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Lucca Film Festival: premio alla carriera a George Romero.
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Ieri sera al Lucca Film Festival è stato consegnato il premio alla carriera a George A. Romero. La sala del cinema Moderno era piena di un pubblico adorante e rispettoso, ansioso di poter salutare e omaggiare il grande cineasta americano. L'intero Festival è stato dedicato all'opera e alla persona di Romero: una mostra, una retrospettiva cinematografica, una installazione nel centro storico di Lucca per la serata e la nottata di questo sabato, insomma una vera festa in onore del papà degli zombi. Anche per questa occasione non potevo mancare, anche perché sarebbe stato proiettato il suo film che preferisco: Zombi-1979, scritto e ideato assieme al mio beniamino Dario Argento. Ero perciò curiosa di poter ascoltare da Romero stesso qualche aneddoto o altro che riguardasse i due registi amici. Non sono stata delusa.

L'aria che si respira in queste circostanze è sempre molto elettrica, c'è la voglia di condividere insieme a perfetti sconosciuti le emozioni che un certo cinema accomuna. Fan che avevano con sé manifesti, dvd, quaderni da far firmare; si ascoltano storie legate al film in questione, curiosità; c'è la voglia di raccontarsi in qualche maniera e anche di ascoltare, ed è bello sentire i tanti dialetti differenti di persone che per l'occasione hanno fatto un lungo viaggio per poter assistere alla serata.

Qualche momento di troppo d'attesa, la corsa per arrivare a prendere i posti migliori. Io sono decisa a farmi una foto insieme a Romero e inquadro subito la posizione strategica che mi possa permettere di sgattaiolare verso una certa porticina che ho imparato a conoscere l'anno scorso.

Le solite parate istituzionali necessarie per introdurre l'ospite d'onore, e finalmente entra questo gigante del cinema horror. Un gigante nel vero senso della parola. Romero è accolto da una standing ovation di diversi minuti, un applauso scrosciante e sincero salutano George Romero che appare sinceramente emozionato.

Romero non si sottrae alle troppe convenzioni istituzionali: il premio (ovviamente), le foto, i vari interventi di presidenti e altro, una piccola cerimonia in cui ha lasciato le impronte delle mani su una mattonella di cemento per il Lucca Comics (questa ultima cosa l'ho trovata sinceramente un tantino forzata e fuori luogo per la serata). Romero non si sottrae a niente, anzi pare divertito. Finalmente arriva la parte attesa da noi fan (ed eravamo veramente tanti), il regista si racconta e introduce il film. 

Romero ci svela che in realtà lui all'epoca non pensava assolutamente di girare un altro film sugli zombi, ne aveva fatto uno, gli era venuto bene e credeva sinceramente che non ce ne fosse bisogno di un secondo. Casualità volle che fosse amico personale di chi si stava occupando dell'apertura del centro commerciale a Pittsburgh, dove si è poi svolto il film. Era il primo grande centro commerciale che si sarebbe aperto in quel periodo in quello stato, Romero ne fu colpito, capì subito l'importanza sociale che un luogo simile aveva: ora sì che aveva qualcosa da raccontare. Una settimana più tardi ricevette una telefonata da Dario Argento, Romero a metà anni '70 lo conosceva grazie al film “L'uccello dalle piume di cristallo” - che negli Stati Uniti aveva avuto un grande successo, rimanendo in testa ai botteghini per settimane -. Argento gli propose di scrivere insieme un nuovo film sugli zombi, Romero accettò subito e penso che quella chiamata fosse una coincidenza dettata dalla fortuna. Partì subito per Roma, la sceneggiatura del film fu scritta tutta in Italia.

Il regista statunitense a questo punto ricorda l'esperienza italiana di quegli anni e l'amicizia che lo lega a Dario Argento con molta nostalgia. Confessa che è ancora oggi molto amico di Argento al quale vuole molto bene, e che è proprio a lui e al pubblico italiano che deve la sua fortunata carriera. I patti tra i due erano chiari e ben definiti: il film l'avevano scritto insieme ma ognuno avrebbe preso le proprie decisioni riguardo le edizioni che sarebbero poi uscite nei loro paesi. Così Argento affidò la colonna sonora ai Goblin -ad esempio-, mentre Romero scelse un tipo di musica più convenzionale. Il film ebbe subito una buona distribuzione in Italia -forte della produzione di Claudio Argento, e del periodo ottimale per Dario – ed ebbe subito un buon riscontro da parte del pubblico in Italia e in Germania. Negli Stati Uniti arrivò grazie all'eco di grande successo in Europa, per questo Romero afferma che tutta la sua popolarità parte proprio dall'Italia e dal suo pubblico.

Quando gli viene chiesto cosa suggerirebbe ad uno spettatore che non ha mai guardato Zombie (cosa improbabile nella sala di ieri sera), Romero consiglia di non vergognarsi di ridere, di non trattenersi. Il film conteneva volutamente scene spiritose e ironiche: “...perché gli zombie non vanno presi seriamente!”.

Un ultimo applauso saluta commosso Romero, che lascia così la sala. Arriva il mio momento.

Lo confesso: io ero andata per stringere la mano e possibilmente farmi una foto con il regista, questa era la mia vera missione, più che vedere il film che conosco a menadito.

Mi ero messa in una posizione ben precisa: accanto all'uscita e a persone che potevano indirizzarmi la “via di fuga”. Memore dell'anno scorso (quando riuscì a strappare una foto indimenticabile con Jeremy Irons proprio in occasione del Lucca Film Festival), aspettai che si spegnessero le luci per sgattaiolare nel corridoio di uscita. I fan andavano tutti verso una parte...io da quella opposta.

Entro dalla fatidica porticina, e proprio come uno zombi di Romero, procedo lenta e implacabile verso il mio obbiettivo. A nulla valgono le frasi di un gentilissimo addetto alla sicurezza che continua a dirmi: “no, non puoi stare qui! No, davvero! Devi uscire! Veramente...” Io procedo inesorabile sfoderando tutta la mia diplomazia che il caso richiede (mi so vendere bene).

Romero è in questa stanzetta dietro il palco, altissimo sovrasta su tutti i fotografi e le persone che ha accanto. E' sempre alle prese con quella tremenda mattonella di cemento sulla quale doveva ancora lasciare la firma. Io gli sono vicinissima e appena si volta gli chiedo nel mio inglese maccheronico se posso fare una foto insieme a lui. Un sorrisone e un abbraccio mi prendono quasi alla sprovvista: Romero mi sovrasta con tutta la sua altezza e mi sembra di non starci nemmeno dentro a quella stanzina da quanto è piccola. L'addetto che solo pochi istanti prima mi chiedeva di uscire ora si presta a farci questa benedetta foto, anzi due...perché davvero non si entrava nella stanzina e Romero è un gigante, di gentilezza e simpatia.

 

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