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PENNY DREADFUL - This Is the End
di Andrea Fornasiero ultimo aggiornamento
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(SPOILER)


Sulle parole di Ode on Intimations of Immortality di William Wordsworth, pronunciate dalla struggente Creatura di Frankenstein dopo aver dato il corpo del proprio figlio al Tamigi, Penny Dreadful si chiude inequivocabilmente con il cartello “The End”.
Una conclusione appropriatamente d'altri tempi e del tutto in linea con l'animo nel profondo romantico della serie, ma anche una chiusura sorprendente: non ricordo un'altra serie che solo all'ultima scena si rivela intenzionalmente terminata. È vero che qualcosa si poteva sospettare dal mancato annuncio di un rinnovo per una nuova stagione, ma non erano uscite nemmeno molte notizie sui nuovi impegni del cast, inoltre dato che Penny Dreadful non è mai stato un successo trascinante era normale che si attendesse l'esito di ascolti della stagione prima di confermarne una successiva. Oltretutto viviamo in un'era di informazione capillare in merito alla serialità televisiva e, visto che in genere i finali portano con sé picchi di ascolti e di rinnovato interesse per serie magari un po' dimenticate, la conclusione viene solitamente annunciata come un “evento imperdibile” con qualche mese di anticipo.

Ha voluto dunque andarsene senza clamore e sensazionalismi, da sola e sulle proprie gambe, Penny Dreadful di John Logan, che ha spiegato in varie interviste di aver da sempre concepito la serie come il percorso di Vanessa Ives e del suo rapporto con la Fede. Presentataci all'inizio come una donna profondamente credente, che si aggrappava a Dio per resistere al proprio potere demoniaco, Vanessa interpretata da Eva Green è stata sempre più toccata dal male, fino a esserne letteralmente posseduta prima mentalmente e poi, in questa ultima stagione con Dracula, anche fisicamente.
Ethan, licantropo profetizzato come una sorta di soldato di Dio nonostante la sua maledizione gli arrivi da un Apache, è il solo a poterla aiutare, o meglio a poter salvare la sua anima, perché cristologicamente a Vanessa non rimane che il sacrificio. D'altra parte la sua è stata una vita di martirio, che scopriamo aver toccato anche la futura Creatura di Frankenstein quando ancora non era un non-morto. È il rapporto fra loro due, a segnare l'episodio migliore di tutta la serie, interamente ambientato in una bianca camera imbottita dove Vanessa lotta per la propria sanità mentale, minacciata dai due demoniaci fratelli che vogliono concupirla, ma dove soprattutto è toccata dal bene puro e senza secondi fini dell'inserviente del manicomio che la accudisce. Tutti e tre sono interpretati con mirabile istrionismo ed empatia dal bravissimo Rory Kinnear, entrato nel cast praticamente dal secondo episodio e sempre molto più defilato rispetto agli altri protagonisti, quasi fosse più una sorta di dolente testimone come infatti ha confermato il finale.

Qui però risiede anche il limite principale della serie, perché se la Creatura di Frankenstein è stato il personaggio migliore e se l'episodio più significativo è un lungo flashback chiuso in un stanza, allora vuol chiaramente dire che qualcosa non ha funzionato: oltre a non essere mancate scivolate nel kitsch, l'intreccio orizzontale è spesso sembrato sfilacciato e risolto con soluzioni banali, dove gli eroi sbaragliavano orde di mostri senza troppa fatica, in totale antitesi sia con il respiro romantico sia con il taglio horror della serie. E questo vale anche per l'epilogo, dove a parte Vanessa tutti sopravvivono a malapena graffiati nonostante uno scontro contro una legione di vampiri e Dracula in persona.
E non è stato il solo climax piuttosto deludente: senza tornare alle precedenti stagioni, ma solo qualche episodio prima, abbiamo avuto una resa dei conti nella villa della famiglia Chandler, dove uno sceriffo americano e un poliziotto inglese hanno dato prova di mirabile stupidità e dove nessuno ha colto l'ovvia natura segreta dell'apache, che avevano lasciato per morto di sete e che è tornato invece in perfetta salute al momento opportuno. D'altra parte anche nella villa c'è stata una cosa da salvare grazie di nuovo a un magnifico attore, questa volta Brian Cox, capace da solo di risollevare un episodio.

La conclusione migliore è toccata allora alla trama meno rilevante, che ha evitato confronti violenti e si è chiusa non con uno scontro bensì con un abbandono e una condanna di eterna solitudine tanto per Dorian Gray, quanto in fondo per l'immortale Lily e pure per l'ambizioso Dr. Jekyll.
Sebbene la serie sia finita è impossibile spiegarsi la tardiva entrata in scena della tanatologa Catriona in altro modo che con il tentativo di proporre uno spin-off. Avventuriera senza paura come una sorta di Lara Croft ante-litteram, Catriona è interpretata dalla bella Perdita Weeks e si presenta come un personaggio forte ma a malapena esplorato, che per altro parla di miti egizi e cita Imothep, ossia la mitica Mummia della Universal. Oltretutto al Cairo era stato appena spedito un altro dei personaggi della serie, l'eccentrico Ferdinand Lyle, a sua volta egittologo, insomma tutti elementi che potrebbero fare da base alla costruzione di una nuova serie, dal tono però diverso, meno romantico e struggente e più invece avventuroso. Interrogato in materia il presidente di Showtime Nevins non ne nega lo sviluppo, ma precisa che per John Logan – al lavoro su un altro progetto su Patti Smith – non è il momento adatto.

Comunque vada, Penny Dreadful si conclude con pochi rimpianti visto che la terza stagione ha disgiunto le vicende di alcuni personaggi, ha finito per riciclare gli elementi del mito di Dracula (già trattati solo due stagioni prima), e soprattutto ha dato degna chiusura al percorso dei suoi due soli personaggi davvero riusciti: ovunque ci si volti, sia notte o sia giorno, le cose che abbiamo visto ora non vedremo mai più...


Qui i precedenti articoli della rubrica CoseSerie.

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