E' di pochi giorni fa la notizia della scomparsa di Umberto Eco. Uomo di vastissima cultura, semiologo, filosofo, autore di saggi di portata internazionale, Eco era nato ad Alessandria nel 1932.
Tralasciando i particolari della sua eccezionale carriera di studioso, che del resto in questi giorni è stata raccontata, meritatamente, in ogni dove, in questa sede ci piace ricordare il fatto che questo intellettuale di altissima levatura, lungi dall'essere un accademico "imbalsamato" dimostrò invece di possedere una grande curiosità senza preclusione verso alcunché (cosa che dovrebbe essere propria di tutti gli “uomini di pensiero”) e pure verso le manifestazioni culturali meno ortodosse e più “popolari”.
Sappiamo ad esempio che era un grande appassionato di Dylan Dog, il personaggio a fumetti frutto dell'inventiva di Tiziano Sclavi, passione ricambiata dai curatori della serie che nel numero 136 affiancarono all'indigatore dell'incubo il personaggio del semiologo Humbert Coe.
Humbert Coe / Umberto Eco come appare nel n.136 di Dylan Dog
Nel 1980 Eco esordisce come romanziere, e che esordio! Il Nome della Rosa, romanzo storico e splendido omaggio al giallo classico di matrice britannica, ma anche un mezzo per raccontare ai lettori il pensiero e la cultura medioevale.
Il protagonista è Guglielmo di Baskerville, frate francescano che nell'anno del Signore 1327 partecipa, come uomo di fiducia di Ludovico IV Imperatore del Sacro Romano Impero, a un convegno dove si confrontano da una parte i frati francescani, sostenitori delle tesi pauperistiche (ovvero di chi voleva un ritorno al messaggio originale cristiano) e dall'altra la delegazione papale proveniente da Avignone (ed evidentemente piuttosto sospettosa verso chi auspicava una supremazia delle ricchezze spirituali a discapito di quelle materiali).
Sede dell'incontro una abbazia benedettina in un luogo non meglio precisato dell'Italia Settentrionale, che tra le sue eccellenze annovera una straordinaria biblioteca destinata ad attirare le attenzioni di Guglielmo, uomo animato da un grande amore per la cultura (e in questo speculare al suo creatore).
Guglielmo di Baskerville (il cui nome è frutto di un doppio omaggio, da una parte a Guglielmo di Ochkam, uno dei massimi filosofi del medioevo, dall'altra a Sherlock Holmes, il più famoso investigatore della storia del romanzo giallo), accompagnato dal novizio Adso da Melk, si ritroverà suo malgrado ad indagare su una serie di delitti che sconvolgono la vita dell'abbazia e gettano una luce a dir poco sinistra su quello che dovrebbe essere un luogo di fede e di studio.
Da questa opera, che a parere di chi scrive è di gran lunga il migliore prodotto dell'Umberto Eco romanziere (anche se l'interessato non la pensava così), venne tratto nel 1986 un bel film, diretto da Jean Jacques Annaud, con Sean Connery nei panni del protagonista e il giovane Christian Slater in quelli del fidato Adso, mentre nei ruoli complementari recitavano, tra gli altri, Frank Murray Abraham, Michael Lonsdale e un Ron Pearlman allora sconosciuto ai più.
Per ricostruire l'abbazia immaginaria vennero ovviamente utilizzati luoghi reali, ovvero l'Abbazia di Eberbach in Germania e la Rocca Calascio in Abruzzo (mentre Castel del Monte in Puglia ispirò la struttura dell'edificio della biblioteca). Ma il vero dilemma che si sono posti tutti coloro che hanno amato il romanzo di Eco era in merito al fatto se esistesse un luogo reale quale ispirazione dello scrittore alessandrino.
Per anni si è pensato che tale luogo fosse la Sacra di San Michele, monumento simbolo del Piemonte, la cui edificazione si perde nei meandri dell'anno mille.
La Sacra di San Michele domina la Val Susa nel Piemonte occidentale (foto dell'autore)
E invece.....colpo di scena! Se la meravigliosa abbazia situata all'imbocco della Val di Susa resta presumibilmente l'ispirazione primaria per l'edificio, da tutt'altra parte si deve andare a cercare il luogo.
Il geografo e giornalista genovese Enrico Massone dopo una serie di ricerche aveva individuato come probabile sito dell' immaginaria Abbazia di Eco la zona di “Capanne di Marcarolo”, un tratto appenninico al confine tra l'alessandrino ed il genovesato caratterizzato da un particolare pregio naturalistico. Tuttavia in una lettera indirizzata proprio a Massone, lo scrittore confessa: "Le interesserà sapere che parte del libro è stata scritta ad Uscio, e che altre volte pensavo al santuario della Madonna della Guardia nel genovese".
E allora andiamolo a conoscere questo luogo! Con una prima sorpresa: niente costruzioni medioevali o antiche mura memoria dei cosiddetti “secoli bui”. Anche se la storia di questo luogo di culto comincia nel 1490 (anno dell'apparizione della Vergine al pastore Bendetto Pareto), e comunque in epoca decisamente posteriore ai fatti narrati nel romanzo, il complesso del santuario così come è visibile oggi risale alla fine del XIX secolo.
Il campanile del Santuario della Madonna della Guardia (foto dell'autore)
Ciò che colpì Umberto Eco non fu dunque l'edificio ma la sua collocazione: posto in cima al Monte Figogna a 804 metri sul livello del mare (da cui dista pochissimi chilometri, e vengono in mente le parole di Adso da Melk, il narratore della vicenda: “il mattino del nostro arrivo, quando già eravamo tra i monti, a certi tornanti era possibile scorgere a non più di dieci miglia e forse meno, il mare”), da qui si gode un panorama invidiabile che richiama alla mente quest'altro passo: ".....d'un tratto ci si trovava come su di una terrazza montana che dava a picco su golfi bellissimi, e dopo non molto si penetrava in gole profonde, dove montagne si elevavano fra le montagne, e l'una ottundeva all'altra la vista della costa lontana, mentre il sole penetrava a fatica in fondo alle valli".
Vista sull'Appennino Ligure dal Monte Figogna (santuario della Madonna della Guardia - foto dell'autore)
Chi dunque, avendo letto ed amato il Nome della Rosa, si trovasse a transitare da Genova, potrebbe decidere di dedicare qualche ora alla visita di questo luogo, anche solo per ritrovare quelle suggestioni che ispirarono il grande Umberto Eco.
Panorama dal Monte Figogna (santuario della Madonna della Guardia) sulla Val Polcevera e verso il levante ligure (foto dell'autore)
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