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La Torre sull'Orlo della Notte (Parte III)
di GIANNISV66
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(................)

 

Rachele entrò nella stanza, ma incredibilmente non guardò il figlio. Ormai la sua attenzione era focalizzata sullo specchio. Lo aveva osservato con attenzione, tenuto d'occhio costantemente. E aveva avuto la conferma. Una volta poteva essere la stanchezza, un'altra un riflesso di luce, ma non ci poteva essere sempre una spiegazione plausibile per tutto. Perché se contemplava lo specchio con attenzione dopo un po' di tempo, parecchi minuti forse, cominciava a salirle dentro un senso di angoscia e intorno alla sua figura riflessa cominciavano ad apparire strane ombre, luci che non ci dovevano essere. E alla fine se riusciva a tenere fissi gli occhi su quella lastra balenavano immagini stranissime, veloci a sparire così come improvvisamente arrivavano, lasciando nitida un'impressione di sgomento, di tristezza come quella che deriva dall'aver contemplato un paesaggio di devastazione totale, un mondo privo di speranza.

E allora Rachele aveva deciso: via quello specchio dalla camera! Doveva solo trovare una scusa, se avesse esternato i suoi timori l'avrebbero presa per pazza............

 

(Dal film "The Fog" di John Carpenter)

 

Pochi giorni fa il vecchio Lucas è morto, quanti anni aveva? E chi lo sa! A me è sempre sembrato vecchio, non sono mai riuscito a dargli un'età né, a dire il vero, nessuno di noi glielo ha mai chiesto. E' stato l'ultimo tra i fondatori della Torre ad andarsene, nel corso degli ultimi anni ci hanno abbandonato tutti: il primo fu Nathaniel, poi col tempo gli altri,  da ultimo Jacob e adesso Lucas.

Era da parecchio tempo in realtà che il mio buon padre adottivo non era più in sé, discorsi confusi, ricordi ammassati......parlare con lui era diventata una tortura, soprattutto pensando a ciò che era stato per tutti noi.

Eppure è riuscito a stupirci e a riservarci un colpo di scena finale. Myriam che lo assisteva con tutto il suo amore (anche per lei era come un genitore) mi chiamò in piena notte: “Vieni, presto! Lucas ti vuole parlare”

Camminavo osservando la folta chioma scura della ragazza che scendeva ad anelli sulle sue spalle e mi domandavo come avesse fatto il vecchio a farsi capire dal lei visto che da mesi non riusciva a legare due parole con un filo logico.

Nonostante l'ora, il corridoio di fronte alla stanza dove alloggiava Lucas era pieno di gente, in pratica la gran parte dei membri adulti della comunità: stavano compunti, con lo sguardo basso.

Myriam prese la mia mano e mi fece entrare nella camera. Con mia grande sorpresa Lucas cominciò a parlare con una lucidità che non pensavo potesse ancora avere, e nonostante la tremenda fatica che faceva per scandire le parole, il suo eloquio era chiaro come nelle giornate migliori:

“Jeremy, sono arrivato al traguardo, era inevitabile, ma per il finale il Grande Architetto che regola l'universo ha voluto donarmi la forza e la mente per lasciarvi il mio testamento” si interruppe per un attimo, guardò verso la soglia dove Jared , Abraham, Samuel e altri che non distinguevo cercavano di ascoltare la sue parole. Poi mi fissò negli occhi e riprese:

“Abbiamo costruito questa comunità, ci siamo compiaciuti per il nostro lavoro, ma non ci siamo resi conto che abbiamo in realtà edificato una gabbia dorata destinata ad essere la tomba dell'umanità. Troppe cose dovrei dirvi, cose che vi abbiamo nascosto per paura, per pudore, e per tanti altri motivi.......... ma adesso è tardi e non c'è più il tempo. Ascoltami: due cose dovete fare. La prima è partire, dovete allontanarvi da questo posto....... la città non è tutto ciò che esiste, al di fuori dei suoi confini il mondo ha ricominciato a rigenerarsi e la natura ha ripreso il suo corso, fidatevi di quello che dico. Non sarà facile, vi aspettano giorni tremendi, ma quella strada per voi è obbligatoria”

