"Registi che contano" non ambisce, né può essere, una monografia compiuta ed esaustiva sull'autore ogni volta preso in considerazione; tenta piuttosto mettere in luce un cineasta e di presentarne l'opera cronologica che lo ha contraddistinto sino ad oggi. Autori che potrebbe essere interessante conoscere, e che, a giudizio di chi scrive, si sono distinti per un particolare stile o tecnica di regia, per le argomentazioni che contraddistinguono la loro carriera ad oggi, senza necessariamente pretendere di attribuir loro il merito di raccontare cose nuove o mai viste.
JOAO PEDRO RODRIGUES, portoghese, classe 1966, è divenuto negli anni il regista di riferimento della sessualità selvaggia, o di quella a cui comunque si ricorre per trovare rifugio, riparo e protezione da un mondo che, per molteplici cause, drammi, disgrazie, non si riesce più ad affrontare senza una valvola di sfogo che possa catapultare la persona vulnerabile ed indifesa entro un tunnel di soddisfazioni e piaceri certo fugaci, ma in grado comunque di trasportarci in una dimensione che ci allontani dalla squallida realtà che ci sta facendo affogare, e che pare soffocarci.
Il suo esordio nel lungo con O Fantasma, ad inizio secolo, ha lasciato il segno alla Mostra del cinema di Venezia, tra scandali e manifestazioni plateali di sdegno promosse dai soliti bigotti benpensanti, tutti protesi a lapidare il film e le scene di sesso omosessuale tutt’altro che lasciate all’immaginazione.
JOAO PEDRO RODRIGUES
Un cineasta, Rodrigues, dotato di un coraggio titanico nel non omologarsi agli standard commerciali dilaganti, alle formule preimpostate necessarie a garantire il successo, quelle stesse che finiscono per far perdere la strada e la genuinità a molti autori che, al contrario del nostro, si lasciano ammaliare dalle fuorvianti luci abbaglianti del successo e del guadagno.
La forza, l’orgoglio di portare avanti un discorso e tematiche tutt’altro che di largo consumo e il rifiuto di scendere a compromessi, costituiscono la caratteristica più forte del cinquantenne regista portoghese, spesso presente, e pertinentemente considerato, se non proprio riverito, ai festival, soprattutto a quelli a tematica LGBT.
O ORNITOLOGO
Il suo O’Fantasma si è rivelato un esordio esemplare, per un cineasta portato a sondare l’animo e la psiche di chi ha ormai toccato il fondo e cerca nuove vie di evasione come soluzione definitiva in grado di elevarlo a qualcosa di migliore, partendo dal punto più basso da cui mai si sarebbe pensato di dover ripartire.
Nel ripercorrere molta della sua carriera, tra lungo e cortometraggi, film girati da solo o coadiuvato dall’amico Rui Guerra da Mata, emerge una personalità forte ed un carattere intransigente che lo spinge ad essere una tra le voci più pure, e per questo spesso scomode, irritanti, polemiche e talvolta sgradevoli, della cinematografia contemporanea europea.
Uno degli autori cinquantenni più dotati ed ispirati assieme al quasi coetaneo, ma francese, Bertrand Bonello, altro cineasta che conta, con cui ci intratterremo presto in un ulteriore post a lui dedicato.
O FANTASMA
Qui di seguito stralci e sintesi (ma la possibilità altresì di accedere alle varie recensioni complete dei film visionati spesso ai vari festival in cui sono stati presentati) di un percorso cinematografico che, dal 2000 ad oggi, spazia tra film a soggetto, documentari, e forme ibride difficilmente catalogabili, che stanno esattamente a metà strada tra i due generi, tutti o quasi incentrati, con una attenzione cruciale, quasi morbosa, nei confronti di chi è o si riconosce nel ruolo della vittima, del vinto, del derelitto, di colui contro cui il destino si è accanito: colui che non ha saputo o voluto cavalcare l’onda, e che la società ha deliberatamente, per questo motivo, messo da parte come un rifiuto da rottamare.
Un cinema prettamente al maschile, dove spesso la donna si ritrae nella parte della tentatrice, di colei che si mette in mezzo ad una armonia collaudata tra uomini, o diviene l'oggetto perfetto a cui cercare di tendere dopo una vita da uomo (To die like a man, meraviglioso!). Anche Odete, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes nel 2005, ha una bellissima protagonista femminile, la cui storia ed esistenza sono tuttavia improntate di riflesso su quelle di uomini che in qualche modo le sono gravitati attorno.
Il suo ultimo, affascinante ma pure disturbante O Ornitologo, vita di un moderno santo eremita studioso di pennuti, tentato da figure estreme ed eterogenne di donne dopo aver smarrito la strada nel bosco, ha ricevuto il Pardo per la miglior regia all'ultimo Festival di Locarno.
