“Credo che la coscienza umana sia un tragico passo falso dell'evoluzione. Siamo troppo consapevoli di noi stessi. La natura ha creato un aspetto della natura separato da se stessa. Siamo creature che non dovrebbero esistere... per le leggi della natura” (Rust Cohle – True detective episodio I - 2014)
“Sappiamo che la natura ha rivolto la propria rotta nel sovrannaturale quando ha fabbricato una creatura che per legge di natura non può e non dovrebbe avere un’esistenza e che tuttavia esiste”.
(Thomas Ligotti – The Conspiracy Against The Human Race - 2010)
Buona sera e ben ritrovati a tutti. Dopo molto (secondo qualcuno troppo) tempo ci siamo voluti rivedere per uno dei nostri incontri. Qualcuno di voi pensava forse che il nostro Circolo fosse defunto? E invece no, eccoci qui!
Eccoci nella nostra vecchia sala di un cinema-teatro rubata a un famoso film di quarant'anni fa, con le nostre vecchie e scomode poltrone, nonché la nostra vetusta scrivania montata sul palco.
I troppi impegni ci hanno impedito di essere presenti come volevamo, ma l'occasione che ci è stata proposta era troppo invitante e abbiamo voluto, per una sera, ritornare a uno degli Incontri del Circolo Providence.
Si vedono in sala le facce dei nostri soci, qualcuno è contento, qualcun altro perplesso, qualcuno ancora non è venuto. E vedo anche, come nelle volte precedenti, alcune facce nuove: curiosi che si sono voluti aggiungere, e pure qualcuno (più di uno) sicuramente capitato qui per caso.
E allora andiamo ad iniziare, perché l'argomento si differenzia da tutti quelli trattati in precedenza! Questa sera non si parla di un autore e neanche di un tema specifico, ma della commistione tra una serie televisiva di grande successo e un autore talmente straordinario da essere pressoché sconsciuto alla massa, e che grazie ad un (presunto) plagio è riuscito finalmente ad avere quella visibilità che avrebbe meritato ben prima.
Introduzione
Indiscutibilmente uno dei maggiori successi televisivi degli ultimi anni è stata la serie True Detective (prima stagione), rarissima e (almeno dal nostro punto di vista) riuscitissima commistione tra una produzione rivolta a un ampio pubblico e un modo di trattare temi culturali che di solito sono più consoni ai membri di un circolo (temi tipici, lasciatemelo dire, del nostro Circolo Providence).
La storia la conoscete più o meno tutti, un'indagine lunga diciassette anni su omicidi rituali nella torrida Louisiana avvolti da un'ombra satanica. Altri ne hanno raccontato la trama molto meglio di quanto si potrebbe fare in questa sede e, comunque, visto che nessuna sintesi è in grado di riprodurre la potenza del racconto visivo, vi consigliamo di guardarla questa serie se non l'avete ancora fatto.
Ciò che potrebbe interessare a un gruppo di appassionati del weird e del fantastico, quali sono i simpatizzanti di questo circolo, si trova nei riferimenti letterari che sono disseminati lungo la trama, soprattutto le continue citazioni a Il Re in Giallo (il libro maledetto la cui lettura conduce alla pazzia, frutto della mente dello scrittore Robert W. Chambers che allo pseudobiblia dedicò una serie di racconti poi raccolti nel volume omonimo, pubblicato nel 1895) e a Carcosa, la città immaginaria creata da Ambrose Bierce (uno dei massimi esponenti della letteratura fantastica, giusto per quei pochi che non lo sapessero) nel 1886 nel racconto “An Inhabitant of Carcosa”, ripresa poi proprio da Chambers ne “Il Re in Giallo” (...Ardono stelle nere: la notte è misteriosa,/là dove strane lune s'aggirano nei cieli,/ma ben più strana è la persa Carcosa.....) e pure, tra gli altri, dal nostro nume tutelare H.P. Lovecraft (che non fece mai mistero della sua ammirazione per l'opera di Chambers).