Prese fiato, la poca energia stava venendo meno, la sua voce si affievoliva, ma continuò: “La seconda la devi fare tu, Jeremy: a questa corda che indosso come una collana è legata una chiave, apre una porta che troverai nel più profondo dei nostri sotterranei. Troverai un apparecchio.....ti sembrerà uno specchio, ma non lo è...........è un comunicatore multidimensionale. Ovviamente tu non stai capendo nulla.........”

Ormai le forze lo stavano abbadonando, era evidente: “......nessuno di voi sta capendo nulla, ma non importa! Troverai le istruzioni per farlo funzionare su un libretto, le ho scritte io, ti basterà leggerle con attenzione e le comprenderai. E' un apparato tremendamente complesso ma potrebbe farlo funzionare un bambino. Ti collegherai con un'altra dimensione, con un luogo del passato, abbiamo sparpagliato i comunicatori in epoche antiche, secoli fa............dovrai sperare di trovare un interlocutore cui raccontare la tua storia. Perché l'umanità deve sapere che la sua ostinazione e la sua arroganza la porteranno alla rovina. Raccontagli quello che è il nostro mondo! Credimi: non ne è mai esistito uno peggiore di questo..............”

Mi allontanai dal giaciglio, avevo gli occhi pieni di lacrime, non volevo vederlo morire. Furono gli altri a trattenermi, e mi riavvicinai. Ormai era terreo, la morte era lì al suo fianco, potevo sentirne l'alito ghiacciato. Eppure Lucas parlò ancora, un sussurro per cui fui obbligato a chinarmi “Myriam.......Jeremy quella ragazza prova dei sentimenti per te, prenditene cura. Lo so che rifiuti ogni forma di affetto perché questo mondo ti terrorizza e la speranza ti ha abbandonato da quando eri un bambino. Ma esiste sempre una possibilità.....lei può essere la tua possibilità.........”

 

(Dal film "Escape from New York" di John Carpenter)

 

Afferrai la chiave e raggiunsi il luogo indicatomi da Lucas, una stanza polverosa con strani macchinari; bastava togliere i detriti del tempo con un dito, ed ecco apparire un metallo fiammeggiante. Quelle apparecchiature erano intatte, residui perfetti di una tecnologia di cui ormai non sapevamo né capivamo alcunché.......lessi con avidità le note che trovai sopra l'unica poltrona, e cominciai ad armeggiare con la tastiera.......................

Adesso sono qui, Geremia, in contatto con te, ti vedo attraverso questo specchio, un'immagine sfocata. So che stai male e mi dispiace, temo di esserne io la causa, ma dovevo trovare qualcuno a cui raccontare questa storia........la mia storia. Quando il sistema mi ha chiesto con chi volevo stabilire il contatto ho scritto il mio nome, non sapevo che fare. E ho trovato te!

Vedo una donna molto bella che ti guarda con preoccupazione, deve essere tua madre. Una mamma premurosa, ne avevo anche io una tanto tempo fa, ma te l'ho già raccontato.

Avrai ormai capito che lo specchio non è quello che sembra e che soprattutto è la causa dei tuoi guai. E deve averlo capito anche tua madre, il suo sguardo è sospettoso e intuisco che lei ha compreso che quell'oggetto può essere il motivo della tua malattia.

Forse porterà via il comunicatore e allora il contatto si interromperà, ma forse ancora prima di questo ce ne andremo noi, ne stiamo discutendo e non è per niente facile. La Torre è la nostra casa, una casa sull'orlo di una notte terribile che sembra non voler mai passare, una torre edificata sul bordo dell'abisso prodotto dalla follia umana.

E per questo motivo forse non ce ne andremo mai, resteremo vigliaccamente qui nella nostra gabbia dorata, come l'ha chiamata Lucas, e aspetteremo qui la nostra fine, quella della razza umana.

