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CORPO E PUGNI. Pugile e pugilato nel cinema.
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Gli uomini fanno a botte dalla notte dei tempi. Non è una novità. Anche nel mondo antico il combattimento corpo a corpo a pugni bendati per coprire le nocche, e magari per nasconderci delle placche di metallo, era una disciplina conosciuta e praticata. Essendo i pugni il primo mezzo istintuale di difesa e attacco di un essere umano, non c’è da stupirsi che il pugilato fosse tenuto in grande considerazione dal mondo atletico trovando anche in Omero forse il suo primo cantore: nel XXIII canto dell’Iliade è Epeo il campione della pugna, è lui che si distingue nel pugilato durante i giochi funebri voluti da Achille per onorare Patroclo. Così come si trovano affreschi di pugili in combattimento nella Grecia Antica e la famosa scultura greca attribuita a Lisippo, Pugile a riposo, risalente al IV secolo a.c. e che ci documenta della nascente pratica pugilistica.

È chiaramente poi in epoca moderna che il pugilato diventa un’attività sportiva con regole ed un mondo preciso di afferenza, compresi, nel tempo, anche mitologie e filosofie di vita, con coordinate culturali ben precise. Già dal XI secolo era conosciuto come la nobile arte perché richiedeva una disciplina fisica e spirituale che facesse emergere nell’atleta forza, coraggio, intelligenza e velocità. Con il XVIII secolo nascono le prime regole ufficiali e il pugilato si evolve modernamente entrando nel XIX secolo più consapevole delle sue qualità come dei suoi rischi. Nel 1865 infatti le regole verranno riscritte su base scientifica trasformando la boxe in uno sport meno violento, fatto di abilità e destrezza.

Viene considerato a giusta ragione lo sport più cinematografico del mondo per un aurea di romanticismo fatta di disperazioni, cadute e risalite, inferni e redenzioni che ben si prestano al racconto esemplare cinematografico. Nonostante questo suo riconosciuto appeal, il pugilato non è lo sport più visitato dalla settima arte. Consultando i dati dall’Internet Movie Database, spulciando tematicamente tra le plot keywords, leggiamo che ci sono 659 film che contengono la parola boxer, il pugile; 359 contenenti la parola boxing, ovvero pugilato; e 123 la coppia di termini boxing match, ovvero l’incontro di pugilato che se non è necessariamente il motivo caratterizzante di un racconto di boxe, è sicuramente l’elemento narrativo che ci conferma il genere.

Il basket invece sfoggia ben 1.359 titoli, ma solo 40 contenenti la coppia basketball movie: dopotutto, un conto è un film tematizzato sul basket, un altro conto è un film in cui il basket è solo un motivo, un tema secondario articolato in pochi segmenti narrativi. Anche il baseball, sport nazionale americano, può vantare un complesso di ben 1.444 titoli, che scendono drasticamente a 51 se cerchiamo la coppia baseball movie. Lo stesso accade con l’altro sport americano per eccellenza, il football che vanta 1.184 pellicole che lo contengono, contro i 25 titoli che rispondono all’etichetta football movie. A seconda di come si leggono e si interpretano questi dati (1) il pugilato può essere lo sport più raccontato al cinema (123 titoli contro i 40 del basketball movie e i 25 del baseball movie e del football movie), come non esserlo (un totale di 659 film che trattano la figura del pugile, quindi non necessariamente un film sul pugilato, contro i 1.444 del basket, i 1.359 del baseball e i 1.184 del football americano).

Nel caso fosse davvero lo sport più raccontato dal cinema o almeno lo sport che più romanticamente si adatta al fascino del grande schermo e alle sue narrazioni, non dovremmo stupirci. “Nel cinema l’attore che interpreta un ruolo di pugile si trova a contatto con una realtà che pone, nonostante tutti i possibili trucchi di montaggio, una verità fisica del corpo, del suo trovarsi implicato nella violenza del set e del suo trasmettersi al personaggio che invece risalta nel film. Per questo, in una certa misura, ogni film di pugilato somiglia alla pratica della boxe con l’ombra, quando ci si batte contro se stessi” recita la quarta di copertina di Boxare con l’ombra, di Alessandro Cappabianca (2).

La verità fisica del corpo è da sempre per chi scrive la caratteristica fondamentale dell’essere attore, o meglio, dell’attore come segno. La voce e le sue modulazioni, l’idioletto come il socioletto, l’emotività del personaggio e altri tratti tecnici attoriali non sono affatto da meno, ma il corpo, nella sua manifestazione cinesica, è il primo nostro contatto con il mondo che ci circonda, con le persone e gli oggetti che abbiamo intorno. La prossemica già chiarisce questa importanza di vicinanza o lontananza dal resto del mondo e non possiamo, né dobbiamo credere, all’attore solo come parto del metodo stanislaschiano. La visibilità dell’attore e del suo corpo, quindi dell’uomo, è il tratto fondamentale della sua esistenza come personaggio, figura archetipale o paradigma mitico.

