
Dopo dieci giorni di proiezioni, #Venezia73 giunge al termine, elargendo i verdetti della giuria presieduta da Sam Mendes. Qualcuno sarà contento, qualcun altro no. Ma l'impressione di chi vi scrive è che la Mostra del Cinema si sia rivelata di qualità decisamente superiore alle due precedenti edizioni. Molti film di genere, molte scoperte, qualche delusione e, sicuramente, qualche svista ma è inutile recriminare sulle scelte fatte da chi ha voluto dare chance a opere non facilmente recepibili (come The Bad Batch) da chi guarda con i paraocchi al medium. Unico titolo italiano premiato, il doc Liberami di Federica Di Giacomo.
Mettendo da parte le congetture, con il Leone d'Oro nelle mani di Lav Diaz, ecco gli altri premi:
Leone d'oro al miglior film: The Woman Who Left di Lav Diaz

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Leone d'argento alla migliore regia (ex aequo): Amat Escalante per The Untamed // Andrey Konchalovskyi per Paradise

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Gran premio della giuria: Animali notturni di Tom Ford

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Coppa Volpi al miglior attore: Oscar Martinez per The Distinguished Citizen

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Coppa Volpi alla migliore attrice: Emma Stone per La La Land

La La Land (2016): Emma Stone
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Premio Marcello Mastroianni al migliore attore emergente: Paula Beer per Frantz

Frantz (2016): Paula Beer
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Premio per la miglior sceneggiatura: Jackie

Jackie (2016): Natalie Portman
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Premio speciale della giuria: The Bad Batch

The Bad Batch (2016): Jason Momoa, Suki Waterhouse
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Leone del futuro (Premio opera prima Luigi De Laurentiis): Ala Eddine Slim per The Last of Us

The Last of Us (2016): scena
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Premio Orizzonti per il miglior film: Liberami di Federica Di Giacomo

Liberami (2016): scena
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Premio Orizzonti per la migliore regia: Fien Troch per Home

Home (2016): Mistral Guidotti
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Premio speciale della giuria Orizzonti: Big Big World

Big Big World (2016): scena
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Premio Orizzonti per la migliore interpretazione maschile: Nuno Lopes per Saint George

Saint George (2016): Nuno Lopes
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Premio Orizzonti per la migliore interpretazione femminile: Ruth Diaz per The Fury of a Patient Man

The Fury of a Patient Man (2016): Ruth Díaz, Antonio de la Torre
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Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura: Bitter Money

Bitter Money (2016): scena
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Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio: La voz perdida

La voz perdida (2016): scena
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Premio Venezia classici al miglior documentario sul cinema: Le concours

Le concours (2016): scena
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Venezia classici per il miglior film restaurato: Break Up

