Innanzitutto va detto che la cerimonia di consegna dei Premios Goya 2016 è totalmente un’altra cosa rispetto l’omologa italiana dei David di Donatello o del Festival di Venezia. Red Carpet, interviste, diretta sul primo canale fin dalle ore 19.00, ottima location, ritmo, professionalità e scioltezza per gli spagnoli; caciara, pressapochismo, sbagli, gaffe, banalità, puerilità, disorganizzazione, istituzionalismo e vergogna per gli italiani.
Altro dato: nella cerimonia di consegna dei Goya 2016 c’erano in prima fila ben quattro premi Oscar, Bardem, Cruz, Robbins e Binoche, un Premio Nobel, Mario Vargas Llosa, e infine mai così tanti esponenti del mondo politico come Sánchez, Iglesias, Rivera, Garzón, il ministro della cultura Méndez de Vigo a cui nessuno le ha mandate a dire, tantomeno l’ottimo conduttore della serata, il malagueño Dani Rovira, e infine anche la alcadesa de Madrid, Manuela Carmena. No, Rajoy non c’era, per lui c’era giusto un tv al plasma, come ha scherzosamente stilettato Rovira. Circa l’innalzamento dell’IVA al 21% voluto dal Partido Popular di Rajoy, il conduttore fa sapere ironicamente che per lui è giusto: «Se mi dicono che alzano l'IVA agli yacht, non mi interessa, perché non ho lo yacht. Be, succede lo stesso al Ministro delle Finanze Montoro con la cultura (perché non ne ha, ndr)». E parte l’applauso. Così come sono partiti applausi ad ogni vigorosa parola del nuovo Presidente de la Academia de Cine, Antonio Resines, che succede a Álex de la Iglesia, e gli applausi al Goya de Honor a Mariano Ozores, gran commediante snobbato da critica e accademie, ma non dal pubblico che ha sempre riempito le sale per guardare i suoi film. Insomma, i Goya, anche già soltanto da un punto di vista politico e sociale battono i David e Venezia.
Torniamo al cinema. A trionfare è Truman di Cesc Gay che si porta a casa cinque delle sei nominazioni ottenute: Javier Cámara e Ricardo Darín come migliori attori, Cesc Gay per la regia, la sceneggiatura originale e infine il miglior film. Mentre il vincitore morale della serata è giustamente, come già avevo fatto notare in sede di recensione del film, A cambio de nada: miglior attore rivelazione dell’anno a Miguel Herrán e miglior regista esordiente a Daniel Guzmán. Per loro, il momento più alto e sentito della serata. Il giovane attore malagueño, scelto dal regista dopo averlo incrociato per strada nel quartiere natio di Málaga, con un discorso pulito, limpido, conciso e sincero, prima ringrazia la madre per essere sempre stata al suo fianco e poi, in lacrime, ringrazia il regista con queste intense parole: «hai fatto sì che un ragazzo di strada, senza illusioni, senza voglia di studiare, senza che gli piacesse nulla, scoprisse un nuovo mondo e gli venisse voglia di studiare, di lavorare e di aggrapparsi a questa vita come se non ce ne fosse un’altra. Mi hai dato una vita, Daniel, grazie». Dal canto suo, Daniel Guzmán, come regista ringrazia tutti, ma le sue lacrime sono tutte per sua nonna Antonia Guzmán che nel film interpreta un alter ego di se stessa, essendo A cambio de nada una versione romanzata di alcuni aspetti biografici del regista stesso che da ragazzo trovò rifugio proprio dalla nonna. Un’interpretazione, quella di Antonia Guzmán, che le è valsa la nominazione alla miglior attrice esordiente, premio che è poi andato a sorpresa a Irene Escolar per Un otoño sin Berlín, mentre la miglior attrice protagonista è stata un’altra andaluza doc, già baciata dal Goya nel 2014 per Vivir es fácil con los ojos cerrados: Natalia de Molina per Techo y comida, film gemello di A cambio de nada per tematiche e stile.