A ULTIMA VEZ QUE VI MACAU
Qui di seguito buona parte della filmografia dell'autore:
La solitudine, l'indifferenza del mondo tutto attorno, la mancanza di sensibilità, il freddo dell'anima, il vuoto dei sentimenti: tutti disagi e devastazioni cerebrali che incitano il bello e solitario Sergio alla ricerca di nuove, perverse e sin sofisticate forme di piacere e soddisfazione almeno passeggere: un paradiso di perdizione in cui il ragazzo - di giorno netturbino e di sera misterioso uomo nero in lattice e cerniere tattiche e nei posti giusti per agevolare i contatti col piacere piu' estremo ed animale - si rifugia per sopravvivere ad una esistenza di vacua quotidianita', in cui non c'e' spazio, voglia ed attitudine per lasciarsi andare a sentimenti duraturi e genuini.
VOTO ****
ODETE
Melodramma esagerato e coloratissimo, ritmato da musiche scatenate da disco che si alternano con un efficace contrasto alla romantica e sdolcinata Moon River di Henry Mancini presa direttamente da Colazione da Tiffany, il film di Rodrigues trova nella contraddizione di situazioni e vicende al limite del grottesco il suo punto di forza ed il suo genio. Odete sulla carta, per chi non ha visto il film, potrebbe sembrare la sosia della dimessa e campagnola Rosetta dei Dardenne. Invece il regista portoghese ci presenta nei panni (pochi e spesso aderenti) della commessa protagonista del melo' una splendida fanciulla col fisico da top model e il viso accigliato da bambina capricciosa, il tutto facente capo alla splendida (e pure brava) Ana Cristina De Oliveira.
VOTO ****
Melodramma colorato come il sangue che sgorga dal seno malato del(della) protagonista (Antonio/Tonia, transessuale non operato, icona delle notti trasgressive lisbonesi di avanspettacolo e musical en travesti), come lo stesso sangue che Tonia si ritrova sulle labbra dopo aver chiuso con troppa forza e malizia la lampo di una sua giovane antagonista.
VOTO *****
Quasi cent'anni dopo "Douro fauna fluvial"del connazionale ultracentenario Manoel de Oliveira, esordiente nel 1926 proprio con quell'eccezionale dinamico documentario caposcuola di un certo modo di intendere il documentario, due grandi nomi della giovane cinematografia portoghese tornano a filmare il lavoro vero, quello di trasformazione della materia prima. E lo fanno con la naturale inevitabile freddezza delle mannaie insanguinate necessarie per sfamare una umanita' che continua a crescere nonostante tutto: nonostante i controlli e i timori di denatalita' che invece caratterizzano certe lontane realta' occidentali, le nostre.
VOTO ****
Questa controversa, enigmatica, inclassificabile fatica (come genere cinematografico, non certo come valore artistico) è un falso documentario col quale il regista narra la sua chiamata a Macao, piccola ex colonia portoghese che si affaccia nel Mare Cinese meridionale, per soccorrere l'amico travestito Cindy che gli ha chiesto soccorso. Una narrazione tutta particolare in cui il viaggio è l'occasione per il regista, che filmando quasi mai si riprende interamente, ma di cui scorgiamo al massimo sparute e fugaci parti del corpo, di ripercorrere un periodo felice di trent'anni prima, una giovinezza in una terra lontana ma per nulla straniera.
VOTO ****
breve e teso noir, tutto pedinamenti e personaggi misteriosi, che cattura già da subito quando una misteriosa auto comincia a seguire una affascinante donna in tacchi alti, bionda e tutta fasciata di raso mentre cammina sinuosa ed inizialmente ignara di essere seguita, ai bordi di una strada periferica a Varziela, centro portoghese che raccoglie la più grande concentraziine di popolazione cinese. Una sorta di chinatown insomma, che percorriamo nei suoi rettilinei più desolati a partire da un aeroporto, dove un misterioso individuo vestito elegante e con cappello da gangster, pare da subito alla ricerca di qualcosa, anzi di qualcuno. Il pedinamento lascia talvolta il posto ad una inquadratura, dall'alto e tramite uno specchio posto nel soffitto, di un gruppo di persone che gioca a mahjong, sgrategia simile al ramino che richiede una tattica piuttosto elaborata per avere la meglio sui tre avversari.
Intanto l'inseguimento non cessa ed anzi prosegue all'interno di un centro commerciale, dove la misteriosa donna (una avvenente prostituta? Una spia? Una testimone scomoda? ?..chi puo dirlo con esattezza...) fa perdere con astuzia le sue tracce, portando tuttavia il suo inseguitore alle soglie dell'ultimo duello, quello decisivo e finale.
VOTO ****
Le tentazioni del santo "osservatore".
Per il ritorno ad un lungometraggio di narrazione, il portoghese Joao Pedro Rodrigues sceglie di riprendere in modo esemplare le associazioni spericolate, ma pertinenti, della vita sui generis e dai forti tratti omosex, di un santo moderno o fuori del tempo che non può non ricordare, anche grazie ad esplicite rappresentazioni e pose, il San Sebastiano dalla postura drammaticamente sensuale del celebre film-icona del grande Derek Jarman.
VOTO *****
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