O invece no, magari al di fuori di quest'incubo senza confini che chiamiamo “la città” esiste il luogo indicato da Lucas, e lì magari esistono altri come noi che hanno cominciato una nuova vita.

Ne stiamo parlando, te l'ho detto, ma è tremendamente difficile: difficile credere alle parole di Lucas! E se non fossero altro che gli ultimi vaneggiamenti di un vecchio ormai fuori di testa? Difficile trovare il coraggio per abbandonare quello che, bene o male, è stato il nostro rifugio sicuro! Difficile prendere una decisione che forse ci condurrà alla distruzione.

Sto pensando a Myriam, a quello che mi ha detto Lucas su di lei: è troppo tempo che sono solo e vivo la mia esistenza come se il baratro che ci circonda mi dovesse inghiottire ad ogni istante.........forse questo è stato l'ultimo regalo del mio buon padre adottivo, nel mio destino non c'è soltanto solitudine..........chissà..................

 

(Dal film "The Thing" di John Carpenter)

 

Geremia respirò a pieni polmoni la brezza marina, adorava quel sentore di sale che lo aveva accompagnato nella sua infanzia e nella sua giovinezza. Mancava da casa ormai da anni, e solo la triste notizia del peggioramento delle condizioni della mamma lo aveva riportato ai luoghi natii, allontanandolo dalla grande città in cui si era trasferito ormai da un quarto di secolo per studiare e per avviare poi la sua attività professionale; e per trascorrere la sua vita da adulto, serio e responsabile, con tanto di matrimonio di prestigio.

Le sorelle lo avevano aggiornato sul fatto che la madre era stata ricoverata presso un istituto religioso, accudita dalle amorevoli (e costose) cure delle suore di un non meglio precisato ordine.

Geremia non aveva neanche discusso sulla decisione presa in sua assenza, piuttosto aveva insistito per andare a visitare la vecchia casa di famiglia, ormai da tempo disabitata, sulla collina prospiciente il mare che sovrastava la cittadina che lo aveva visto nascere e crescere.

E adesso era lì: ammirava il panorama straordinario in quella giornata invernale di sole, l'aria secca consentiva di gettare lo sguardo lungo la costa e oltre l'azzurro fino ai confini del mondo. Ma quanto gli era mancato tutto questo? Come aveva potuto pensare di potere vivere lontano da quel luogo?

Entrando in casa gli era sembrato di ritornare bambino, e vagando per i corridoi e per le stanze meditava sul suo futuro. Il richiamo di un ritorno a casa arrivava forte da quelle pareti!

Aveva acquisito grande esperienza e competenza nello sua attività professionale, poteva dunque pensare di avviarne una simile qui, perché no? Non avrebbe avuto la clientela altolocata né le possibilità di guadagno che il grande centro gli potevano offrire, ma la vita di provincia aveva i suoi vantaggi. Meno patimenti, meno problemi e quella bell'aria salubre che arrivava diritta dal mare. Dopo oltre vent'anni di pianura, di inverni gelidi e nebbiosi alternati a estati torride e soffocanti era giunto il momento di cambiare, e cosa gli importava in fondo della carriera politica che suo suocero gli aveva prospettato in più di una occasione?

Entrò nella sua stanza: era come se la ricordava tutto era stato lasciato intatto. Tutto? No, non tutto, c'era qualcosa che non andava........studiò la collocazione della mobilia e dei quadri e poi si ricordò dello specchio: un pezzo bellissimo dai delicati intarsi che campeggiava in mezzo alla parete sul lato sinistro del letto.

Ricordò allora che sua madre lo aveva fatto rimuovere mentre era malato. Una malattia tanto grave quanto inspiegabile che lo aveva bloccato a letto per giorni, la sua sorella più anziana, di qualche anno più grande di lui, gli aveva una volta raccontato che tutti in famiglia pensavano che sarebbe morto. Poi all'improvviso la febbre altissima era sparita e lui si era risvegliato.