Già solo per quanto elencato in questo inizio avremmo già abbastanza materiale da dedicare un incontro a True Detective. E invece no, questa sera andiamo oltre.
La filosofia del Detective Cohle e quella di uno scrittore "nascosto"
Uno dei punti di forza (anzi, forse il punto di massima forza) di questa serie sta nella coppia di protagonisti: i detective Martin Hart (Woddy Harrelson) e Rustin “Rust” Cohle (Matthew McConaughey). I due attori rendono attraverso una intepretazione straordinaria (se si potessero premiare con gli Oscar anche gli attori delle serie televisive, i due avrebbero stracciato la concorrenza, lasciatemelo dire) due personaggi agli antipodi.
Martin è il classico americano di sani principi e di pessimi comportamenti, moglie e figliolette deliziose da portare in chiesa la domenica e una vita nascosta di donnaiolo e puttaniere. Rust è invece uno “strano”, ha avuto una vita segnata da un lutto tremendo (sua figlia avuta da un matrimonio fallito è morta in un incidente), ha problemi con alcool e droghe e, soprattutto, ha sviluppato una sua filosofia personale basata sul più nero nichilismo; tutto ciò lo ha reso un elemento ai margini della società, nonostante ricopra un ruolo sociale non secondario come quello di investigatore.
Giusto a titolo esemplificativo della visione della vita di Cohle: “Nell'eternità dove il tempo non esiste niente può crescere niente può divenire, niente cambia. Quindi la morte ha creato il tempo per far crescere le cose che lei ucciderà e ognuno poi rinasce ma sempre nella stessa vita in cui si è vissuti in precedenza. Nessuno è in grado di ricordare la propria vita, nessuno può cambiare la propria vita e questo è il terribile segreto della vita stessa. Siamo in trappola come in un incubo dal quale continuiamo a svegliarci”
A Nic Pizzolatto, ideatore della serie, venne contestato di aver plagiato idee tratte da altri scrittori, ma lo scrittore e sceneggiatore si è difeso così:
"Nulla nello show televisivo True Detective è stato plagiato. I pensieri filosofici espressi da Rust Cohle non rappresentano un pensiero o un'idea di un autore; piuttosto sono princìpi filosofici di una filosofia pessimista con una tradizione storica che include Arthur Schopenhauer, Friedrich Nietzsche, E.M. Cioran e vari altri filosofi. In quanti pessimista autodidatta, Cohle parla attraverso quella filosofia con erudizione e con le sue parole. Le idee all'interno di questa filosofia certamente non sono un'esclusiva di nessun autore".
Spiegazioni molto valide che però non hanno convinto i fan di uno scrittore semisconosciuto, nato a Detroit nel 1953, personaggio schivo preda di nevrosi ed ossessioni che lo hanno costretto ad una vita da autorecluso, uno che non concede interviste e che non si fa fotografare, uno che non vuol scendere a patti con il mondo dell'editoria (editoria per la quale peraltro, paradossalmente, lavora, curando monografie critiche su vari autori): Thomas Ligotti.
Cultore esattamente come il Detective Cohle di una visione spietata e nichilista sulla vita e sul destino dell'umanità, Ligotti ha raccolto le sue idee in un saggio, The Conspiracy Against the Human Race, ed è proprio da quell'opera che Nic Pizzolatto viene accusato di aver tratto profonda ispirazione per le riflessioni antinataliste del personaggio intepretato da Matthew McConaughey.
I punti di contatto ci sono eccome, e lo stesso Pizzolatto ha comunque ammesso di conoscere l'opera di Ligotti e di esserne stato influenzato (tuttavia assieme a quella di altri scrittori).
