La 67ma edizione del Festival di Berlino ha finalmente svelato tutte le sue carte, lasciando perplesso il mondo del cinema italiano. A un anno di distanza dall’Orso d’Oro vinto da Fuocoammare di Gianfranco Rosi, nessun titolo italiano è stato ammesso in concorso: a dirla tutta, nessun titolo italiano sarà proposto in nessuna delle sezioni dal festival teutonico. Quale sia la ragione di tale oscurantismo non è dato saperlo: impossibile, però, credere che non vi sia un corto, un documentario o un lungometraggio degno di partecipare alla rassegna. Polemiche a parte, vogliamo concentrarci sui titoli presenti nelle due sezioni principali: Competition e Special.
COMPETITION
Da sempre in Competition trovano spazio opere che si contendono l’Orso d’Oro e altre che passano solo per motivi di vetrina, senza essere in gara. Ad aprire le danze, sarà il titolo francese Django Melodies, prima regia dello sceneggiatore Etienne Colmar su un periodo specifico della vita del virtuoso della chitarra Django Reinhardt alle prese con le persecuzioni naziste. A battere bandiera francese sarà anche The Midwife di Martin Provost sull’amicizia tra una levatrice e la seconda moglie del padre, interpretate da Catherine Frot e da Catherine Deneuve.
Arrivano dalla Germania tre differenti titoli: il documentario Beuys che il regista Andres Veiel dedica all’eponimo maestro della Rivoluzione Culturale; Bright Nights, storia di paternità firmata da Thomas Arslan, già regista dell’apprezzato western Gold; e Return to Montauk, storia d’amore in due fasi diretta dal maestro Volker Schlondorff.
Quattro sono i titoli britannici tra produzioni e coproduzioni. Fuori concorso, sarà presentato T2: Trainspotting 2 di Danny Boyle, seguito del cult tratto da Irvine Welsh. In concorso, invece, trovano spazio The Party di Sally Potter su una festa (in bianco e nero) destinata a far emergere segreti in grado di cambiare convinzioni e ideali, La fine di un impero dell’esordiente Gurinder Chadha sull’ultimo viceré britannico ospitato nella Viceroy’s House di Delhi e Final Portrait che Stanley Tucci dedica al rapporto tra il “nostro” Alberto Giacometti e il critico americano James Lord.
La penisola iberica si presenta a Berlino con tre titoli tra loro molto differenti: fuori concorso, vedremo il penultimo Alex de la Iglesia (già sul set del remake di Perfetti sconosciuti) alle prese con il cattivissimo El Bar, mentre in concorso dal Portogallo ci sarà spazio per il dramma che prende spunto dall’attualità Colo di Teresa Villaverde e per lo storico (sulle tragedie del colonialismo) Joaquim di Marcelo Gomes (in coproduzione con il Brasile). Dal Cile, invece, è stato selezionato Una mujer fantastica di Sebastian Lelio, già ottimo regista di Gloria.
A sei anni di distanza da Miracolo a Le Havre, Berlino accoglie dalla Finlandia l’attesissimo Aki Kaurismaki con The Other Side of Hope, una riflessione sul tema dell’immigrazione e sulla situazione siriana. Dall’Est dell’Europa ci sarà spazio per il rumeno Ana, mon amour di Calin Peter Netzer (sette anni di vita di due innamorati di Bucarest), per l’ungherese On Body and Soul di Ildiko Enyedi (sperimentalismo allo stato puro con al centro una storia d’amore tra sogno e realtà) e per il polacco Spoor di Agnieszka Holland, thriller sullo sfondo del “deserto” delle montagne dei Sudeti.
Stranamente bistrattata, la selezione statunitense porta a Berlino solo due titoli. Fuori concorso, James Mangold presenta l’ultimo capitolo delle avventure di Wolverine, Logan, mentre in concorso il discontinuo Oren Moverman porta The Dinner, l’ennesima trasposizione di La cena di Herman Koch, interpretato da Steve Coogan, Richard Gere, Laura Linney e Rebecca Hall.
Latita invece l’Africa, ammessa in concorso con il solo Félicité, realizzato da Alain Gomis sulle difficoltà di una cantante senegalese che non riesce a salvare la gamba del figlio adolescente. Chiudono la selezione tre titoli asiatici: il thriller giapponese Mr. Long di Sabu su un killer impegnato a costruirsi una nuova vita, l’animazione Have a Nice Day di Liu Jung e On the Beach at Night Alone del prolifico Hong Sangsoo. Degli ultimi due titoli a oggi non si conosce molto dal momento che le trame rimangono avvolte dal mistero.
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SPECIAL
La sezione Special si diverte a mischiare le carte proponendo opere tra loro agli antipodi. Il romanzo, la storia e le biografie (vere o presunte tali) sembrano avere la meglio su altre tematiche. La Germania propone Bye Bye Germany di Sam Garbaski e In Times of Fading Light di Matti Geschonneck, che rileggono rispettivamente la caduta del muro di Berlino e l’incubo nazismo nel secondo dopoguerra. Di orrori della Seconda guerra mondiale racconta anche il cecoslovacco A Prominent Patient di Julius Sevcik, opera in cui l’ex modella Eva Herzigova si confronta con un ruolo da femme fatale.
Biografia, a suo modo, è lo spagnolo The Queen of Spain di Fernando Trueba, sequel a quasi vent’anni di distanza di La niña dei tuoi sogni, mentre biografia tout court è il francese Le jeune Karl Marx di Raoul Peck sui primi anni di amicizia di Karl Marx e Friedrich Engels.
Dall'America del Nord provengono il canadese Maudie di Aisling Walsh con un’intensa Sally Hawkins nei panni dell'artista folk Maud Lewis e lo statunitense The Lost City of Z, attesa trasposizione del romanzo di David Grann (basato su una storia vera) a opera del mai banale James Gray.
La realtà torna a farsi viva con il cubano Last Days in Havana del (sottovalutato) maestro Fernando Pérez, racconto di un’amicizia tra un lavapiatti e un malato di Aids, e con i documentari The Bomb di Kevin Ford, Smriti Keshari e Eric Schlosser (sulla storia e sul fascino delle armi nucleari), La libertad del diablo di Everardo Gonzalez (sulla crescente violenza criminale in Messico) e The Trial di Askold Kurov sull’assurdo processo contro il regista ucraino Oleg Sentsov.
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