Settembre segna la ripartenza della stagione per i network e quindi propone una soverchiante quantità di pilot, dunque raddoppiamo questa rubrica e iniziamo subito la consueta panoramica.
The Collection
Coproduzione anglo-francese-americana, The Collection è la prima serie europea cui partecipano gli Amazon Studios e racconta la Parigi nel 1948. Otto episodi iniziati il 2 settembre tra i fantasmi del collaborazionismo e il tentativo di affermarsi di una casa di alta moda, quella di Paul Sabine. Il vero stilista è però il fratello dell’imprenditore, Claude, omosessuale di cui la famiglia cerca di nascondere le preferenze. Ideata da Oliver Goldstick, noto per Pretty Little Liars e qui di fronte a un progetto molto più adulto e ambizioso, The Collection vanta un cast di grande richiamo internazionale con Irène Jacob (presto anche in The Affair), l’ex Leonardo di Da Vinci’s Demons Tom Riley, la figlia di Meryl Streep Mamie Gummer (da non confondere con la sorella Grace al momento in Mr. Robot) e la rossa Jenna Thiam di Les Revenants. Recitato in inglese risente comunque dei limiti di una certa ingessatura da coproduzione europea, oltretutto amplificata dalla ricostruzione scenografica e dai costumi d’epoca, ma vanta anche qualche elemento promettente, soprattutto nel ruolo del giovane fotografo Billy che promette una riflessione sul rapporto tra l’immagine e la moda.
Harley and the Davidsons
Grande successo di pubblico per Discovery Channel con la miniserie evento Harley and the Davidsons: tre parti trasmesse tre notti di seguito dal 5 settembre. La stessa formula di programmazione utilizzata dal canale già con Klondike nel 2014 e dal trionfo di Hatfields & McCoys su History Channel. Si tratta di un prodotto un po’ patinato e relativamente apologetico sulla grande impresa americana - in questo caso quella motociclistica – assolutamente convenzionale ma per fortuna abbastanza spettacolare nelle scene di corsa in moto, che ravvivano il tedio di una banale ricostruzione. Tra i protagonisti Michiel Huisman, già noto in Tv per Treme e Il trono di spade, e tra gli sceneggiatori l’ottimo Evan Wright di Generation Kill, il cui tocco però proprio non si avverte.
Mary + Jane
Dalla coppia di sceneggiatori di Giovani, pazzi e svitati, la comedy di MTV Mary + Jane racconta di due amiche (Paige e Jordan) che cercano di farsi strada nella distribuzione di marijuana a Los Angeles, attraverso social network e app. Iniziata il 5 settembre e prodotta anche da Snoop Dogg, Mary + Jane ha tono piuttosto surreale, appropriatamente da stoner comedy con tanto di visioni allucinanti, abbastanza per evitare che vada a noia la gratuità dei dialoghi – dove per darsi un tono moderno si scherza su prostituzione ed eiaculazioni sul volto. Potrebbe essere un guilty pleasure, a essere generosi.
Loosely Exactly Nicole
Altra comedy di MTV, partita sempre il 5, Loosely Exactly Nicole ha per protagonista una nera obesa e sessualmente molto attiva, che convive con un bianco obeso e omosessuale inacidito. Nicole cerca di sfondare nello showbiz e si reca a vari provini, dove accetta di buon grado ruoli piuttosto umilianti, portandosi appresso il ragazzino che accudisce come babysitter e che finisce per imparare precocemente il linguaggio da strada. Si gioca con gli stereotipi, ma senza particolare brillantezza con l’idea che basti un po’ di volgarità per essere di tendenza. Lo stesso accade nella seconda linea narrativa, dove il ragazzo gay è troppo appassionato per il suo partner “bi-curious” nel praticare la fellatio e si fa quindi insegnare da una ragazza - soprannominata BJ Queen o Duchess of Blowchester - a fare come le donne, ossia “in fretta e senza troppo gusto”.