Poche sono quelle situazioni in cui un attore può utilizzare la propria fisicità ottenendo il massimo di verità e visibilità del segno attoriale: le scene di nudo in ogni loro implicazione, dalla scena di sesso, dall’intimità condivisa degli spogliatoi, dalla sfida alla natura; e i momenti shirtless in cui il torso umano è al centro della narrazione come nei combattimenti corpo a corpo come nel pugilato. Ridotti ai minimi termini le situazioni tipo massimamente fisiche per un attore sono le scene di nudo e l’incontro di pugilato o similia (lotta, scazzottata clandestina, kickboxing, etc.).

Ecco che le parole di Cappabianca chiudono il cerchio e spiegano bene come il pugile sul ring a boxare contro l’avversario possa ben essere anche la metafora dell’attore, l’attore fisico, che boxa con se stesso sfidando le proprie ombre e i propri limiti attraverso quelli del personaggio. Non è un mistero che i pugili del grande schermo siano sempre stati, al netto delle commedie, personaggi oscuri, disperati, romantici e titanici, come il Bily Hope di Jake Gyllenhaal in Southpaw (2015) e tanti altri che l’anno preceduto. Nel film di Antoine Fuqua, regista molto estetico sul modello di Tony Scott, il pugilato è il tema dominante di una lotta interna, quella del protagonista con i suoi spettri, le sue colpe, le sue dipendenze e i suoi fantasmi, e una lotta esterna, quella con il sistema, con la legge e gli assistenti sociali, con il mondo della boxe e il capitalismo barbaro. I toni sono scuri e la fotografia aiuta ad annerire gli interstizi drammatici sia in scena che sul volto di Gyllenhaal. Il regista dal canto suo, spesso e volentieri si allontana dai suoi personaggi e dagli ambienti, carrello a retrocedere, per abbandonarli, isolarli nella loro realtà anche quando a fine pellicola il riscatto è ormai avvenuto e l’occhio curioso dell’istanza narrativa può finalmente andarsene.

Southpaw, ovvero il tiratore mancino, è anche una rassegna dei temi e dei topoi cari al genere pugilistico. Non solo il protagonista deve lottare per riscattarsi, ma la sua fisicità e nudità innervano molte scene, dagli allenamenti ai combattimenti, dalle cure delle ferite alle docce negli spogliatoi: il pugile o l’atleta senza nudità sarebbe un personaggio ontologicamente dimezzato e inefficace. Altri temi cari al genere sono la corruzione dell’ambiente, l’adolescenza difficile e la rabbia sociale, il riscatto personale, il gusto per la sfida, un vecchio conto da chiudere, l’autodistruzione, l’alcolismo o altre dipendenze.

Alle tematiche più trattate si aggiungono i tre personaggi tipici del racconto pugilistico: pugile, allenatore e procuratore. I primi due sono fondamentali e imprescindibili. Se c’è un racconto sulla boxe dilettantesca o professionale là c’è un pugile ed il suo allenatore, ovvero l’attore e il suo regista. La figura del procuratore, il manager, non è necessariamente fondamentale, ma in tante pellicole ricopre un ruolo importante per lo sviluppo drammatico della vicenda. Spesso è avido e senza scrupoli, vende i suoi atleti senza rimorsi e combina gli incontri. Totalmente diverso è il ruolo dell’allenatore, trasversale in più generi sportivi, strettamente legato all’archetipo del vecchio saggio. Padre putativo, figura adulta di riferimento, l’allenatore è da sempre un ruolo affascinante nel cinema, paradigma dell’istanza registica, ma anche della figura istitutrice, spesso anche fuori canone.

Come sul ring si sono succeduti grandi nomi come Robert Ryan, Paul Newman, Kirk Douglas, Jon Voight, Sylvester Stallone, Robert De Niro, Daniel Day-Lewis, Danzel Washington, Woody Harrelson, Mark Wahlberg, Brad Pitt, James Franco, Josh Hartnett, Miguel Ángel Silvestre, Jake Gyllenhaal, Mickey Rourke, Hilary Swank e anche Charlie Chaplin, Stanlio e Ollio e Franco e Ciccio, all’angolo si sono seduti Clint Eastwood, Gene Hackman, Christian Bale, Forest Whitaker, Morgan Freeman in La forza del singolo (1992), Bud Spencer in quel piccolo capolavoro umoristico e drammatico che è Bomber (1982) fino agli stessi Sylvester Stallone e Robert De Niro che continuano a distanza la sfida iniziata con Il grande match (2013): il primo, in Creed (2015), torna a vestire i panni di Rocky Balboa per allenare il figlio dell’amico Apollo; il secondo vestendo i panni di Ray Arcel lo storico allenatore di Roberto Durán in Hands of Stone (2016).

