È una serie-limerick, “Legion”. E nel buffo gioco serio di regole ed eccezioni la componente (audio-)visiva è prevalente, preponderante, e stabilisce la propria supremazia sulla “storia” : le arti grafiche non sono, mai, state rappresentate, traslate, utilizzate e restituite meglio, nella storia della serialità televisiva mainstream, e in questo soggiacente percorso fondativo edificano un substrato auto-aporetico composto da continui rincalzi e riscritture strutturando un discorso libero e selvaggio fine-a-sé-stesso...e quindi avente un valido scopo.
“Perché l'ho combattuto [questo potere] così a lungo?” - dice lui. Che non è, proprio, lui.
Robert Louis Stevenson si fermò a due, così come farà Hitchcock, Shirley Jackson si spinse a quattro, così come farà Brian De Palma, mentr'ecco che Matt Ruff e M. Night Shyamalan fanno il pieno riassettando la casa.
E “Legion” comprende tutti loro, simultaneamente.
“Who teaches us to be normal when we're one of a kind?”
(“Chi ci insegna ad essere normali quando siamo unici nel nostro genere?”)
Una domanda non proprio universale, ma...beh...quasi.
Ep. 5 - Scritto da Peter Calloway e diretto da Tim Mielants.
Ep. 6 - Scritto da Nathaniel Halpern e diretto da Hiro Murai.
Ep. 7 - Scritto da Jennifer Yale e diretto da Dennie Gordon.
Ep. 8 - Scritto da Noah Hawley e diretto da Michael Uppendahl.
Fotografia di Dana Gonzales e Craig Wrobleski. Montaggio di Regis Kimble.
"The arms of a barmaid from Yale
Were tattooed with the price of the ale
And on her behind
For the use of the blind
Was the same information, in Braille."
Aubrey Plaza - un incrocio adorabile tra Syd Barrett e BeetleJuice (insomma, direste che non potrebbe in alcun modo finire bene per lei, lui, it, no?) dotato di parrucchini ascellari, piedi nudi sul cruscotto e via all'avventura : impossibile non innamorarsene (rimarcabile la scena a due con l'ottima Rachel Keller, nel final season : Plaza in versione incatramata zombie decomponentesi è respingentemente irresistibile e attraente) -, già memorabile in "Parks and Recreation", sa saltare con la corda dell'impiccato fissata al soffitto penzolandocisivi come fosse una liana, ma non camminare su tacchi 12, e per forza, il suo personaggio è un maschi(acci)o (Lenny - versione andro e gino - e the King of Shadows, il simbionte-parassita-vampiro), e, complice Nina Simone remixata BassNectar, cita persino (regia del videoclipparo Hiro Murai, con un lavoro eccezionale sul sonoro, aka rumori ambientali) il Frank Booth di Dennis Hopper in “Blue Velvet”...! Vanno evidenziate per lo meno le prove di Dan Stevens (a tratti impressionante) e Jemaine Clement (pura essenza e stile).
E, dopo i primi 4 episodi (the Who, the Rolling Stones, Jane's Addiction, Talking Heads, Serge Gainsbourg, Robert Plant, Feist, Sonny Simmons…), la track list prosegue inarrestabile, e all'ottimo score di Jeff Russo si aggiungono le musiche di repertorio di, oltre a Nina Simone : Maurice Ravel (“Boléro”), un 1-2-3 pinkfloydiano da lasciare stecchiti [“Speak to Me”, “Breath (In the Air)”, “On the Run” : i primi tre pezzi di “the Dark Side of the Moon”, insomma (e Waters, Gilmour, Wright e Mason sono tutti rappresentati), e la Marvel sgancia, sembra], RadioHead (“the Daily Mail”), the Moody Blues, Lisa Hannigan (“Oh! You Pretty Thing” by David Bowie), the Grassy Knoll (“Art of Fear”), T.Rex…
Al giro di boa che lancia come una fionda gravitazionale la serie nella seconda parte di stagione “Legion” abbandona ogni requie che mai aveva avuto e, con gli ep. 5 e 6 mette in scena un qualcosa di - una volta tanto non è retorico, né pindarico, né pletorico affermarlo - (quasi) "mai" audito e visto (comprese le citazioni, due per tutte quelle a "Under the Skin" e a "They Live").
[ "Under the Skin", l'accartocciamento ↑↑↑ - "They Live", lo svelamento ↓↓↓ ]
The lunatic is in my head.
C'è niente, c'è proprio niente da dire, nulla, su “Legion”, c'è solo da guardare e da ascoltare.
“Legion” è scritto nei ritagli di tempo, “Legion” è composto dagli scarti intellettivi di “Fargo”, è un suo cascame, lacerto, rigaglia, “Legion” è un passatempo, un ripiego, una giostra, “Legion” è magnifico : non vi sono pesci (non) volanti precipitanti dal cielo, non vi troverete di fronte a dischi volanti pronti a cogliervi di sorpresa (certo, è presente uno fra i “quadri” - in realtà una fotografia sfuocata - più “perturbanti”, o meglio, “disturbanti” ed assurdi, mai visti dopo lo “Slippin' Jimmy” di Miles Toland in “Better Call Saul 2”, e il totem-piramide-guazzabuglio di cattivoni ammassati, sbraccianti e scalcianti fa la sua bella figura) : in “Legion” è tutto chiaro e limpido sin dall'inizio, i cliffhanger reiterano di volta in volta la loro “pretestuosa” aleatorietà erigente la storia, gli "spiegoni" son'occasione per sperimentare, la coerenza interna è rispettata e persegue l'improbabilità, e la spiegazione di ciò è già ben contenuta nel nome, è in esso esplicitata, e il suo nome è Legione.
“Il mio gioco è molto interessante. È immaginazione, in una camicia di forza.” - Richard P. Feynman
Il post dedicato alla prima parte di questa prima stagione di “Legion” lo trovate qui:
//www.filmtv.it/post/34292/in-serie-38--blegionb-stag-1-p-12-ep-1-4--a-rabbit-hboble-in/#rfr:user-47656
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