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La "mission" delle nostre recensioni: orientamento o parlarsi addosso?
di viacristallini99
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Da premettere che sono per la prima interpretazione: dare un contributo affinché chi legge possa orientarsi nella scelta del prodotto da consumare (il film).  Affermazione che ne implica un'altra: non è una sola recensione, ma l'insieme di quelle che siamo spinti a leggere che creano in noi lettori l'orientamento.  La singola recensione ci dice solo come la pensa chi la scrive;  l'insieme di esse è invece la sintesi statistica di un orientamento che viene dalla comunità.  E noi siamo una comunità.  Ciò detto, per quanto banale, ci introduce sul discorso del metodo da seguire per il raggiungimento della mission.  

Parliamo, per primo, di chi scrive.   Dovrebbe cercare di comunicare le impressioni e le emozioni che ha ricevuto dalla visione del film e non quelle che gli vengono da altre fonti.  Altre fonti, vuol dire da letture, da esperienze personali, da preconcetti e pregiudizi o semplicemente perché il solo titolo o il solo nome dell'autore o dell'attore suscita in noi sentimenti di piacere o di repulsione che dir si voglia.  La migliore spiegazione di ciò che dico, o chiamiamola verifica, la possiamo fare quando ci accingiamo a parlare di un argomento di cui non avevamo alcuna cognizione e che abbiamo conosciuto in quanto oggetto del film che abbiamo visto.  In tal caso, tutto ciò che abbiamo tratto dalla visione non può avere che una fonte: la rappresentazione voluta dal regista ed interpretata da quegli attori in un contesto di sceneggiatura, fotografia, musiche, ambientazioni, effetti sonori, etc..  E' in questo caso che possiamo essere sicuri che quello che diciamo è frutto di quanto ci è stato comunicato e non di sensazioni e sentimenti precostituiti nella nostra mente.  Facciamo un esempio:  il film "The danish girl" di Tom Hooper,  parla di una operazione a cui si sottopone per la prima volta un uomo che vuole diventare donna (detto molto brutalmente).   Orbene, considerato che non tratta l'aspetto tecnico dell'operazione e nemmeno quello sociale (che è trattato di sfuggita: infatti non c'è intorno all'argomento quell'odioso voyerismo sessuale o bigottismo dei benpensanti), dobbiamo convenire che la centralità della storia sta nel percorso etico e psicologico che deve affrontare il protagonista, in primis, e la moglie per conseguenza.  A questo punto, o ci siamo già documentati sull'argomento attraverso i media o abbiamo tratto esperienza da persone a noi vicine o da noi stessi (perché no).  E' proprio in quest'ultimo caso che dobbiamo farci interpreti di emozioni ricevute dal film,  cercando di non identificarle o miscelarle con quelle ricevute altrove. Ovviamente non è facile; qualcuno dirà che è impossibile; tuttavia è l'optimum.   

In secondo luogo, parlerei dell'oggetto della nostra recensione.  Direi che la migliore cosa sarebbe di omettere una trattazione particolareggiata della trama (anche se la quasi totalità delle recensioni ne anticipa il contenuto).   La trama, spesso, disorienta il lettore che non ha ancora visto il film e lo porta, a sua volta, sul sentiero dei propri preconcetti.  Si inibisce, così, la visione di film assolutamente da vedere ma che passano con etichette o icone che nell'immaginario di chi legge sono veri e propri "divieti di accesso".  Ne sono esempio film che trattano del cancro con leggerezza e addirittura divertimento (chi non si ricorda dello spassosissimo “Le invasioni barbariche) ma che al solo dire "cancro" fanno fuggire buona parte dei potenziali spettatori;  o, ancora, il più recente "Florida" che tratta il tema della demenza senile o ancora di "La pazza gioia" per il tema per niente angoscioso delle “case di accoglienza” per malati mentali.  Quindi, dobbiamo sempre cercare la centralità della storia e girare esclusivamente intorno alle emozioni che essa ci procura.

In terzo luogo, parlerei di chi legge le recensioni.  Per allacciarci a quanto detto in precedenza, egli dovrebbe cercare di capire se sta leggendo il pensiero autonomo di chi scrive oppure quello di chi fa semplicemente da tramite tra autore del film e lettore della recensione (per ripetermi: si parla di concetti acquisiti altrove o di quelli che esprimiamo in qualità di intermediari di contenuti attinti dalla visione del film?).  Spesso abbiamo il sentore di recensioni che sono espressione esclusiva del carattere di chi scrive e che si manifesta attraverso intemperanze gratuite o esasperazioni che non trovano conforto in alcun altro parere o esperienze personali di chi legge. In ogni caso, è bene  tener conto e rispetto del parere di chiunque mette la faccia nel rivelare le proprie emozioni.

Per ultimo, parlerei dell’etica comportamentale da tenere nella comunità.  Il mondo della cultura deve essere sempre tutelato dalla libertà di espressione; non va dimenticato.  Anche le idee più estreme vanno rispettate (sempreché non contrarie a norme legali).  Evitare le contrapposizioni tra lettore ed autore della recensione è questione di bon ton e, soprattutto di esercizio di una libertà che non può essere impedita da terrorismo o pretestuose intimidazioni.  Il rispetto innanzitutto delle opinioni altrui si manifesta aggiungendo semplicemente la propria, senza alcun riferimento al risentimento o al semplice scalpore che suscita quella altrui.  Il nostro deve essere un giardino di fiori multicolori e spetta al lettore cogliere quello che più gli aggrada..

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