Break Up (1965): Marcello Mastroianni, Catherine Spaak
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I documentari non sono la forma narrativa che preferisco e ad oggi non ho visto nessuno dei tanti premiati anche se ne apprezzo il lavoro e la cassa di risonanza. Tematicamente importanti certo, ma il reale rappresentato dal film a soggetto lo credo sempre migliore anche perché un documentario è comunque la sintesi di scelte sia tematiche che visive. È dopotutto un copione tanto quanto il film a soggetto.
Ma questo è un discorso. Sul fatto che proprio grazie a una vittoria a un festival certe forme e certe culture cinematografiche possano essere seminali e influenzare il cinema a venire avrei i miei dubbi. Si parla più che altro di contingenze, felici coincidenze. Resto dell avviso che la questione non sia tanto se il film di Lav Diaz sia commerciabile o no -perché sul suo valore artistico non ci sono dubbi - quanto piuttosto se cinematografie così lontane per forma e cultura dell immagine siano necessarie al nostro cinema e se sappiano rappresentare il nostro vissuto oltre che intrattenerci.
Il bistrattato cinema di genere, di cui The Woman who Left potrebbe ben appartenere visto che si potrebbe ridurre a vengeance movie, deve necessariamente essere tenuto in alta considerazione perché è la forma narrativa più vicina al mito, di cui l uomo non può fare a meno. Un conto sono i film d arte che vivono e stupiscono il tempo della loro contingenza, e un altra cosa sono i film appunto di genere che proprio attraverso i moduli riconoscibili dagli spettatori possono essere universalmente letti anche a distanza di anni.
Ergo, cosa deve premiare la giuria di un festival di cinema?
Dal basso della mia dichiarata scarsa esperienza ho letto con interesse queste sottili, interessanti ed esperte disquisisizioni e quindi la mia risposta alla domanda di Scapigliato vale meno del due di picche ma azzardo comunque il mio parere anticipando che, credo, tutti voi siate in percentuale variabile nel giusto. L'ultimo ed equilibrato commento di Scapigliato lo riterrei centrato per tentare di comprendere le dinamiche che entrano potenzialmente in gioco in questo tipo di manifestazioni; da qui la mia personale risposta: la giuria di un festival di Cinema dovrebbe premiare in primis il valore artistico dell'opera anche se questo parametro non unanimemente viene condiviso dal pubblico competente della Mostra e quasi mai dal pubblico dei canali classici della distribuzione. Dopodiché terrei conto che la stessa giuria, non disponendo di "soffiate" dall'aldilà, potrebbe non essere esente da lacune in particolare quando, oltre all'"estetica" , entrano in gioco altri requisiti per poter esprimere una corretta valutazione. Intendo ad esempio l'opera di Malick "Voyager of Time" ( che Eight and Half ha dichiarato vincitore nella sua personale classifica:- ) per giudicare la quale sono certamente indispensabili nozioni tecnico/scientifiche di cui, è presumibile, i giurati sono ed erano totalmente privi. Sicuramente sarà una valida soluzione vagliare personalmente ( per quanto possibile) le varie opere tra noi attraverso lo scambio reciproco di pareri ( che possono essere espressi da utenti esperti e meno esperti con valenza differenziata) e sensazioni ( che invece hanno la stessa valenza per tutti) come peraltro avviene normalmente sul sito rendendo in tal modo quest'ultimo un ambiente privilegiato del settore ...ricordandoci che anche qui,non trattandosi di leggi fisiche i pareri potranno non essere sempre concordi.
Ragazzi, scusate le mie farneticazioni e... un caro saluto dal nonno pippus.
Nessuna fartnetiazione. Anzi, il problema è proprio questo secondo me. Non voglio dire che il cinema sia solo un'industria, ma sicuramente non è solo "arte" e quindi bisogna essere in grado di saper mediare tra i due poli, non per forza opposti. Bisogna essere in grado di saper valutare con serietà e competenza un film ed essere onesti. Ovvero, fare i cinefili autorialisti e oltranzisti dell'autorialità più estrema solo perché fa più chic o più alternativo, lo trovo un comportamento molto disequlibrato e poco maturo, per non usare termini offensivi. Mentre invece essere in grado di valutare che come un Lav Diaz sia importante, come un documentario con il suo linguaggio sia importante, lo è anche un film di tutt'altri elementi, più narrativo, più canonico, di genere, magari scabroso in contenuti e intenzioni. Come se invece di un solo leone d'oro ce ne potessero essere tanti quante le varietà della narrazione cinematografica. Viene a fagiolo il tuo commento e la moderazione di radicalismi ideologici è un toccasana. ;)
Io per esempio trovo radicale ed ideologico voler dividere in festival separati Diaz da Villeneuve.