Queen Sugar
Dal romanzo omonimo di Natalie Baszile, arriva una nuova serie (la terza in pochi mesi) di OWN, il canale di Oprah Winfrey: Queen Sugar, family drama iniziato il 6 settembre. Si tratta però della più autoriale prodotta finora dalla rete, firmata dalla brava regista di Selma Ava DuVernay, ideatrice, sceneggiatrice e anche dietro la macchina dei primi due episodi. Racconta di una famiglia afroamericana dove tre figli hanno vari problemi: Ralph Angel è uscito da poco di galera e cerca di riconquistare il figlio, avuto con una donna ex-tossicodipendente a sua volta in cerca di redenzione; Charley è moglie affermata e con carattere imprenditoriale, ma il marito giocatore di football viene travolto da un’accusa di stupro; Nova (interpretata dalla Rutina Wesley di True Blood) è invece una giornalista militante e una sorta di guida spirituale, che vive però una relazione clandestina con un poliziotto bianco e sposato con figli. A questo si aggiunga che il nonno, il principale collante della famiglia, è colpito da un malanno che porta alla luce problemi economici nella gestione dei campi di proprietà della famiglia. Il registro è puro mélo, più proletario del solito per la media Usa (la parte più risaputa e meno efficace è quella della moglie arricchita), e la DuVernay sembra credere nei propri personaggi e nel cast, anche se, soprattutto nel pilot, eccede largamente nel commento musicale. Per fortuna non sceglie brani troppo banali, complice l’ambientazione in Louisiana. L’inizio ha una sua eleganza, ma il mélo è un registro difficile e 13 episodi non sono pochi. In ogni caso Queen Sugar è già stata confermata per una seconda stagione.
Atlanta
Un colpo di pistola tra due neri in un parcheggio e senza nulla di grottesco: è l’incipit di Atlanta: il nuovo progetto di Donald Glover, musicista e comico, già visto in Community e tra gli sceneggiatori di 30 Rock che debutta qui come autore di serie. Iniziata il 6 settembre, Atlanta ha avuto buon riscontro di pubblico e ottimo di critica per una storia che guarda con ironia a situazioni anche drammatiche, senza mai perdere il realismo: dallo sparo in apertura, al fermo alla stazione di polizia, passando per difficoltà economiche e di paternità assortite. Il cammino del protagonista affronta topos narrativi etnicamente connotati, dalla “street cred” dei rapper neri fino all’incontro con la tipica figura guida del “magical negro”. Glover si cimenta con successo, oltre che come attore, anche come produttore musicale (il pezzo che lancia la carriera del cugino nella serie, Paper Boi, sarà incluso in un prossimo album)e come regista di alcuni episodi.
StartUp
Crackle, il servizio di distribuzione via web della Sony - una sorta di concorrente di Hulu, Netflix e Amazon – conferma nella sua scuderia l’autore della precedente Chosen Ben Ketai, affidandogli StartUp. La serie, iniziata il 6 settembre, esibisce tutte le caratteristiche della “Quality TV” che vuol sembrare adulta: nei primi tredici minuti abbiamo tre scene di sesso, poi un piano sequenza di quasi tre minuti che si chiude con una scena di tortura, quindi un confronto madre-figlia dal linguaggio colorito: «ho lasciato che quel verme mi venisse dentro per un anno». Forse un po’ troppo, a rendere il tono bastrebbe del resto già il soggetto originale e difficile: il tentativo di creare una nuova moneta digitale, dal valore solido e stabile che scardini il potere delle banche e consenta di accedere al credito anche alle fasce sociali più sfortunate del Terzo Mondo. Un concetto però anche complesso da trasporre e per cui la scrittura della serie e dei personaggi non sembra essere all’altezza. Potrebbe essere comunque solo questione di rodaggio e nel mentre ci si può consolare con almeno due interpreti perfettamente in parte: Martin Freeman viscido agente federale ed Edi Gathegi, gangster d’origine hawaiana tra le bande di Miami.
