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Se mi avete seguito vi sarete accorti che ogni tanto perseguo attraverso questa newsletter un mio scopo personale, non meglio definito e forse nemmeno sinora davvero chiaro a me stesso, che potrei chiamare “fenomenologia dello spettatore che è in me”. Guardo me stesso che guarda il film e cerco di capire cosa sia il mio guardare, dove vada la mia attenzione, cosa mi attragga e cosa mi emozioni.

 

E se c’è una cosa che so da sempre è che ciò che seguo innanzitutto è. sommariamente, la sceneggiatura: per vari motivi. Alcuni li ho già detti, altri pertengono alla mia formazione, al piacere della scrittura, all’eterno interesse per le storie, per le scelte che vengono fatte e che sono molteplici. Per quella sorta di responsabilità che c’è in ogni storia.
Perché mi viene raccontata questa storia? Che urgenza ha in sé? Come me la si racconta? E cosa mi viene davvero detto? Non solo i testi quindi, ma anche i sottotesti sono l’oggetto della mia indagine, per lo più.
Non ho avuto certamente una educazione visiva pari a quella letteraria. Sono cresciuto tra i libri. E nonostante sia un musicista dilettante mentre vedo un film faccio una fatica enorme persino a percepire la musica, in prima visione, che mi si confonde con l’’immagine e fa un tutt’uno con essa. Solo una seconda visione mi permette di rivalutare e approfondire. E quelle volte, rare, che ho avuto il tempo di recarmi a un’anteprima stampa mi sono sempre sentito spiazzato sentendo gli amici giornalisti discutere come se avessero visto già il film più e più volte. A me arriva - alla prima visione - sempre e solo un oggetto intero, indivisibile: un elemento compatto che mi è difficile analizzare e scomporre, individuando i dettagli che sono con-fusi nel mio sguardo e nella mia memoria, per quanto fresca.
La storia invece - i dialoghi e le loro modalità, i toni e i le scelte - è ciò che mi arriva prima, quel che trattengo di più. Ho davvero quasi un problema con le storie. E se la mia compagna-spettatrice favorita nonché padrona del telecomando stacca anche magari durante solo una pubblicità io ci resto sempre male: bastano due battute per farmi venire voglia di vedere come e dove va a parare quel frammento di storia.
Ma sono consapevole che il mio modo è solo un modo tra molti e contiene dichiaratamente i suoi limiti.
Un’altra cosa che faccio spesso nella newsletter, e anche questo lo sapete magari, è alla fine chiedere: e voi? Be' allora lo faccio subito, non aspetto il finale e vi chiedo come e cosa guardate-osservate-sentite voi. Non tanto e non solo per darvi la parole e aprire il microfono (che alla fine è sempre la cosa più interessante di questo scambio, almeno per me), ma perché qui c’è davvero una richiesta di aiuto, quasi la speranza di apprendere nuovi modi e nuovi sguardi.
Per tanto, rendo ancor più esplicita la mia domanda e vi chiedo: ma cosa guardate mentre guardate un film la prima volta. Osservate voi stessi mentre guardate un film e ditemi cosa vi succede, senza filtri.
Fosse che fosse la volta buona che mi libero da tutte queste storie e scopro un nuovo modo di guardare...

 

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