Gli altri titoli più importanti della serata, ovvero La novia, Un día perfecto, El desconocido e Nadie quiere la noche, se non hanno trionfato hanno comunque portato a casa premi di tutto rispetto. Fernando León de Aranoa conquista il miglior adattamento per Un día perfecto; l’altra coproduzione in gara, Nadie quiere la noche di Isabel Coixet vince i Goya per il trucco, i costumi, la direzione artistica e la colonna sonora originale a Lucas Vidal, vincitore anche per la miglior canzone insieme a Pablo Alborán per Palmeras en la nieve. Sue le prime parole più significative della serata: «Voglio dedicare il premio a tutti i giovani che adesso staranno guardando la televisione, perché con sforzo e sacrificio lottino per i loro sogni e non semplicemente continuando a sognare e basta. […] Viviamo in un paese stupendo dove ci sono un sacco di possibilità. Abbiamo un cinema fantastico e…be nulla; incitare i più giovani che tutto è possibile!».
Bottino invece amaro per l’opera più interessante, espressivamente parlando, in gara ai Goya. La novia di Paul Ortiz, rifacimento tra il fedele e lo sperimentale della tragedia lorquiana Bodas de sangre, conquista solo la miglior fotografia e il premio per la miglior attrice non protagonista a Luisa Gavasa. Il thriller adrenalinico con sottotesto politico diretto da Dani de la Torre e con protagonista il grande Luis Tosar, El desconocido, porta a casa il miglior montaggio e il miglior sonoro.
Considerando che, come fa notare Lucas Vidal, attivo tra Madrid e Los Angeles, all’estero il cinema spagnolo è tenuto in altissima considerazione, anche i premi più tecnici sono motivo di vanto e di gran lustro perché focalizzano l’attenzione su un settore che storicamente nel cinema europeo, troppo “autoriale”, viene visto come una questione puramente commerciale.
Vanno segnalati i Goya a El clan (Argentina), di Pablo Trapero, come miglior pellicola ispanoamericana, Mustang (Francia), come miglior pellicola europea, Hijos de la tierra, come miglior corto documentario e l’animazione spagnola, tra le più interessanti al mondo, che premia come miglior corto di animazione Alike – purtroppo non vince il bellissimo Víctimas de Guernica in stop motion – e il film d’animazione Atrapa la bandera.
Piccola nota conclusiva: se qualcuno conoscesse gli scienziati che organizzano le serate del David di Donatello e del Festival di Venezia, gli dica di guardarsi il gala dei Goya e di imparare come si fanno certe cose. Certo, effettivamente servirebbe avere anche lo stesso cinema, vitale, plurale, vario, che hanno gli spagnoli. A riguardo va pure detto come durante la serata, attori cinematografici e televisivi si siano amalgamati tra loro come se non ci fosse nessuna differenza classista; inoltre, non pochi premiati hanno voluto dedicare e condividere il proprio Goya con gli altri sfidanti. Ricardo Darín, grande attore argentino molto amato in Spagna e già diventato parte fondamentale del panorama cinematografico peninsulare, riprendendo le precedenti parole di Fernando León de Aranoa, dice: «Fernando León ha detto una cosa che mi è molto piaciuta: “i film non competono tra di loro”, e nemmeno noi attori lo facciamo, piuttosto sumamos, sommiamo, facciamo gruppo. Mi congratulo con tutti coloro che sono stati nominati perché questo è ciò che fa crescere il cinema, che gli permette di andare avanti, di funzionare». E conclude con un appello ai politici in sala: «Ai signori politici: che facciano qualcosa per la cultura perché è l’unica cosa che c’è da fare. Nient’altro».
PS: una nota polemica ci vuole. Posso chiedere gentilmente a chi inserisce i film in archivio di utilizzare il titolo originale spagnolo o tutt'al più quello italiano se è stato distribuito in Italia? Non solo ci metto gli anni a trovare il film per inserirlo nelle tag, ma è sconfortante, deludente e ridicolo che film spagnoli portino titolo in inglese in questo database. Non stiamo parlando del cinema thailadese, russo o afgano che per ovvi motivi non solo viene tradotto, ma proprio traslitterato, stiamo parlando del cinema spagnolo. Grazie.
Link:
Tutti i premiati:
https://www.premiosgoya.com/30-edicion/premios/por-categoria
I video con i discorsi dei premiati:
http://www.rtve.es/noticias/los-goya
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