ma io infatti non li voglio separare, ma che il cinema di genere venga ghettizzato non l'ho certo inventato io.... il passo del cambio sarebbe stato proprio premiare uno sci-fi, un horror, un western, un noir, un erotico e dire al mondo "ecco, attraverso il genere, se c'è il regista giusto che ci sa fare, si può dire tutto quello che si vuole e arrivare al cuore di ogni uomo sparso sulla terra, di ogni età, di ogni inclinazine sessuale, religiosa etc etc " ;)
"Ma io infatti non li voglio separare" : mi basavo sulla tua frase, col ''perché'' reiterato a conferma e il precedente accostamento Diaz-cinema ''d'arte'' : "Perché non fanno un Festival di cinema d'arte, ma veramente, come espressa anche il Festival di Venezia nel suo nome? Perché?".
se intendessero arte anche come narrazione canonica. esco. c'è il sole. e lascio a casa il mobile perché mi interessano le cose concrete e non virtuali. non sono chic chic chic parruccone parruccone parruccone ahahaha
Picchia forte il sole oggi, anche tra le pareti domestiche...
@scapigliato.
No. È indubbio invece che con l'inserzione dei doc in concorso i doc stessi siano stati sdoganati al grande pubblico, a partire da Fahrenheit 9/11 a crescere.
___ Trovo nulla la tua considerazione sul ''copione'' : ci sono doc puri (frutto della visione degli autori che piega la realtà, nessuno qui ha mai detto il contrario - questo per rispondere alla tua specificazione) che lo hanno e film di finzione che ne sono sprovvisti.
__ Diaz così come Tarr o Weerasethakul NON sono commerciabili (se s'intende ''commerciabile'' con l'avere una seppur minimale distribuzione costante e sicura), ma non lo sarebbero nemmeno se applicassero la loro forma e sostanza al genere del documentario, come del resto hanno fatto.
___ Che i doc abbiano avuto un abbrivio dai festival da fine '90-inizio '00 è un dato di fatto oggettivo, che Diaz-Tarr-Weerasethakul non abbiano avuto la stessa spinta non inficia il valore positivo di quest'azione dei festival sui doc.
___ "Se cinematografie così lontane per forma e cultura dell immagine siano necessarie al nostro cinema": beh, qui viviamo e viaggiamo su pianeti completamente diversi, io penso esattamente l'opposto.
Cosa intendi per ''nostro cinema''?
Gl'italici autori? Gl'italici distributori? Gl'italici esercenti?
Trovo altresì incomprensibile come ci si possa domandare se ''cinematografie così lontane [...] siano necessarie al nostro cinema", lo sono a 'me', sineddoche per 'spettatore'. Ci sono più similitudini tra il Ticino e il Mekong piuttosto che tra la City londinese e Città Studi o Brera.
___ Considero pelosa la suddivisione del cinema in generi (oggettiva, esistente) quando questo atto serve a - di nuovo - ghettizzare il genere dal non-genere: il cinema vive di generi sin dal suo principiarsi, e sin dalla sua nascita ha cercato di tirarsene fuori. "Cosa deve premiare una giuria" di cinema, di letteratura, di pittura, di architettura, di musica? Quel che diavolo le pare ( a lei o al direttore del festival...).
sarà che i documentari non mi stimolano, pur belli che possano essere dopo averli visti, ma preferisco una storia trita e ritrita, fatta bene, con variazioni sul tema etc....
Io sono occidentale e non mi rivedo nel cinema orientale. punto.
mi incuriosisce quelo africano se no per me il cinema in cui posso identificarmi è occidentale, europeo, americano, latinoamericano, australiano...
Il mio Clint Eastwood ha detto in Gran Torino che ha più a che fare con quei musi gialli che con la sua famiglia. Giustissimo. Attraverso l'alterità possiamo rivedere noi stessi, ma io non ce la faccio. Più dell'alterità occidetale, di altri paesi e altre latitudini, non riesco. O per lo meno, lungi dall'essere frainteso, riconosco il valore della conoscenza e del confronto tra culure lontane e diverse, ma non lo trovo interessante a livello narrativo. Se devo andare al cinema vado a vedere un horror o un western o un thriller o un dramma una commedia quello che è che abbia le caratteristiche formali, i temi, gli interpreti e il regista che interessano a me. Tant'è che davvero non sopporto quegli horror in POV che scimmiottano il documentario. Irritanti.
Ma è una battaglia persa.
Discussione interessante e piena di insospettabili insidie. Personalmente (per quel che vale) sono d'accordo sulla critica a Festival che premiano film d'autore per lavare la coscienza di presidenti e addetti ai lavori di un cinema occidentale con evidenti derive 'mainstream'. Dall'altra però l'effetto collaterale è che questo ha da sempre anche educato il gusto del pubblico ad un cinema di autori che hanno avuto una grande influenza proprio sul cinema occidentale. Basti come esempio il 'Rashomon' di Kurosawa, Leone d'oro a Venezia '51 ma opera ancora godibilissima a più di mezzo secolo dalla sua uscita.
@scapigliato: io, per esempio, trovo la comicità slapstick di Bud Spencer e Terence Hill (in parte Colizzi, Clucher, Corbucci, Valerii per gli unicum a solo con Pedersoli e Girotti) consimile assai a quella di Beat Takeshi...
Walt Kowalski pronuncia quella frase con un ghigno di disappunto e sorpresa sulla faccia, che alla fine diventa qualcos'altro...
