Diario di bordo, giorno 0.
"Si può fare!", come avrebbe detto Gene Wilder scomparso proprio ieri.
Il viaggio comincia in mattinata, e ad esclusione dell'aereo, utilizzerò quasi tutti i mezzi disponibili per arrivare a destinazione: macchina, un paio di treni, traghetto e pullman. Ci sono molti soldati armati e con la mitraglietta sul petto nelle varie stazioni che la freccia rossa attraversa. Questo stato di allerta fa pandan con il mio stato di ansia che non mi ha fatto lasciare casa con il mio solito buonumore. Confido nell'arrivo e nell'incontro con i miei compagni per ritrovare il giusto spirito. Non vedo l'ora di chiudermi in una sala cinematografica e di cominciare le mie visioni.
All'arrivo a Venezia mi incontro con Supadany, con lui andremo velocemente a prendere il possesso della casa che divideremo con gli altri amici.
Tutto procede come un orologio svizzero. Io e Supa riusciamo a prendere il traghetto al volo, incontrare la tipa dell'agenzia, prendere possesso della casa e scambiare 2 chiacchiere con il proprietario e poi andare ad accreditarsi. Quando arriviamo alla mostra pare che il festival debba iniziare tra un mese. Tutto è ancora in fase di montaggio, un cantiere a cielo aperto. Ma è possibile che domani alle 8,30 ci sia la prima proiezione? I controlli sono ovunque con polizia e addetti ai lavori che chiedono i documenti di riconoscimento a chiunque . C'è un'atmosfera strana, di "lavori in corso", ma il fascino del Festival è sempre immutabile e pronto ad esplodere nei giorni a seguire.
Finalmente rilassati con Sup ci prendiamo una meritata bibita e riusciamo a rilassarci un poco, parlando ovviamente di cinema e rimanendo in costante contatto con gli altri del gruppo. Spaggy ed Eight arriveranno in serata (sto scrivendo mentre li stiamo aspettando al traghetto), Alan arriverà domattina.
Iniziamo a sentire un poco la stanchezza della giornata (mi sembrano le 4 del mattino e sono passate da poco le 21,00); il cellulare di Supa è morto e ha cominciato a fare telefonate a casaccio per conto suo. Siamo praticamente scappati da un comodo bar perché un perfetto sconosciuto ci aveva attaccato un bottone che non finiva più, per abbandonarci su una panchina e godere del fresco del Lido.
Domani sarà tutto differente: altri ritmi, altre priorità.
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