È stato un anno ricco di grandi serie con diverse dirompenti novità a partire da Horace & Pete dello scorso gennaio (ne abbiamo parlato nella precedente top five, linkata a fine articolo) e nel farne un bilancio il segno è sicuramente positivo. È stata anche un’annata che ha portato alla luce diversi fenomeni facendone delle vere e proprie tendenze: la Tv di qualità che si fa sempre più di genere; la crescente importanza del regista; la comedy come principale campo di sperimentazione.
Il primo non è certo un fatto nuovo, ma se finora aveva riguardato soprattutto l’horror e in misura minore il fantasy con Il trono di spade (senza dimenticare nel 2015 Jonathan Strange & Mr Norrell), quest’anno la fantascienza ha avuto finalmente un trattamento consono grazie a Westworld e alla nuova Black Mirror. Ci sono inoltre diversi progetti in cantiere, su tutti Altered Carbon e l’inglese Electric Dreams: The World of Philip K Dick, a dare speranza per il futuro della sci-fi televisiva, senza contare che per la nuova Star Trek: Discovery si è parlato di un taglio più adulto che in passato. Tanto che persino SyFy si è sforzata di migliorare la qualità della propria offerta con Incorporated, che affianca The Expanse tra le poche serie vedibili del canale.
Il regista è diventato via via una figura più centrale nella serialità americana e le serie si segnalano ormai spesso per ragioni di messa in scena oltre che di scrittura. I casi più eclatanti erano stati True Detective prima stagione e The Knick di Steven Soderbergh, che hanno seminato eredi come The Girlfriend Experience di Kerrigan e Seimetz, Quarry di Greg Yaitanes e Mr. Robot con una seconda annata interamente diretta da Sam Esmail. L’anno prossimo sarà il turno di Twin Peaks, che aveva avuto una vera e propria campagna a difesa di Lynch come regista della serie, inoltre arriverà la prima parte di Purity interamente diretta da Todd Field. Nelle miniserie che il regista abbia un controllo più marcato è normale, ma è stato sicuramente eccezionale ritrovarci con una mini di Woody Allen, Crisis in Six Scenes, e nel mentre anche Spike Lee si è messo al lavoro sulla propria serie per Netflix, She’s Gotta Have It.
Infine riguardo le comedy moltissimo si deve a Louis C.K. che quest’anno ha prodotto ben tre serie, oltre alla sua Horace & Pete. Due tra queste, la deprimente Baskets e il toccante “traumedy” One Mississippi, ridefiniscono pesantemente l’idea di commedia televisiva e non sono mancati casi ancora più estremi come la divisiva Lady Dynamite, l’urticante Haters Back Off e il mumblecore di Easy o il budget ridottissimo di Seeso per Take My Wife. Volendo si possono aggiungere anche il desiderio dal punto di vista femminile di I Love Dick e il meta-action di Jean-Claude Van Johnson, due pilot che prossimamente sbocceranno su Amazon. Non a caso più sotto, tra le "migliori nuove serie" troverete diverse commedie.
Venendo all’Italia anche per la nostra serialità è stato un anno di innovazioni. Da una parte Sky ha lanciato in pompa magna l’autorialità di Sorrentino e del suo The Young Pope, mentre la Rai ha puntato sul kolossal internazionale I Medici. Piacciano o non piacciano sono stati due sforzi notevoli di aprire nuove strade, e ce ne sono stati anche altri forse meno ambiziosi ma non per questo trascurabili, visto come alla fine ci sembra siano risultati più riusciti: Dov’è Mario? e Rocco Schiavone. La prima che è un’anomala miniserie comico satirica sulla crisi della sinistra e la seconda, su Rai2, ha rimodernato l’idea di cosa si possa mostrare di un poliziotto nella Tv italiana, suscitando per altro più rumore di The Young Pope che alla fine ci sembra non abbia saputo o voluto indignare nessuno.
La più umanista: The Night Of
Perché anche tra gli uomini più feroci in carcere si trova comunque la letteratura e perché non c’è niente di più umano che amare e a convivere con qualcosa che può farci male.
La più labirintica: Westworld (ne abbiamo parlato due volte: qui e qui)
Perché sviluppare una coscienza non è questione di una singolarità, di un momento, ma richiede anni di laboriosa e dolorosa maturazione.
La più mitopoietica: The Get Down
Perché le Puma rosse di Shaolin Fantastic che sfrecciano fra i ruderi sono l’incipit che trasfigura la realtà del ghetto in un intero immaginario.
La più oscura: Quarry
Perché l’abisso è una tentazione da cui è difficile riemergere.
La più nera: Atlanta
Perché la blackness non è solo fatti di cronaca, statistiche, moda e musica, ma una condizione esistenziale.
La più spiazzante: Fleabag
Perché anche una comedy può colpire allo stomaco.
La più inclusiva: High Maintenance
Perché la ricerca di conforto ci accomuna tutti, oltre ogni strato sociale.
La più terribile: National Treasure
Perché ci sono verità che non si possono dimostrare né ignorare.
La più istituzionale: The Crown
Perché l’equilibrio tra i poteri dello Stato è un principio cruciale e sempre pericolante che vale anche grandi sacrifici.
Infine una menzione di merito per: People of Earth e il suo gruppo di aiuto ricco di umanità anche nella più assurda delle situazioni; Maigret che ci ricorda come Simenon non sia invecchiato di un giorno; The Deleted che in un anno di molti esperimenti emerge come il progetto più anomalo; Animal Kingdom che sulla carta pareva un suicidio e invece è stata una buona serie; Occupied che racconta un futuro terribile e credibile; Stranger Things con la sua adorabile nostalgia (e speriamo in meno computer graphic per l’anno venturo); Vice Principals che trova in Danny McBride e Walton Goggins una grande coppia comica; Chance, thriller classico, con femme fatale e vita precipitata nel caos, ma pure solidissimo e dai grandi personaggi (peccato solo per il finale un po’ sottotono); Midnight Diner: Tokyo Stories dove la cucina ha valore soprattutto se la si gusta insieme, alla faccia della Tv dei cuochi .
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