PARKS CHIAMA BOOTHE
La morte di Michael Parks – caratterista che da giovanotto belloccio del cinema anni Sessanta e seguenti si è ritagliato un ruolo di cattivo in anni più recenti (Grindhouse, Red State, Argo, Django Unchained, We Are What We Are) – ha preceduto di pochi giorni quella di Powers Boothe.
BOOTHE MUORE NEL SONNO
È morto nel sonno Powers Boothe.
Il mio ricordo di Boothe è indissolubilmente legato alla scena finale di Southern Comfort, capolavoro di Walter Hill del 1981, vivacemente percossa dal canto cajun Parlez-nous à boire della mitica Balfa Brothers.
Boothe è un caratterista che ho sempre modicamente apprezzato. Dico caratterista perché l’uomo, alto, lineamenti da duro, mascella volitiva non è mai diventato un divo anche se, oltre a un numero ragguardevole di film, ha prestato il suo fisico all’ottima performance di un convincente Philip Marlowe nella serie tv del 1983. Un Marlowe de–sentimentalizzato, torvo, poco simpatico.
Una certa fissità di bronzo che, senza alcuno sforzo nei movimenti facciali - impassibili a moto alcuno -, gli ha assicurato un discreto successo in un’intera stagione di 24 nella parte del vicepresidente Noah Daniels, uno dei tanti burattini–presidenti in cui si imbatte l’eroe di cartapesta Jack Bauer – gara dura con un altro campione di assoluta antipatia imperialista come Kiefer Sutherland.
Strangolato entro le maglie di un non eccelso Tombstone - strette da attori del calibro di Kurt Russell, Val Kilmer, Sam Elliot, Bill Paxton, Michael Biehn, Stephen Lang, un rincoglionito Charlton Heston -, Boothe sembra farsi notare con un ci/piglio meno spigoloso nella parte di Curly Bill Brocius.
La critica se ne accorge, del resto il nostro Powers si era fatto le ossa (facciali) in film migliori di Friedkin, Hill, Milius, Boorman.
Con il capolavoro seriale Deadwood Boothe conquista la meritata popolarità, ma – anche in questo caso – strangolato tra Timothy Olyphant, Ian McShane, Brad Dourif, John Hawkes, Titus Welliver e decine di characters –, il rischio di dimenticarsi di lui è prepotente.
Non ha mai bucato lo schermo Boothe? A mio parere, le cose stanno diversamente: tanto appariscente è l'uomo quanto dimenticabile o scarsamente persistente in rétina. Questa potrebbe essere la spiegazione che dà Goffredo Fofi a proposito del ‘non essere diventato un divo’ di Robert Ryan:
“Ci sono attori condannati ai secondi ruoli e al ruolo fisso, quando invece la loro personalità e la loro gamma di possibilità è estesissima”
Spiegazione convincente se si supera la stellare distanza tra Ryan e Boothe – il primo aveva una gamma espressiva che al secondo faceva difetto, troppo rigido il volto, poco dotata di estensione la maschera.
Convivono in Boothe tracce evidenti di vecchi guerrieri del cinema come Lee Marvin, Robert Ryan, Warren Oates, Nick Nolte, tanto per citarne alcuni, ma in lui non si fanno carne, restano nella indistinta, onesta virtù del non/finito.
Boothe ha interpretato film in ruoli di primo piano come Cruising, il già citato I guerrieri della palude silenziosa, Alba rossa, La foresta di smeraldo, Ricercati: ufficialmente morti, Tombstone, Frailty, Sin City.
Come molti attori incompiuti Boothe ha finito di fare cinema e la sua carriera ha avuto un’impennata in importanti ruoli serie tv come Deadwood [lo spietato Cy Tolliver], Hatfield & McCoys, Nashville, Agents of S.H.I.E.L.D.S.
Ma Southern Comfort e Deadwood sono bastati a rendermi simpatico questo colosso d’argilla.
Mi mancherai comunque, Mr Hardin della palude.
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