Non esistono più i telecomandi di una volta. E se pensate che la cosa non vi riguardi seguitemi e cercherò di convincervi che vi sbagliate, almeno un po'. Intanto una breve premessa: adblock è un software da installare sul proprio computer - una famiglia di software per la verità - che fa esattamente quello che promette: blocka le pubblicità (ADvertising) sui siti internet. Chi installa adblock quindi continua a navigare e a fruire dei contenuti mentre il software blocca i banner e i video pubblicitari. Un'apparente manna dal cielo per gli utenti che ritengono di essere bersagliati da eccessive pubblicità quando navigano in rete (salvo verificare nel tempo che parecchie funzionalità dei siti vengono inibite dal software) e al tempo stesso un serio problema per gli editori online che in tal modo vedono ridursi i banner erogati pur continuando a fornire i contenuti in maniera gratuita. Io non ho mai installato adblock perché se scelgo di visitare siti che producono contenuti e mi mettono a disposizione servizi che reputo validi in forma gratuita penso di dover anche accettare come parte dello scambio che l'editore mi proponga dei banner quando questa è l'unica cosa che, in un certo senso, pago: l'idea che su internet tutto debba essere gratis è già stata smantellata da tempo e la soluzione adblock è quindi fuori tempo massimo. La nuova generazione di software sta infatti cambiando costumi e modalità e, a partire da ottobre, ha comunicato di avere aderito ad un sistema che avrebbe la missione di lasciar passare determinate pubblicità ritenute accettabili da un gruppo di "esperti imparziali". L'adesione di adblock a questo programma è stato mal accolta dalla community di utenti del software soprattutto perché in contemporanea il fondatore ha anche annunciato di essere stato comprato da misteriosi acquirenti gettando così una meritata ombra di discredito sul software e sul suo funzionamento.
Se da un lato una fruizione gratuita e consapevole della rete deve prendere per scontata l'esistenza e l'erogazione dei banner, al tempo stesso contesto la semplice affermazione che gli utenti debbano accettare qualsiasi forma pubblicitaria e che se non gli va bene sono liberi di andare a cercare informazioni altrove. Certo, un utente può sempre decidere di non frequentare un sito a causa del tipo e della quantità di pubblicità esattamente come io posso scegliere di non guardare un film quando mi viene proposto intervallato da interminabili cluster pubblicitari su determinati canali televisivi, ma se c'è una cosa che differenzia la rete dalla televisione è anche questa: sulla rete gli utenti possono esprimersi e mentre guardano la tv invece no. Negare questo livello di interazione significherebbe per me negare l'essenza stessa della rete. Per questo penso che dovrebbe essere interesse degli inserzionisti avere dei sistemi per misurare il livello di gradimento o almeno di tolleranza agli annunci da parte dell'audience, un sistema di feedback attraverso il quale gli utenti possano segnalare pubblicità fastidiose. Se una campagna viene reputata intollerabile da un numero elevato di utenti l'inserzionista potrebbe dedurre che è giunta l'ora di cambiare tipo di comunicazione. Se semplicemente gli utenti "cambiano canale" lo scoprirà troppo tardi per porvi rimedio.
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