Uccidi o sarai ucciso. Questo è il tremendo dilemma che incombe sul capo del diciannovenne Malik El Djebena, costretto ad ascoltare, a ubbidire e a non guardare mai in faccia l’uomo che sta dando un corso irreversibile alla sua esistenza. Malik è un ragazzo solo e smarrito al suo ingresso in carcere, è cresciuto in un orfanotrofio, non sa ne leggere ne scrivere, ha l’aria di chi ha trascorso la vita osservando cosa fanno i grandi e di trovarsi presto nella necessità di metterne subito a frutto gli insegnamenti se non vuole soccombere all’odore del sangue. L'iniziazione alla vita comincia con l'entrata in carcere dove vige il dominio di una concezione settaria tra i detenuti, seguendo un rituale che ricalca fedelmente i condizionamenti sovrastrutturali di un sistema sociale permeato sulla feroce legge della jungla, che premia sempre il più forte e chi sa muoversi spregiudicatamente tra le pieghe del malaffare, chi sa adeguarsi alle leggi del branco incorporandone i peggiori istinti e chi con pazienza sa aspettare il proprio turno. Malik non ha nessuno e nessuno troverà ad aspettarlo fuori dal carcere, ne famiglia, ne amici. Questa condizione esistenziale rende il presente l’unico tempo a cui è necessario prestare attenzione e il carcere il solo spazio in cui è possibile progettare i propri piani di riscatto. Il qui e ora diventa più importante di qualsiasi idea sul domani, il cosa bisogna fare per ricominciare a vivere più stringente del sopravvivere senza preoccuparsi di programmare una via d’uscita che possa tornare utile anche per un prossimo futuro. Più che scegliere è scelto dalla malavita, per la sua faccia da ragazzo qualunque e il suo saper parlare arabo, caratteristiche idonee per farne un cavallo di troia da insinuare nella fortezza nemica, un insospettabile messaggero di morte da recare in dono all’ignaro avversario. Caratteristiche acquistate a un buon prezzo al mercato della sopravvivenza, che prima spingono Malik nel baratro dell’ubbidienza criminale e poi gli torneranno utili per preparare con cura la sua ascesa, che è personale e sociale insieme, che inizia in carcere ma che potrà tornargli utile anche fuori. Entrando indisturbato in più universi comunicativi insieme e interrompendo, attraverso la progressiva dilatazione del tempo dell’attesa e dello spazio vitale, la natura discriminatoria di una società ingiusta e prevaricatrice, tanto brava a punire i deboli quanto incline ad accondiscendere agl'interessi dei più forti. Con la brutale istintività di un animale in gabbia e la scaltrezza vergine di un nuovo profeta delle parole.
Il profeta (Jacques Audiard)
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