Mente (che cancella, evolve, si crea e si trasforma, si tramuta in incubo, riaffiora e annega, si riappropria dell'identità, si proietta in dimensioni altre).

Trascesa ogni realtà, superati steccati bianchi e paletti marciti, inscenato l'inscenabile: qualcuno aveva dei dubbi?

[ Terzo. Chiunque consideri TP meno di un imprescindibile capolavoro è, a sua insaputa, il doppelgänger malefico e ritardato di quello buono e intelligente evidentemente recluso in una qualche loggia interdimensionale chissà dove chissà quando ]


Fine (per ora).

[ siete tutti invitati nella loggia nera dei commenti: niente spoiler, per cortesia, o vi staccherò personalmente un braccio ]







[ Ruth Radelet, splendida, e i Chromatics al Bang Bang Bar: Shadow. È già ossessione ]

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