Lo specchio non c'era più, mamma gli aveva detto che aveva preferito toglierlo per motivi non meglio definiti, e Geremia non aveva protestato nonostante quello fosse il suo arredo preferito. Accadeva infatti che pensando a quello specchio lo cogliesse una sensazione come quella trasmessa da una gelata improvvisa, un brivido che gli scorreva sulla spina dorsale, e balenava in lui il ricordo di luoghi oscuri e lontani apparsi in sogno accompagnato da un senso di desolazione tremenda.

Rammentava ancora che nei giorni della convalescenza aveva insistito per avere dei colori e una tela, spinto dal bisogno di dare una qualche forma a quell'incubo indefinibile. Dopo alcune prove maldestre era riuscito infine a tracciare le linee di un'immagine stranissima, il ritratto confuso di una poderosa costruzione, una sorta di torre prospiciente il nulla, e la rappresentazione ancora più confusa di una massa oscura che la circondava  e di un cielo livido che sovrastava la scena. Quando sua mamma vide l'opera finita sbiancò ma non disse nulla. Nei giorni successivi, con la scusa di portarlo da un artigiano per dargli una cornice adeguata, fece sparire il dipinto, né Geremia si interessò più ad esso, come se l'aver messo mano ai pennelli fosse stata una terapia che avesse ripulito il suo animo dalle scorie di quel morbo misterioso che lo aveva afflitto.

Di lì a poco era tornato a scuola, in mezzo ai suoi amici del Regio Ginnasio, e dopo gli esami si era trasferito per completare gli studi universitari là dove avrebbe costruito il suo futuro, lo specchio ormai era meno di un ricordo sbiadito.

 

(Dal film "Prince of Darkness" di John Carpenter)

 

Adesso però in maniera del tutto illogica, visto che all'epoca del destino di quell'arredo si era completamente disinteressato, una curiosità stava montando dentro di lui: cominciò a girare per la casa, stanza dopo stanza, per vedere se l'oggetto avesse avuto una nuova collocazione. Era un pezzo molto pregiato, impensabile che i suoi genitori se ne fossero disfatti.

Ma nessun angolo dell'antica abitazione gli dava alloggio. Allora salì in soffitta e iniziò a rovistare tra il ciarpame coperto dalla polvere accumulata in anni di trascuratezza.

“Ridicolo pensare di trovarlo qui, lo avranno venduto, papà pensava di averlo pagato uno sproposito, avrà convinto la mamma a cederlo a qualche antiquario e rientrare così della cifra.....” Era immerso in questi pensieri quando all'improvviso se lo trovò davanti. Un lenzuolo sudicio lo copriva ma non per intero, un lembo era caduto lasciando scoperto un pezzo dell'inconfondibile cornice.

Sfilò il lurido straccio e cominciò ad osservare la superficie argentea.......era incredibile ma la lastra era straordinariamente intatta, quelle orribili chiazze nere che era così facile trovare negli specchi troppo vecchi erano del tutto assenti.

“Fantastico” pensò e si avvicinò ancora di più per esaminare quel pezzo meraviglioso uscito dalla mani esperte del migliore degli artigiani.

E fu allora che l'orrore lo agguantò in una presa ferrea, paralizzando i suoi movimenti e togliendogli il respiro.

Un artiglio squamoso era apparso improvvisamente davanti a lui, orrenda escrescenza pronto a ghermirlo e, cosa peggiore, dall'altra parte della superficie riflettente c'era una creatura terrificante che lo scrutava attraverso occhi spenti che sembravano riflettere abissi infernali.

L'ultimo ricordo che attraversò la sua mente prima di cadere preda di un delirio senza fine fu il terribile, inumano urlo che proveniva dalla gola di quel demonio, un rumore stridente che devastava la sua anima scaraventandola nelle fauci della follia.

 

(Dal film "In the Mouth of Madness" di John Carpenter)

 

 

 

 

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