E’ morto William Peter Blatty, classe 1928, una lunga vita molto povera ai suoi inizi.
Nella New York di quei decenni fra le due guerre tanti hanno fatto dure gavette prima di arrivare.
E William di strada ne ha fatta tanta, vendendo aspirapolvere, entrando in Aeronautica, tornandosene in Libano da dove proveniva la famiglia, ritornando indietro in cerca di fortuna.
Ma intanto studia, i Gesuiti gli danno una mano e lui ne farà i protagonisti del suo capolavoro, quell’Esorcista che segnò il suo incontro con William Friedkin.
Una simbiosi fra i due, solo così si può definire il legame che, nascendo dal romanzo, ha prodotto un capolavoro del cinema che resiste inossidabile al passare del tempo.
E proprio Friedkin ha dato notizia della sua morte in una breve nota su Twitter:
“ William Peter Blatty caro amico e fratello che creò l’Esorcista è morto ieri”.
Dieci milioni di copie vendute, la sceneggiatura del film scritta a quattro mani, Blatty vince un Oscar per la sceneggiatura non originale e due Golden Globe.
Questa la sintesi estrema di una vita che ora è finita lasciando dietro di sé un lungo ricordo, “fin quando il sole risplenderà sulle sciagure umane”.
Un giorno, non molto tempo fa, la visione del film, a lungo rimandata, mi colse di sorpresa e mi ammaliò.
Lessi il libro, di getto, più di 400 pagine che scorrono come un treno ad alta velocità.
Pensai di farne un’analisi in parallelo, cosa del libro resta e cosa fu tagliato e perché.
Il tempo mi ha superato di gran corsa e la morte di Blatty ora mi lascia come svuotata.
E torna un pensiero di un grande oggi quasi dimenticato, Vittorio Alfieri, certo uno fuori moda, ma quanto è vero e privo di retorica quello che dice!
Mi disturba la morte, è vero. Credo che sia un errore del padreterno. Non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me: che farete da soli?
E’ così, mi piaceva sapere che Blatty era ancora qui mentre mi occupavo di lui. Ora, da sola, non è più lo stesso. Ciao William Peter.
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