Dal dramma alla commedia, passando per la tragedia, sgranando varie tematiche e con alcune variazioni sul tema come la boxe femminile in Million Dollar Baby (2004) – capolavoro del genere insieme a Stasera ho vinto anch’io (1949), Il grande campione (1949), Lassù qualcuno mi ama (1956), Rocky (1976), Toro scatenato (1980) e Alì (2000) – e tematiche queer come Fighting Tommy Riley (2004) e Beautiful Boxer (2003), il genere pugilistico, che pur non avendo mai “abbassato la guardia” sta godendo di una nuova e fiorente stagione produttiva anche grazie alla rinnovata estetica edonistica del terzo millennio, ha sempre rispettato i canoni del film sportivo proponendo storie edificanti e di riscatto umano attraverso una narrazione topica e una modulazione riconoscibile.

La nobile arte della boxe che protegge gli ultimi e strappa dalla strada giovani sbandati, la stessa nobile arte che dignifica il sacrificio e le privazioni in cerca di una virilità genuina, è un paradigma tra i più sentiti del linguaggio cinematografico.

Note.

(1) I dati presi da Imdb sono aggiornati al 17 settembre 2015.

(2) CAPPABIANCA Alessandro, Boxare con l’ombra. Cinema e pugilato, Le Mani Editore, Genova 2004.

FILMOGRAFIA.

1915 CHARLOTTE BOXEAUR

1927 THE RING – VINCI PER ME

1931 IL CAMPIONE

1932 PUGNO DI FERRO

1939 PASSIONE

1942 IL SENTIERO DELLA GLORIA

1947 ANIMA E CORPO

1949 STASERA HO VINTO ANCH’IO

1949 IL GRANDE CAMPIONE

1952 THE RING

1956 LASSÙ QUALCUNO MI AMA

1956 IL COLOSSO D’ARGILLA

1957 QUANDO LA BESTIA URLA

1962 PUGNO PROIBITO

1962 UNA FACCIA PIENA DI PUGNI

1971 I DUE ASSI DEL GUANTONE

1972 CITTÀ AMARA

1974 LOS GOLPES BAJOS

1975 L’EROE DELLA STRADA

1975 LET’S DO IT AGAIN

1975 MANDINGO

1976 ROCKY

1976 IL RICCO E IL POVERO

1978 FILO DA TORCERE

1979 IL CAMPIONE

1979 MA CHE SEI TUTTA MATTA?

1979 ROCKY II

1979 PENITENTIARY

1980 TORO SCATENATO

1982 ROCKY III

1982 PENITENTIARY II

1982 BOMBER

1984 BOXER

1985 ROCKY IV

1987 THE BOXER

1987 L’ULTIMO ROUND

1987 PENITENTIARY III – GUANTONI INSANGUINATI

1988 HOMEBOY

1988 BOXE – SPLIT DECISIONS

1989 OLTRE LA VITTORIA

1990 ROCKY V

1990 THE BIG MAN

1992 LA FORZA DEL SINGOLO

1992 LA NOTTE DELL’IMBROGLIO

1996 THE MOUSE

1996 QUANDO ERAVAMO RE

1998 OMICIDIO IN DIRETTA

1999 HURRICANE

1999 INCONTRIAMOCI A LAS VEGAS

2000 GIRLFIGHT

2000 SNATCH – LO STRAPPO

2000 PRICE OF GLORY

2001 ALÌ

2002 UNDISPUTED

2004 FIGHTING TOMMY RILEY

2004 BLACK CLOUD

2004 I RAGAZZI DEL REICH

2004 AGAINST THE ROPES

2004 MILLION DOLLAR BABY

2004 THE CALCIUM KID

2005 CINDERELLA MAN

2006 ROCKY BALBOA

2006 ANNAPOLIS

2006 THE BLACK DAHLIA

2006 LA DISTANCIA

2007 POOR BOY’S GAME

2007 CARNERA – IL CAMPIONE PIÙ GRANDE

2007 LA RIVINCITA DEL CAMPIONE

2008 PHANTOM PUNCH

2009 THE BOXER

2009 CHAMACO

2009 CORDE

2009 FROM MEXICO WITH LOVE

2010 THE FIGHTER

2011 WARRIOR

2011 KNOCKOUT – BORN TO FIGHT

2011 TIBERIO MITRI

2011 TATANKA

2012 ACQUA FUORI DAL RING

2013 ALACRÁN ENAMORADO

2013 IL GRANDE MATCH

2015 SOUTHPAW

2015 CREED

2016 HANDS OF STONE

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