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Alberto Pezzotta.
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Uno dei motivi per cui compro e attendo con curiosità FilmTv è per leggere Alberto Pezzotta. La sua rubrica, «Leggo, dunque sono» è per me, che oltre che studioso di cinema lo sono di letteratura, un’importante lezione di critica. Imparo sempre qualcosa di nuovo, vuoi che si tratti di terminologia, vuoi che si tratti di titoli e autori sconosciuti, vuoi per tanto altro, ma mi arricchisco sempre.

Pezzotta già lo conoscevo e stimavo. In parte viaggiamo sugli stessi binari (Mario Bava, Clint Eastwood, lo spaghetti western), in parte sicuramente no, ma ciò che fa la differenza e che mi permette di prenderlo come punto di riferimento è il come. La competenza e la preparazione di Pezzotta è talmente fuori discussione che anche quando critica senza mezzi termini un romanzo o un autore non puoi volergliene. L’implacabilità con cui cestina un libro, magari pure campione di vendite, dimostra l’estraneità di Pezzotta ad un mondo di accondiscendenze intellettuali che vorrebbero sempre premiare e perdonare tutti in nome del quieto vivere o di una solidarietà di settore (o di casta?).

Ciò che colpisce di più in Pezzotta è la padronanza del linguaggio e della terminologia con cui definisce, loda o distrugge un lavoro letterario e il suo autore. Non gli puoi voler male proprio perché la sua lucidità ti mette di fronte alla dura realtà delle cose: che forse la casa editrice è stata così poco lungimirante o miope da non vedere che il tuo lavoro era mediocre, banale, che non hai fatto nulla di più che imitare il già scritto, che scimmiottare le avanguardie, che inventare personaggi che andrebbero bene solo in televisione (ahinoi il mezzo infernale che sta da diversi decenni limando verso il basso la libertà di giudizio critico della comunità intellettuale così come la libertà creativa di giovani e di consumati artisti).

Non solo però linguaggio e terminologia, ma anche ovviamente competenza e gusto. Da un critico che cita sempre i soliti francesi o i soliti orientali, be’ …io più di tanto non gli do peso; ma di un critico che scrive ottimi lavori su Bava, Eastwood e lo spaghetti western, be’…gli do molto più credito. L’originalità condita da fulmicotone ed ironia intelligente, fa degli scritti di Pezzotta l’occasione di partecipare a pseudo-lezioni di critica letteraria e arricchire così il nostro bagaglio culturale oltre che sperimentare sulla nostra pelle, al momento della lettura, qualche brivido di dissenso acuto e intelligente che ci fa crescere un po’ tutti – le lodi al libro di Mandelli, che non ho letto, mi avevano davvero spiazzato.

Mi piacerebbe leggere più spesso di Pezzotta su FilmTv rivista, ma va bene anche una settimana sì e una no, altrimenti ci abituiamo troppo bene e diventiamo troppo intelligenti per un’Italia che vuole le scuole aperte d’estate per insegnare ai ragazzini l’autoimprenditorialità. Fatto sta che se io fossi uno scrittore, vorrei tanto che Pezzotta leggesse il mio romanzo, lo criticasse, lo distruggesse, lo cestinasse senza pietà. Sarebbe la soddisfazione più grande, godrei come un cane, saprei di aver scritto una bestemmia come Moby Dick.

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