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Ho colto subito al volo la proposta di Gervasini di scrivere ad Adriano Aiello e raccontare la storia del proprio cinecircolo o cineclub o realtà cinefila d’essai che sia. Io, purtroppo, quella realtà è da un po’ che non la conosco più, ma gli ho scritto lo stesso con tutto un altro obiettivo che mi fa piacere condividere qui con voi, pubblicamente, e vedere che cosa succede.

Mettiamo le carte in tavola e che siano scoperte. Io sono di Abbiategrasso, provincia sudovest di Milano, tra il Naviglio e il Ticino. Paesone storicamente a vocazione contadina e poi industriale (BCS, Mivar, Siltal…), ben collegata con la Milano dei navigli, qualche sussulto culturale tra gli ’80 e i ’90, mentre oggi invece, pur fregiata come città slow e comune fiorito (sic!) e con gli eventi culturali degli ultimi vent’anni ancora al vaglio dei posteri (Abbiategusto, Festival del Teatro di Strada, Notti bianche, Tabù Festival purtroppo già depennato dalla giunta per proteste di illuminati consiglieri comunali), sembra essersi addormentata e girare su stessa. So di essere un po’ disfattista quando parlo del mio paese, ma sono sempre stato impegnato in prima persona per la cultura e mi sento quindi di bacchettare anche qualche mano ogni tanto.

Tra le diverse cose a cui ho partecipato c’è stato anche un cineforum organizzato dal Cinecircolo Diego Fabbri di Abbiategrasso, nato se non sbaglio nei primi anni ’80 da un gruppo di appassionati legati all’ambiente oratoriano, che ha chiuso i battenti con la stagione 2013. Io da qualche anno non ne facevo più parte, ma vi ho collaborato per circa dieci anni.

A tutt’oggi in Abbiategrasso, cittadina di più di 30.000 abitanti, manca una sala cinematografica decente. Il cineforum originariamente era ospitato al Cine-Teatro Nuovo di Abbiategrasso, una struttura parrocchiale, la stessa parrocchia dei fondatori del Cinecircolo per intenderci. Col tempo però la struttura è state resa inagibile ed ecco il trasloco nell’unica altra sala cinematografica di Abbiategrasso, anch’essa parrocchiale. Va da sé che essere così strettamente legati ad una parrocchia, nonostante il prezioso aiuto, ha comportato comunque dei problemi. Ricordo che in quaresima il monsignore ci obbligava a sospendere le proiezioni e ricordo anche la rimozione di alcuni cartelloni ritenuti inappropriati come quello di Sonatine (1992) e di Al di là delle nuvole (1995). Non si sputa certo nel piatto in cui si è mangiato, ma è anche vero che un cineforum serio e che si rispetti dovrebbe avere un luogo tutto suo, deputato allo scambio culturale libero, laico e apolitico. A prescindere da ogni contingenza locale.

Così, quando ho letto l’editoriale di Gervasini dedicato ai cineforum, in occasione dell’avvio degli incontri cinematografici al Cinema Beltrade di Milano, ho avuto una scarica di adrenalina che mi ha percorso tutto e mi ha fatto tornare la voglia di fare qualcosa di concreto per il mio paese (mulini a vento donchisciotteschi?). Ho scritto così ad Adriano Aiello, più che per raccontare un’esperienza cinefila, per chiedere come fare per costituire ex novo ed avviare anche burocraticamente un cineclub. Infatti, il mio obiettivo non è nemmeno poi così piccolo. Il cineclub dei miei sogni vorrebbe infatti essere una realtà capace di proporre una serie di attività importanti:

-una rassegna cinematografica regolare, il cineforum;

-rassegne cinematografiche tematiche occasionali;

-supporto alle scuole per corsi di educazione all’immagine, critica e teoria del cinema, più ovviamente a rassegne cinematografiche mirate;

-supporto alle associazioni locali e del territorio quando necessitano di una consulenza ed un aiuto concreto in campo cinematografico.

Forse ho alzato un po’ il tiro (o il gomito), che dite? Magari mi dovrei limitare solo al classico cineforum, ma è più forte di me: ci tengo davvero tanto alla formazione. Sarà che sono un professore (per ora ancora in attesa di chiamata), ma credo moltissimo nell’istruzione, e in un’epoca fatta di immagini in sovrabbondanza è necessario educare gli adulti come i più giovani.

Educare all’immagine, al racconto cinematografico, alle sue tecniche, alle sue forme, ai suoi contenuti attraverso l’indagine tematica, e soprattutto educare alla sua storia, importante tanto quanto quella letteraria, se non di più, perché è lo specchio sociale limpido e cristallino di un paese, è un dovere necessario ed urgente per crescere nuove generazioni capaci di accedere al sapere liberamente e con criticità di pensiero. Se non ci pensano le istituzioni ci dobbiamo pensare noi militanti che amiamo la settima arte e non abbiamo perso le speranze per un ricambio generazionale dignitoso.

Perché questo post, quindi? Perché così, grazie alla gradita risposta di Aiello e a qualche vostro suggerimento tecnico, operativo, burocratico, etc., chissà mai che riesca a mettere in piedi una realtà capace di andare oltre l’associazionismo e il volontariato e sappia essere una risorsa importante e professionale per il territorio.

Grazie a tutti per i consigli!

Si accettano volentieri aiuti diretti e concreti.

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