
Mi ha colpito quanto affetto, quanta memoria e quanta partecipazione vi siano stati, in questi giorni per la ricorrenza legata alla serie "Ritorno al futuro", di Zemeckis, celebratasi ieri 21 ottobre 2015.
Per chi si sia distratto, ieri era semplicemente il giorno in cui i due protagonisti, Marty e Doc, approdavano nel futuro nel film Ritorno al futuro II. A festeggiare quella data sono stati un po’ tutti: da Obama in giù. Ci hanno pensato le marche che apparivano nel film, producendo con scaltro tempismo cose come le scarpe Nike indossate da Marti nel *suo* 2015 o la bottiglietta della Pepsi presente nel filmi. Ci hanno pensato i cinema che ieri hanno trasmesso in fila i primi due film della trilogia. E ci hanno pensato un sacco di persone sui social network, in un tripudio di citazioni e una ressa di meme, un diluvio di “questo lo avevano predetto” e di ragionamenti sullo sguardo che abbiamo sul futuro.
A colpire però non è soltanto l’affetto dimostrato per i film della trilogia: la serie è stata di grande successo e ancora adesso ogni passaggio in tv (passaggio invero abbastanza frequenti) cattura pubblico.
Quel che colpisce è la natura diffusa e virale della celebrazione: è evidente che i tre film di Zemeckis sono entrati lentamente nell’immaginario collettivo di questo tempo, sono diventati un patrimonio pubblico, appartengono a tutti. Non è cosa da poco: per quante opere analoghe possiamo dire che sia accaduto lo stesso? Non molte. E non stiamo parlando di cinema d’autore o di capolavori del passato. Stiamo parlando di un onestissimo prodotto, ideato e diretto da un abilissimo <i>director</i>, di trent’anni fa, era moderna: una commedia gradevole e per molti versi geniale. Senza che me ne accorgessi (o meglio, forse a rifletterci me ne sarei accorto anche prima, ma non avrei saputo prevedere tanta attenzione) la trilogia di Zameckis è diventata un classico di culto. Collettivo, per di più.
Questo dimostra, se non altro, la potenza del cinema: scriversi nel corpo sociale, influenzarlo e farsi influenzare, in un gioco di rimbalzi, rappresentarlo ed esser da esso rappresentati.
Ma di ciò che viene prodotto oggi, o meglio, di ciò che è stato prodotto negli ultimi anni, cosa ancora ha questa forza? Cosa nel futuro, tra dieci o vent’anni o anche più, verrà celebrato dal presidente americano di turno (o dal suo pari rango del futuro?). Cosa troverà un rimbalzo così forte da far giocare tutta l’umanità?
Ci penso e non lo so. Se qualcuno lo sa, me lo dica. E se non lo sa si provi a spiegarmi il perché o per lo meno a riflettere insieme a noi: siamo cambiati noi? È cambiato il cinema? E cosa, del cinema, è cambiato? Oppure è solo questione di tempo (appunto...): magari il prossimo cult uscirà a Natale e ancora non lo sappiamo.
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