Il 22 novembre su Rai 1 verrà trasmesso il film “Io ci sono” di Luciano Manuzzi, con protagonista Cristiana Capotondi. Vidi una foto di una scena del film proprio qui sul nostro sito, inizialmente pensai che si trattasse di un documentario, scambiando la Capotondi per la vera Lucia Annibali, è infatti impressionante la grande assomiglianza tra le due donne.
Il film è tratto dall'omonimo libro che Lucia Annibali ha scritto con la giornalista del Corriere della Sera Giusi Fasano. La storia di Lucia Annibali è una delle più tristi e drammatiche della cronaca italiana di questi ultimi anni, e sfortunatamente non è l'unica e nemmeno tra le più rare. Quello che ha contraddistinto questa di Lucia è stato proprio il grande coraggio della giovane avvocatessa di Pesaro a voler denunciare immediatamente l'accaduto e a mostrare a tutti le proprie dolorose ferite.
Lucia Annibali viene aggredita il 17 aprile del 2013. Due albanesi l'aspettano sotto casa e le buttano dell'acido in faccia, sfigurandole il viso e facendole rischiare la perdita della vista. Il mandante di questo crimine così crudele è Luca Varani, l'ex fidanzato, che decide in questo modo di punirla per averlo abbandonato. Lucia aveva avuto una lunga e travagliata relazione con il Varani, che le aveva nascosto in un primo momento il fatto che fosse sposato e che stesse aspettando un figlio dalla moglie. Un uomo che aveva soggiogato la personalità di Lucia, relegandola a donna “rifugio”, e che certo non poteva sopportare l'idea che lo potesse abbandonare. Buttare dell'acido in viso vuol dire “cancellare”, “modificare”, “deformare” con dolore e sofferenza una persona, lasciandola in vita ma privandola di ogni segno riconoscibile. Da questa terribile vicenda Lucia Annibali ha tratto invece una forza e una determinazione senza precedenti, non solo ha deciso di denunciare e far condannare Luca Varani (20 anni a lui e 12 anni ciascuno agli albanesi), ma non ha mai nascosto il suo volto e le sue ferite, il suo viso è diventato così per tutti la testimonianza visibile e senza filtri di una violenza inaudita e spietata, che non può consentire sconti o giustificazioni.
La lotta di Lucia Annibali va oltre alla sua vicenda personale, mette in risalto una situazione che in Italia sta diventando sempre più protagonista nelle cronache quotidiane: il femminicidio e la violenza sulle donne. Spesso, troppo spesso, dopo un episodio di grave violenza o anche di molestie verbali, si sono ascoltati commenti del tipo: “...ma perché non lo ha lasciato prima?”; “...forse se si fosse vestita in un altro modo...”; “...perché non lo ha mai detto a nessuno?”. Tali commenti sono frutto di un pregiudizio culturale da sconfiggere, in modo tale da comprendere effettivamente i veri disagi causati dalla violenza. Violenza che a volte vediamo sfociare in omicidi, ma che spesso rimangono tra le mura di casa senza mai essere denunciati, proprio perché nella donna subentra il senso di vergogna e di colpa, quasi a voler giustificare tali gesti. Nessun comportamento, nessun tipo di stile nel vestire o nel muoversi o nel parlare può giustificare un atto di violenza o molestia contro una donna.
Il viso sfregiato di Lucia Annibali è un simbolo di vittoria per le vittime di violenza, chi voleva cancellarla non solo non ci è riuscito, ma ha fatto in modo e maniera di evidenziare un problema enorme: quello dell'omertà dovuto al senso di colpa e di vergogna da parte delle vittime.
“Io ci sono” è un titolo che punta proprio su questa ritrovata libertà. Lucia Annibali prima dell'aggressione era una donna giovane, bella, in carriera ma completamente in balia di un uomo che non le permetteva di prendere in mano la propria vita, avendole costruito intorno una ragnatela di bugie e condizionamenti che l'aveva resa insicura e frustrata. Oggi Lucia Annibali è una donna che ha ritrovato la sua vera personalità, con un viso da ricostruire -è vero- ma con uno spirito intatto e più forte che mai.
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