Da dove iniziare? Mi sono interessato all'attore Giancarlo Esposito, ottimo interprete di Gus Fring nella serie "Breaking bad - Reazioni collaterali", e ho notato che nella sua filmografia spicca la partecipazione nel famoso film di Spike Lee. Con grande sorpresa, lo ho scoperto nei panni di Buggin'Out, il nevrotico ragazzotto (aspirante attivista radicale) che funesta la pizzeria di Sal in quel di un'afosa, invivibile, Brooklyn. Ma questa non è che una premessa abbastanza fortuita: un pretesto da cui sono partite delle domande che collegano le due opere. Domande a cui ho dato una parziale risposta, che metto qui in forma di considerazioni non finali, ma aperte a dibattito e, perchè no, smentita.
Fondamentalmente, ritengo che le due opere, benchè diverse, abbiano evidenti somiglianze stilistiche, almeno considerando i seguenti tre ambiti.
1) SPAZIO E AMBIENTE: Ovviamente parliamo di location differenti ma, fuori dall'oggetto vero e proprio, il modo di riprenderle è affatto simile: gran parte di entrambi i racconti ruota attorno a un luogo fondamentale (la pizzeria, la casa), di incontro di tutte le funzioni e chiavi narrative: in Lee il forno è luogo di scontro e fraternizzazione, lavoro, sopruso, dialettica; in Gilligan la dimora è sintesi di affetto, speranza, coesione, disfacimento: in entrambi i set si concentrano i personaggi chiave e qualsiasi pulsazione cardiaca narrativa proveniente dall'esterno: ne sono, anzi, lo sfogo e l'impulso. Entrambe le location segnano l'inizio e la fine del ciclo di racconto, tra l'altro con simili trasformazioni. Al di fuori, Brooklyn e Albuquerque sono ritratti in modo simile, seguendo generalmente una linea direttrice (la strada principale) e presentando luoghi secondari in modo frammentario rispetto al fulcro. Sia Brooklyn che la città del New Mexico, inoltre, sono luoghi di melting pot razziale e culturale anche se, in Lee, questo diventa un carico di sottotesti e presupposizioni che danno tutto il colore del racconto, e anzi l'escatologia.
2) TEMPO E SCANSIONE: E' evidente che non c'è relazione fra un frame orario (Lee) e uno mensile (Gilligan), ma anche qui, fuori dal mero dato temporale, la scansione narrativo-figurativa presenta tempi simili. Da un'ampia presentazione dei personaggi, a una prima svolta che definirei 'catastrofica' (l'ondata di caldo e l'arrivo della malattia), che però è solo una miccia latente, imprescindibile, ma non sufficiente a tutto il resto. Perchè poi arrivano le innumerevoli interazioni secondo un percorso di cause e concause, lungo un climax che, inevitabilmente, conduce a un colpo di scena, sempre risolutore e amplificatore di altri problemi. Oltretutto noterei che in "Fà la cosa giusta", la mole di personaggi e situazioni laterali rendono la visione, di per sè, episodica.
3) PERSONAGGI: In entrambe le opere non abbiamo un piena centralità, una figura così pivotale da aver bisogno semplicemente di un antagonista. Mi si potrebbe obiettare che in "Breaking bad" non sia così, ma faccio presente che moltissimo minutaggio è speso per rappresentare gli altri cardini della serie, e che parte del tempo dedicato a Walter White lo raffigura in mansioni quotidiane, generalmente proprie di personaggi secondari. Se White ne esce protagonista, a parer mio, è al 100% merito di Brian Cranston. Diversamente, propongo una lettura ellittica, con dei fuochi attorno a cui ruota tutta la vicenda. In Lee abbiamo Mookie e Sal, massimi rappresentanti delle istanze filmiche e anche mediatori dei due mondi. In Gilligan abbiamo un fuoco fisso e altri mobili, che variano da Jesse, a Skyler, a Hank. Ma trattandosi di visioni episodiche e di stagioni, lo schema, sincronicamente, rimane il medesimo.
In conclusione aggiungerei che entrambe le opere mirano a svelare il carattere nascosto dei personaggi, sepolto dietro quotidianità e sovrastrutture, ma capace di uscire con il giusto incentivo. E' naturale pensare a White come a un padrino della classe media, e l'accostamento ci sta, essendo il film di Spike Lee derivativo di quello coppoliano. Ma quello che per me marca la differenza è lo stile fortemente episodico e la capacità entrambi gli autori di enucleare un sentimento, mascherandolo in mille modi differenti per poi liberarlo improvvisamente, restituendocelo nudo e crudo. In più, al termine della visione questo sentimento si priva degli attori che ha corroso, che sono mera velleità. Infine, White, Jesse, Mookie e Sal agiscono, fino alla fine, sporcandosi le mani in prima persona, e nessuno di loro ottiene altro che quella sporcizia delle mani. Se vediamo Il Padrino come una polemica al machiavellismo, dobbiamo vedere Lee e Gilligan come suoi massimi apologeti.
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