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Venezia 2016: Giorno 1 - La La Land in apertura
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#Venezia73 apre le sue danze. E la metafora non è casuale: la 73.ma edizione della Mostra del Cinema ha affidato a un musical la sua serata più glamour e attesa, quella dell’apertura. Il titolo in questione è La La Land, opera terza di Damien Chazelle. Classe 1985, Chazelle ha al suo attivo come regista già due lungometraggi caratterizzati dalla musica: Guy and Madeleine on a Park Bench (storia d’amore tra peregrinazioni e musica di un trombettista jazz e una timida giovane) e, soprattutto, Whiplash (storia di formazione di un giovane batterista), titolo premiato con tre premi Oscar e molto discusso tra le pagine di FilmTv.it grazie a una recensione non proprio entusiasmante del musicista Giovanni Venosta. A Chazelle si devono anche come sceneggiatore o cosceneggiatore Il ricatto (altro film con la musica al centro) e gli horror The Last Exorcism e 10 Cloverfield Lane. Cercare di etichettare l’eclettico Chazelle non è facile e per tale ragione La La Land, che conta su Ryan Gosling ed Emma Stone come interpreti, potrebbe sia sorprendere sia deludere. Non apparteniamo di certo alla schiera di coloro che, chissà perché poi, già urlano al capolavoro o al film bellissimo senza neanche averlo visto. Di certo, c’è solo una cosa: il musical è un campo minato e il rischio di far esplodere la mina è elevatissimo.

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Di cosa parla La La Land?

La La Land è un musical moderno che racconta un’intensa e burrascosa storia d’amore tra un’attrice e un musicista che si sono appena trasferiti a Los Angeles in cerca di fortuna. Mia (Emma Stone) è un’aspirante attrice che, tra un provino e l’altro, serve cappuccini alle star del cinema. Sebastian (Ryan Gosling), è un musicista jazz che sbarca il lunario suonando nei piano bar.

Dopo alcuni incontri casuali, fra Mia e Sebastian esplode una travolgente passione nutrita dalla condivisione di aspirazioni comuni, da sogni intrecciati e da una complicità fatta di incoraggiamento e sostegno reciproco.  Ma quando iniziano ad arrivare i primi successi, i due si dovranno confrontare con delle scelte che metteranno in discussione il loro rapporto. La minaccia più grande sarà rappresentata proprio dai sogni che condividono e dalle loro ambizioni professionali.

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Cosa dice il regista a proposito del film:

La La Land è una lettera d’amore alla magia della vecchia Hollywood, raccontata da un punto di vista giovane e contemporaneo. Con La La Land, ho voluto realizzare un musical sugli artisti e sui sognatori, e sulle difficoltà di conciliare i propri sogni con i problemi della vita reale. Mi sono innamorato dei musical la prima volta che ho visto i film di Jacques Demy, e da allora non ho più cambiato idea, perché nessun genere riesce a coinvolgermi così tanto. Nonostante contenga elementi fantastici, nessun tipo di film è più emozionalmente vero, più capace di arrivare dritto al punto e descrivere cosa davvero significhi sognare, innamorarsi, essere sopraffatti dalla gioia, dal desiderio, dal dolore o dall’estasi al punto che la grammatica dei normali film non basta e più musical si basano su una certa realtà alterata, in cui una semplice passeggiata diventa un ballo e la conversazione una canzone. Esiste una spiegazione? No. Ma non ce n’è bisogno: è questo il bello! I musical parlano anche di una condizione di confine, quel limite confuso tra sogno e realtà, in cui la magia e il quotidiano si fondono l’uno nell’altra. I musical parlano di gioia – quel sentimento che ti fa camminare tre metri da terra quando inizia la musica, quando ti senti davanti un futuro infinito. E parlano anche di malinconia – perché ogni canzone a un certo punto finisce. Ho voluto realizzare un film sui grandi sogni usando il più intenso dei generi. Ho voluto soprattutto raccontare una storia intima, ricca di sfumature, nello stile di un’epopea musicale in cinemascope, e concentrarmi sui sentimenti – il primo rossore dell’innamoramento, il rimpianto per un’opportunità non colta, o la speranza che un sogno possa finalmente avverarsi, che possono rendere così la vita simile a un musical”.