In questa sede non ci pronunciamo sulla fondatezza di tali accuse (e peraltro lo stesso Ligotti ha sempre rifiutato di parlarne), possiamo solo dire che le idee espresse dallo scrittore di Detroit si inquadrano in un contesto di pensiero pessimistico che fa parte della stessa storia dell'uomo, e sotto questo punto di vista le spiegazioni di Pizzolatto sopra citate appaiono assolutamente credibili.
Quello che qui ci preme sottolineare è che, plagio o meno che sia, questo episodio ha permesso di dare visibilità a uno scrittore straordinario e altrimenti destinato ad essere una sorta di oggetto di culto per pochi.
Alla scoperta di Thomas Ligotti
“Nella scrittura mi sono innamorato di H.P. Lovecraft e ho provato a scrivere come lui. Ci ho messo anni”
Dei natali di Thomas Ligotti (famiglia di origine siciliana) abbiamo detto più sopra, aggiungiamo una adolescenza piuttosto travagliata e segnata dall'abuso di alcool e droghe, e forse anche per quello ancora giovanissimo verrà colto da quelle crisi di panico ed ansia che non lo abbandoneranno mai più.
Scopre in questo periodo la letteratura fantastica e horror, in particolare Poe e Lovecraft, e da lì a poco comincia a sperimentare la scrittura. Nel 1977 si laurea in Inglese presso la Wayne State University e nel mentre ha cominciato a scrivere racconti che però non trovano sbocchi su pubblicazione.
Il suo esordio risale al 1981 e avviene su una fanzine, per vedersi pubblicare un racconto su una rivista professionale dovrà attendere il 1990. Intanto dal 1979 ha comiciato a lavorare come editor associato, attività che proseguirà nel 2001 come free lance abbandonando la natia Detroit e trasferendosi a Tampa in Florida. La sua riservatezza e il suo rifiuto del mondo esterno sono tali che il Washington Post lo ha definito “il segreto meglio custodito della narrativa horror contemporanea”, e qualcuno ne aveva pure ipotizzato la non-esistenza (ovvero che sotto quel nome si nascondesse un autore più famoso).
Sconosciuto al pubblico di massa, Ligotti però non lo è alla platea degli specialisti e degli scrittori del genere horror, tanto è vero che ha vinto per ben quattro volte il Bram Stoker Award, premio assegnato dai membri dell'Horror Writers Association, oltre al British Fantasy Award e all'International Horror Guild Award.
Chi si avvicina alla lettura di Ligotti (non c'è molto in traduzione italiana, le antologie Lo Scriba Macabro e I Canti di Un Sognatore Morto, più facilmente reperibile Teatro Grottesco di recente pubblicazione, mentre dovrebbe essere in dirittura d'arrivo, proprio grazie alla curiosità scatenata da True Detective, la traduzione italiana di The Conspiracy.....) lo deve fare con la consapevolezza di affrontare un autore che è quanto di più lontano ci possa essere dai produttori di best seller. Uno stile asciutto ed essenziale quello di Ligotti, che non concede nulla al sensazionalismo, eppure uno stile che riesce a trasmettere un senso di fortissimo disagio e inquietudine come ben pochi autori (e in questo ci sentiamo di incoronarlo erede del nostro nume tutelare, ovvero Il Solitario di Providence).
Il suo modo di raccontare gli incubi denota la lucidità di chi quegli stessi incubi li vive in prima persona, quasi un narratore di orrori autobiografici.
Se è lo stesso Ligotti ad ammettere il suo debito di riconoscenza verso Lovecraft, bisogna a nostra volta riconoscergli di aver elaborato uno stile prettamente personale cosa che ne fa un autore assolutamente originale e per il quale l'inclusione nella tipologia della narrativa dell'orrore può essere davvero limitante.
Il futuro ci dirà quali sviluppi attendono l'opera di uno scrittore che potrebbe rivelarsi come uno dei più straordinari di questo principio di XXI secolo.
Per il momento ringraziamo True Detective e la polemica che ne è seguita (e che, a quanto ci risulta, non ha comunque avuto alcun seguito) per avercelo fatto conoscere.
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