(Spoiler fino alla puntata nove inclusa)
In Complex TV, Jason Mittel divide le rivelazioni e gli eventi che hanno luogo in una serie in narrative statement, quando non presentano ambiguità e sollevano dubbi solo sugli sviluppi futuri, e narrative enigma quando invece l’evento stesso non è immediatamente decifrabile e richiede allo spettatore di riconsiderare il passato della serie, alla ricerca di indizi per ipotizzare un’interpretazione. Westworld è stata fin qui sicuramente più caratterizzata dai secondi piuttosto che dai primi, non che con questo la vicenda non abbia avuto una sua progressione, per altro piuttosto ricca e ritmata, ma a tenere banco sono stati gli enigmi. Tanto che sono fiorite sulle varie piattaforme di social network, da reddit in giù, diverse community di fan (personalmente consiglio il gruppo italiano su facebook Welcome to Westworld) che come “un’intelligenza collettiva” – per dirla con Pierre Lévy o con Henry Jenkins – hanno cercato di raccogliere e interpretare tutti gli indizi disseminati nella serie. Un lavoro improbo per una persona sola, perché richiede studio di sequenze a volte quasi fotogramma per fotogramma (per esempio per riconoscere che il coltello di William e quello dell’Uomo in nero sono identici) e un’attenzione meticolosa a ogni singolo dialogo.
Lo scambio di informazioni e il confronto tra i diversi fan, ognuno dei quali porta il proprio sguardo individuale, tende a creare teorie più o meno solide, che vengono continuamente messe alla prova finché la serie stessa non ne fornisce una definitiva verifica. E nel caso di Westworld, al nono episodio, possiamo dire che le principali teorie dei fan si sono rivelate esatte.
I tempi del racconto
Su tutte la teoria più importante vedeva nella serie due grandi linee temporali: il passato con William e il presente con l’Uomo in nero e senza nome, che viene identificato come la versione invecchiata dello stesso William. Una teoria che sembra essersi rivelata definitivamente esatta alla fine della nona puntata. Quel che è stato meno immediatamente chiaro è come i ricordi di Dolores, che comprendono anche scene con l’Uomo in Nero, potessero coesistere con le sue avventure insieme a William e dunque molto precedenti. Così come erano ancora più complesse da spiegare le scene in cui Dolores parlava con Bernard (vestita) e con Robert Ford (nuda).
La progressiva confusione di Dolores ha reso chiaro che la linea narrativa “passata” non era semplicemente un flashback ambientato trent’anni prima, quanto piuttosto un viaggio nella mente di Dolores: la serie spiega più volte che la memoria degli host, insomma dei robot, è diversa da quella degli umani ed è perfettamente definita. Quando i ricordi riaffiorano è così quasi impossibile distinguerli dalla realtà, e il nono episodio ha chiarito che Dolores ha ricordato la passata avventura con William mentre ne ha ripercorso il tragitto, fino a tornare alla chiesa che probabilmente è il cuore del “labirinto”. Proprio qui incontra l’Uomo in nero, che ci è arrivato grazie al suggerimento di una host al servizio del misterioso Wyatt.
L’episodio ha anche chiarito che i dialoghi tra Bernard e Dolores erano ricordi ancora precedenti e che Bernard in realtà era Arnold, l’uomo che ha scritto il suo codice e che lei rivela di aver ucciso. Più difficile collocare la conversazione tra Dolores e Ford, sebbene alla luce del fatto che lei non sta veramente viaggiando insieme a William e Logan – che noterebbero la sua improvvisa sparizione – ma li sta solo ricordando, è possibile che sia stata prelevata dagli agenti del parco in seguito a uno svenimento e poi nuovamente liberata da Ford dopo la loro discussione.
Questa complessità ha uno scopo o è solo un gioco tra gli autori e gli spettatori? Indubbiamente dietro agli enigmi (pur divertenti) c’è di più e la loro funzione narrativa è imprescindibile: lo spettatore infatti è confuso tanto quanto Dolores sulla sua narrazione proprio perché, come già in Memento e in una puntata di Person of Interest dalla prospettiva della Macchina, Nolan e consorte ci stanno calando in una mente anomala. Il racconto appare così oggettivo ma in realtà è del tutto soggettivo, un lungo trip allucinato.
Lo stesso vale per le scene con Bernard, che inizialmente non sappiamo essere un host. Anche qui l’approccio è soggettivo, ci mostra quanto reale sia per Bernard il dolore per il figlio scomparso e la separazione dalla moglie e allo stesso modo ci nasconde quel che lui non può vedere. Solo tra l’ottavo e il nono episodio i pezzi del suo puzzle saranno svelati e la rivelazione – che lo spettatore potesse averla già intuita non la esaurisce affatto – ha devastanti conseguenze sulla mente del personaggio.
The Prestige
Così un racconto che pare un grande cerebrale gioco di prestigio si rivela empatico nell’avvicinarsi a una sensibilità aliena: quella della macchina, che confonde realtà e ricordi e che ha percezioni alterate dalla propria programmazione. Per realizzare tutto questo Jonathan Nolan e Lisa Joy ricorrono a qualche trucco, ma sono prestidigitazioni legittime perché solo grazie a esse siamo davvero calati nella prospettiva di Dolores. Assistiamo infatti nei primi episodi a diverse scene con William e Logan dove Dolores non è per nulla presente, ma senza di esse non potremmo mai credere, come invece crede la donna robot, che lei prenda parte al loro viaggio.
Nolan e la Joy si superano poi nel quarto episodio quando sembrano a prima vista negare la teoria dei diversi piani temporali: Stubbs della sicurezza viene infatti a sapere che Dolores si è allontanata dal suo percorso e ordina che venga catturata. Questa scena avviene chiaramente nel presente, mentre quando poco dopo Dolores è avvicinata da un altro host che cerca di riportarla a casa, la ritroviamo in compagnia di William e dunque nel passato. Com’è possibile? Non è tutt’ora chiarissimo, ma di certo sappiamo che il passato è solo nella mente di Dolores e dunque la scena ha effettivamente luogo nel presente di Stubbs. Che l’host mandato a catturare Dolores si faccia convincere a lasciarla in pace da William, che è solo uno spettro della mente di lei, sembra aver a che fare con il potere di Dolores sugli altri host (l’abbiamo vista sussurrare una frase di Arnold che sembra avere avuto effetto sulla mente di Maeve). Nel confronto con l’host che la vuole catturare, Dolores lo guarda intensamente e gli stringe un braccio prima che William entri in scena e lo convinca ad andarsene, quasi come se avesse condiviso con lui la presenza mentale di William.
Rimangono ancora alcuni dubbi da chiarire e molte cose sono in sospeso, ma con le rivelazioni su Bernard e Dolores Westworld ha evitato l’effetto Lost e ha ripagato la fiducia dello spettatore, con spiegazioni degli enigmi dal valore anche narrativo. I cliffhanger di cui si attende risoluzione nel finale di stagione sono narrative statement: vogliamo sapere cosa sta architettando Ford, cosa succederà a Stubbs inspiegabilmente catturato dagli indiani, se Elsie è davvero morta e molte altre cose ma non si tratta di dubbi sulla natura di quel che stiamo vedendo, quanto piuttosto di sviluppi narrativi e caratteriali dove Nolan e la Joy giocano finalmente a carte scoperte. Ne riparleremo la prossima settimana a serie conclusa.
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