@maurizio: concordo.
già che ci sono ricordo le parole dell'argentino Oscar Martinez che ha detto, ce ne fosse stato bisogno, che il più grande cinema del novecento (e il cinema esiste appunto slo dal 900), lo hanno fatto gli italiani. Il nostro cinema ha fatto scuola a tutti, compreso credo pure Lav Diaz (se non è neorealismo alla filippina il suo pedinare la rotagnista cosa sarebbe?). Ma il punto è questo... il nostro cinema non aveva e tutt'ora non ha le caratteristiche formali del cinema orientale, quello d'autore per lo meno, a riprova che il nostro cinema occidentale è per noi un'esperienza totalmente diversa. Io credo che il valore di un certo cinema così lontano sia imprescindibile, ma diversamente contestualizzabile, ovvero... all'interno di eventi "finestre sul mondo", atti a conoscere terre lontane, sarebbero film molto più interessanti che all'interno di un festival che stando alle proiezioni sarebbe andato a favore di La la land!!! O di Nocturnal Animals, insomma a film esattamente opposti a Lav Diaz.
Non vorrei si pensasse che io sia settoriale e razzista in questioni artistiche, per nulla. Dico solo che il capolavoro di Diaz, perchè sicuramente lo è, aveva ragione di vincere tra pari categoria, cioè tra film d'autore e d'arte, non tra film che nascono in modo totalmente differente.
Per chiudere la questione, che non posso passare la vita al pc, se questa è una mostra d'arte cinematografica internazionale, è giusto che vengano prese in considerazioni opere internazionali, non solo occidetali, con il rischio che comporta. Inoltre, se di arte stiamo parlando è giusto che l'aspetto formale, che io sempre ritengo essere il contenuto dell'opera, prevalga su tutto il resto, o che almeno spicchi in sede di analisi. Al tempo stesso ho paura di credere che il premio a Lav Diaz possa essere il risultato di un retaggio vecchia scuola che vede nei film più difficili, più distanti, più politici, o che l'unica vera arte cinematografica.
ecco io di Takeshi Chitarra non ho mai visto nulla mi pare, forse Sonatine (ricordo che il prete ci fece togliere il manifesto dal cinema parrocchiale, grrrr), però nasce come autore nel 1989, quindi molto dopo Spencer-Hill. Spero che il tuo paragone non fosse una cosa tipo "oh, prima c'è Takeshi, poi Bud Spencer" ;) ehehe
Ma soprattutto non vorrei che tu, o altri, aveste rivalutato i film della coppia dopo aver trovato consimile la comicità di Takeshi... Sarebbe un errore snobistico, di quella categoria che vado bacchettando appena posso ;) chic chic chic , parrucconi parrucconi parruconi.... ahahah
"Se non è neorealismo alla filippina...cosa sarebbe": neorealismo (pedinamento della realtà) alla King Vidor (un poco prima di Rossellini).
___ Per fortuna che Martinez non è stato premiato a Cannes.
___ "...aveste rivalutato i film della coppia...": mi sto trattenendo, altro che chic chic chic: cric cric cric, da sotto il sedile, sulla capoccia ;-)
___ "Non posso passare la vita al pc": brevemente, da mobile, la penso del tutto all'opposto di te. Ma s'era capito.
non merita risposta. esco.
Uscita perfetta.
ps. Per i puri di cuore: ovvio che non ho paragonato Diaz a Vidor...rispondevo al canonico ''il nostro cinema ha fatto scuola a tutti" (Diaz-Rossellini...) messo in coppia col discorso di premiazione di Martinez.
"Io godo di questa dotta disputa...", ma vorrei sommessamente obiettare che non capisco bene di quale oriente e di quale occidente si parli, tenendo presente che lo stesso Diaz ha affermato di essersi ispirato a un racconto di Tolstoj dal titolo: Dio vede quasi tutto ma aspetta (1872). In quale misura possiamo ritenere orientale la cultura di Tolstoj? Personalmente credo che la circolazione delle idee fra Oriente e Occidente sia sempre stata più ampia di quanto viene schematicamente affermato di solito, non solo da Scapigliato.
Aspetterei di vedere il film (ci spero) per dare un giudizio nel merito, in ogni caso. Eviterei anche le contrapposizioni fra cinema d'autore e cinema di genere, proprio perché non amo gli schematismi.
Del tutto d'accordo e, giusto per chiarire : "Considero pelosa la suddivisione del cinema in generi (oggettiva, esistente) quando questo atto serve a - di nuovo - ghettizzare il genere dal non-genere: il cinema vive di generi sin dal suo principiarsi, e sin dalla sua nascita ha cercato di tirarsene fuori.".
Tra l'altro, a proposito di Tolstoj, citazione stra-abusata ma (non apocrifa e) quanto mai calzante : "Il tuo villaggio è il centro del mondo: racconta il tuo villaggio, raccontarai del mondo".
:)
Più che d'accordo, ovviamente. Magari bastasse il rispetto delle regole che misurano le percentuali delle dosi per creare un bel film!
:)
Che aggiungere ? sono felice che Venezia abbia premiato Marco Ferreri, credo sia la cifra di lettura della 73ma Mostra del Cinema.
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