Ryan Gosling, Emma Stone

La La Land (2016): Ryan Gosling, Emma Stone

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Il mondo di La La Land

La La Land inizia come un folle sogno. Damien Chazelle ha voluto misurarsi in un film che convogliasse la magia e l’energia dei più coinvolgenti e romantici musical francesi e americani dell’Età d’Oro … nella nostra epoca, più complicata e stanca.

Per la straordinaria velocità con cui è cambiato il mondo negli ultimi cinquant’anni, siamo forse meno prigionieri dei capricci di incontri fortuiti o opportunità perdute, di sogni che si infrangono o di sogni che si realizzano, di conoscere l’amore puro e folle? Chazelle era curioso di sapere se un racconto con canzoni e balli potesse ancora divertire e affascinare il pubblico in un mondo in cui il cinema è sempre più dark e digitalizzato.

“Con La La Land ho voluto realizzare una storia d’amore e creare un musical come quelli che mi mandavano in estasi quando ero bambino, ma aggiornato, moderno. Volevo analizzare come usare il colore, i set, i costumi e tutti quegli elementi espressionisti della vecchia scuola per raccontare una storia che si svolge nella nostra epoca”, dice Chazelle.

“In La La Land c’è un’estetica molto attuale”, nota il produttore Marc Platt, “i movimenti di macchina sono molto fluidi e questo dà l’impressione di essere proprio lì in quel momento, ma ti riporta all’età dell’oro del cinema di Hollywood”.

Emma Stone, Ryan Gosling

La La Land (2016): Emma Stone, Ryan Gosling

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Il primo giorno di festival ci permette di fare il punto sul lavoro degli “inviati” di FilmTv.it al Lido. Quest’anno il sito avrà per la prima volta per 5 rappresentanti "ufficiali" alla Biennale (oltre naturalmente ai molti altri utenti nel pubblico): Alan Smithee, EightAndHalf, Maghella, Spaggy e Supadany. Ognuno di loro, con i modi che già avete imparato a conoscere negli anni, cercherà di offrire il proprio punto di vista sulle opere visionate, cercando di fornire una visione più ampia possibile della sezione principale del festival ma anche delle collaterali. Post, diari, recensioni e interviste, saranno raggruppati sotto i tag “Festival di Venezia 2016” e “Festival di Venezia”, facilmente raggiungibili anche dal nostro speciale dedicato alla rassegna.

Come da tradizione, abbiamo chiesto a ognuno di loro di fornirci sei titoli: tre che aspettano con trepidazione e tre dai quali temono di essere delusi. Ecco le loro risposte:

 

Alan Smithee:

Attesi: Frantz di François Ozon, El Cristo Ciego di Christopher Murray (la storia cupa e universale, con l’aggiunta dell’essere un’opera prima, sulla carta mi fa pensare a un esordio in grande stile come accaduto con Il figlio di Saul di Nemes a Cannes), The Bad Batch di Ana Lily Amirpour.

Probabili delusioni: Voyage of Time di Terrence Malick; Jackie di Pablo Larrain; Questi giorni di Giuseppe Piccioni. Larrain e Malick sono due grandi registi che vedrei meglio impegnati in altri progetti mentre Piccioni spesso non mi ha convinto in pieno.

 

EightAndHalf:

Attesi: The Woman Who Left di Lav Diaz (il discorso sulla sua filmografia è sempre suscettibile di modifiche e a ogni film si “rimodella”: dopo l’ultimo Lullaby… in cui ha concesso molto alla trama, voglio vedere cosa succede); Bitter Money di Wang Bing (praticamente una certezza, Wang ha un occhio geniale che non si è mai fatto viziare dalla fama festivaliera); Voyage of Time di Terrence Malick (adoro l’ultimo Malick, il suo cinema umano e divino con i mezzi concessi da questo film può raggiungere vette inaspettate).

