Sapete, per un bolognese come me, la strage alla stazione del 2 Agosto 1980, è una cosa seria. Non è oggetto di divertimento, fraintendimento ed alleggerimento. Per Bologna, il 2 Agosto è qualcosa da prendere con le molle. Ecco che in questo contesto si inserisce, per celebrare il 35esimo anniversario della strage, La linea gialla, triste fiction di stampo televisivo, spacciata vigliaccamente per rigoroso docufilm, con al centro un assunto interessante, ma realizzato in maniera sciatta e involontariamente comica. Avendo la pretesa di raccontare il possibile futuro della vittima più giovane di quell’infausto giorno di Agosto, La linea gialla resta solo una promessa mancata, lasciando queste belle intenzioni prigioniere della penna del suo confuso sceneggiatore/regista e di fatto raccontando la storia di una svampita maggiorata a passeggio per città turrita. Incontri improbabili, dialoghi al limite dell’assurdo, imbarazzati sguardi in macchina e una regia al limite dell’amatorialità, fanno da corollario ad una trama confusa, mal realizzata e ancor peggio interpretata. Grandi assenti, la Storia, la strage e quella ferita incolmabile che una città come la mia, porta impressa da ormai da 35 lunghissimi anni. Mentre l’ignoranza si traveste da sogno e l’indifferenza da utopia, La linea gialla si conferma pellicola sinceramente presuntuosa e scioccamente consolatoria, come solo il peggior cinema, quello spocchioso e sordo dei salotti buoni, riesce ad essere.
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