Better Things
Prodotta, cosceneggiata, coideata e con pilot diretto da Louis C.K., Better Things è una comedy con protagonista assoluta Pamela Adlon nell’alter ego di Sam Fox, una donna divorziata con tre figlie che lavora come doppiatrice di cartoni animati e fa provini per ruoli comici e drammatici. La Adlon aveva già collaborato con Louis CK come produttrice di Louis,con cui Better Things ha in comune lo sguardo alle più banali attività di casa e una regia che rende comiche e assurde le situazioni anche solo grazie alla messa in scena. La differenza principale è che qui una delle figlie di Sam è adolescente e questo innesca tutta un’altra dinamica con la madre, che riceve dalla figlia richieste e confidenze imbarazzanti. Intelligente, sensibile e genuinamente divertente, Better Things, partita l’8 settembre, è una comedy pura e già tra le migliori dell’anno.
One Mississippi
Dopo il pilot votato e approvato dagli abbonati di Amazon l’anno scorso, arriva finalmente il 9 settembre la prima breve stagione di One Mississippi (qui la nostra scheda della serie), anche questa prodotta da Louis C.K. e battezzata dalla stampa americana come un “Traumedy”. La vicenda, come quella stessa autrice e protagonista Tig Notaro, verte su una comica radiofonica e di stand-up che deve affrontare una malattia e il lutto della madre. Il suo ritorno a casa, nei pressi di New Orleans, la mette a confronto con un passato e relazioni trascurate per anni. Tig, affiancata alla scrittura da Diablo Cody, è straordinaria e la serie trasuda verità sia nel dolore sia nel comico, inoltre è molto efficace nell’uso dei pochi ma significativi flashback e sogni. Intensa e originale, spiace però sia così breve: la prima stagione è di soli 6 episodi da mezz’ora.
Quarry
Dai romanzi di Max Allan Collins, Quarry è ideata da due sceneggiatori di Rectify e ha per protagonisti Logan Marshall-Green (ottimo nel recente The Invitation) e il grande Peter Mullan, quest’ultimo in vesti mefistofeliche. Partita il 9 settembre su Cinemax, Quarry ha avuto una genesi travagliata, tanto che il primo pilot, firmato oltretutto da John Hillcoat, è stato interamente buttato con tanto di cambi di casting (il ruolo di Mullan era interpretato da Stellan Skarsgård e tra i personaggi femminili c’era Mary Elizabeth Winstead). La regia della serie, per tutti gli 8 episodi della prima stagione, è passata nelle mani di Greg Yaitanes, già rodato da Cinemax su Banshee, che non si fa mancare un lungo piano sequenza culminante in una scena di sesso. Quarry (che significa cava e diventa il soprannome del protagonista, dall’animo svuotato e scabro) racconta di Mac, di ritorno dal Vietnam nel 1972 e accompagnato dallo scandalo di un massacro. Mac, affetto da Disturbo da Stress Post-Traumatico, ha grandi difficoltà a reintegrarsi nella società nonostante l’aiuto della bella moglie Joni, ma rifiuta comunque l’offerta di diventare un assassino a pagamento. Ad accettarla è però il suo amico e commilitone Arthur, che lo trascina così in un gorgo di violenza e spiacevoli rivelazioni. Il soggetto è ruvidamente maschile, con il rischio di scivolare però involontariamente nella serie B. Fino al pilot comunque – tolte le scene oniriche piuttosto banali – il dramma regge e Peter Mullan è superbo, tanto quanto è sexy Jodi Balfour nei panni di Joni.
Son of Zorn
Comedy che fonde animazione tradizionale e live action per raccontare le disavventure di Zorn, un superguerriero barbaro un po’ come Conan che dalla sua isola di Zephyria si trasferisce a Orange County in California, per stare più vicino al figlio adolescente. Il ragazzo sembra tutto il contrario del padre, ma il pilot anticipa che il suo corpo sta per cambiare, come in una sorta di tarda pubertà. Iniziata l’11 settembre su Fox, la serie vanta tra i producer la coppia Phil Lord e Christopher Miller, mentre Jason Sudeikis si diverte a fare il vocione di Zorn. Con un protagonista così spudoratamente maschio alfa, la serie ironizza sui ruoli di genere nella società moderna, ma la parte migliore sono le parentesi splatter in animazione, cui il chiacchiericcio del live action non riesce assolutamente a tenere testa.
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