Si è da poco conclusa alla Microsoft Arena di Los Angeles la 68a cerimonia di premiazione dei principali Primetime Emmy Awards (quelli tecnici sono stati assegnati nei giorni scorsi, per la prima volta in due diverse serate) e il trionfo anche quest’anno è stato di HBO. Sebbene abbia ceduto il passo sul fronte della miniserie (dove l’anno scorso Olive Kitteridge aveva sbancato, mentre quest’anno Show Me a Hero è stata criminalmente snobbata dai giurati tanto da non essere nemmeno nominata), ha ottenuto i due premi più prestigiosi: la coppia miglior Drama e miglior Comedy con Il trono di spade e Veep. Quest’ultimo è per altro un premio molto discutibile visto che Veep, mai come quest’anno senza più Iannucci alla sceneggiatura, è sembrata sottotono, sempre divertente ma pure di routine. Il trono di spade si conferma invece un fenomeno inarrestabile: arriva a 38 Emmy, superando di una statuetta il record detenuto da Frasier della serie vincitrice del maggior numero di Emmy (il programma più premiato rimane comunque il longevo Saturday Night Live). Nella serata finale Il trono di spade ha vinto tre Emmy, che si sommano ai nove conquistati ai Creative Emmy per un totale di 12 vittorie nel 2016 (le stesse ottenute l’anno scorso). Tra queste lascia abbastanza perplessi quella per la miglior sceneggiatura a Battle of the Bastards, un episodio il cui copione è stato aggiustato per ragioni logistiche dal regista sul set e che quindi Benioff e Weiss hanno più approvato che scritto meticolosamente (giusta invece quella per la miglior regia a Sapochnik). D’altra parte si tratta della puntata più costosa mai prodotta per un serie Tv e gli Americani non sembrano proprio saper resistere a questo tipo di primato.
È da record anche Julia Louis-Dreyfus che ha il primato di aver vinto più volte consecutivamente (cinque) il titolo di miglior attrice in una comedy, ed è inoltre la più premiata in questa categoria con sei vittorie (oltre alle 5 di Veep va conteggiata quella per The New Adventures of Old Christine). Naturalmente il suo è stato un discorso politico: la satira di Veep le sembra ormai quasi un documentario della reale politica americana. I più militanti sono stati però i suoi colleghi e “rivali” di Transparent che a fronte delle battute del presentatore Jimmy Kimmel sul compiacimento per la diversità espressa dagli Emmy hanno invece ricordato come ci sia ancora molto da fare perché, per esempio, il mondo trans è ancora assolutamente sotto-rappresentato.
Sul versante miniserie è stata la serata di American Crime Story: The People v. O.J. Simpson che ha ottenuto ben 5 dei premi principali incluso il più prestigioso come miglior limited series. Si è dovuta accontentare della sola vittoria di Susanne Bier alla regia The Night Manager, di cui è stato sconfitto persino Tom Hiddleston dall’istrionico Courtney B. Vance di American Crime Story.
Non tutte le vittorie sono comunque state scontate, per esempio Louie Anderson miglior non protagonista per una serie molto difficile come Baskets ha aperto la cerimonia all’insegna della sorpresa, continuata poi con premi inattesi quali: Kate McKinnon come miglior comica non protagonista per il Saturday Night Live contro avversarie di tutto rispetto e in serie molto prestigiose; Ben Mendelsohn miglior non protagonista in un ruolo drammatico per la seconda stagione di Bloodline (una riparazione per l’anno scorso?) e Tatiana Maslany che sbaraglia Robin Wright e tutte le altre per Orphan Black.
I grandi sconfitti della serata sono stati House of Cards, Fargo e Black-ish insieme purtroppo a The Americans per cui comunque essere arrivata a ottenere tutte queste nomination è stato un passo avanti. Ma a perdere sono stati soprattutto i Network: schiacciati del tutto nei drama, hanno avuto una vittoria con Regina King non protagonista per American Crime tra le limited series e i tv movie, e nelle comedy, dove di solito si difendono bene, si sono dovuti accontentare del solo premio alla McKinnon. Il resto del bottino se lo sono diviso le cable (con FX e HBO davanti agli altri di molte lunghezze), mentre gli OTT come Netflix e Amazon hanno vinto solo due premi a testa ossia tanto quanto le produzioni inglesi con Sherlock e Downton Abbey.
Il premio forse più ingiusto è stato però dato ai Creative Emmy e solo ribadito in questa cerimonia: quello a Margo Martindale per The Americans come Guest Actress, brava ma davvero poco influente in questa stagione tanto da sembrare contentino per la serie, ma anche uno schiaffo all’incredibile performance di Laurie Metcalf in Horace and Pete, forse una serie ancora troppo fuori dagli standard produttivi e distributivi abituali per essere seriamente presa in considerazione agli Emmy.
Riguardo la cerimonia è iniziata bene con l’omaggio alle varie serie più nominate, mentre il successivo monologo di Kimmel non è stato dei più trascinanti. Divertenti Kit Harington e Andy Samberg, che insieme hanno ancora la sintonia comica di 7 Days in Hell, e irresistibile Matt Damon che sfotte Kimmel con nonchalance congratulandosi anche con John Oliver per la sua vittoria (sacrosanta per inciso). Quasi toccante la scelta di riunire come presentatori dell’ultimo premio Dennis Franz e Jimmy Smits, ossia la coppia di detective Andy Sipowicz e Bobby Simone protagonista di diverse indimenticabili stagioni di NYPD Blue. Impossibile infine non sorridere con complicità per il discorso di premiazione di Rami Malek, che immediatamente domanda al pubblico “state vedendo anche voi tutto questo?”, ossia dubitando della realtà e chiedendo aiuto alla platea proprio come Eliot si rivolge allo spettatore (quasi un amico immaginario) in Mr Robot.
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