Probabili delusioni: The Bad Batch di Ana Lily Amirpour (A Girl Walks… è stato decisamente sopravvalutato e il suo stile ibrido da Sundance ostenta originalità ma sonda solo emozioni già vissute); Arrival di Denis Villeneuve (il cinema di Villeneuve è sempre più contenuto e “corretto” e qui sento puzza di blockbuster); The Young Pope di Paolo Sorrentino (riuscirà Sorrentino a scrivere una sceneggiatura meno declamatoria e aneddotica di Youth?).

 

Maghella:

Attesi: Arrival di Denis Villaneuve, Safari di Ulrich Seidl e Animali notturni di Tom Ford ma mi incuriosisce molto anche Brimstone di Martin Koolhoven.

Probabili delusioni: Il più grande sogno di Michele Vannucci, The Fury of a Patient Man di Raul Arevalo e Les beaux jours d’Aranjuez di Wim Wenders.

Partendo prima da Venezia, mi perdo gli horror che aspettavo (The Bad Batch di Ana Lily Amirpour e The Dark Night di Tim Sutton). Mi incuriosisce invece molto Indivisibili di De Angelis: è un film al quale sono arrivata attraverso una foto prima di ritrovarlo a Venezia. Lo considero una piccola sorpresa ma spero non mi deluda.

 

Spaggy:

Attesi: Voyage of Time di Terrence Malick (il regista ci lavora da quattro decenni e sembra essere arrivato alle sue conclusioni. Da Badlands in poi, la natura ha sempre svolto un ruolo cruciale nelle sue opere toccando l’apice in The Tree of Life. Rappresenta la giusta conclusione a un percorso impervio); Never Ever di Benoit Jacquot (progetto che è sembrato un parto, la trasposizione del romanzo di Don DeLillo è passata da Guadagnino a Jacquot e ha perso Cronenberg come protagonista… ma questo potrebbe essere solo un bene); Safari di Ulrich Seidl (Seidl e i suoi tableaux sanno come creare scandalo: curioso di vedere come ritrae la follia dei “safaristi” e come si difenderà dagli inevitabili attacchi dei naturalisti, animalisti, vegani, melaniani, uraniani, spockiani, etc…). Alla lista, aggiungerei un altro titolo (Orecchie di Aronadio) ma avendolo già visto giocherei sporco.

Probabili delusioni: La luce sugli oceani di Derek Cianfrance (il melodramma è nelle corde di Cianfrance ma questa volta le montagne russe che ha davanti sono impervie e la lunga gestazione del progetto non fa ben sperare); Sulla Via Lattea di Emir Kusturica (innumerevoli ore di girato che si condensano in meno di 100 minuti, tre diverse storie che si sacrificano per lasciare spazio a una sola e qualche dichiarazione fuorviante di direttori di altri festival non sono un incoraggiamento); Frantz di François Ozon (rimettere mani a un Lubitsch, seppur semisconosciuto, è una follia… o tiri fuori il colpo di genio – e non è il bianco e nero - o hai fallito in partenza).

 

Supadany:

Attesi: La La Land di Damien Chazelle, La luce sugli oceani di Dereck Cianfrance e The Untamed di Amat Escalante.

Probabili delusioni: Questi giorni di Giuseppe Piccioni (più che altro non sento nulla); Les beaux jours d’Aranjuez di Wim Wenders e Sulla Via Lattea di Emir Kusturica: gli anni passano per entrambi i registi e i loro grandi film sono sempre più lontani.

Tecnicamente, però, volendo fare il “particolare”, The Bad Batch di Ana Lily Amirpour potrebbe finire in entrambe le liste.

 

 

Sapremo nei prossimi giorni quali e quante di queste pre-visioni saranno rispettate. Intanto, buon festival a tutti. Con la prima chicca veneziana, la locandina di The Young Pope di Sorrentino.

 

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