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The Douglas
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Questo non è un vero e proprio post, ma quando vedo o penso a Michael Douglas penso sempre anche a suo padre, il grande Kirk Douglas uno dei più grandi attori di sempre con anche un certo peso politico come i migliori dell’epoca da Lancaster a Aldrich. Sarà che Douglas padre ha interpretato con fisicità evocativa molti film western indimenticabili – L’uomo senza paura (1955), Sfida all’OK Corral (1957), Il giorno della vendetta (1959), L’occhio caldo del cielo (1961), Uomini e cobra (1970), Quattro tocchi di campana (1971) – sarà perché anche in altre vesti è stato efficace e dirompente come un candelotto di dinamite – 20.000 leghe sotto i mari (1954), Spartacus (1960), Solo sotto le stelle (1962), Holocaust 2000 (1977), Fury (1978) – sarà, sarà, sarà… Ma dal western al dramma, dall’horror alla sci-fi, cavalcando sui cambi epocali e generazionali del genere, chiudendo purtroppo in parabola discendente negli anni novanta con le solite commedie di rattoppo, Kirk Douglas è stato tra i più grandi rappresentanti della vecchia America, quella rustica e pratica, quella democratica e tollerante, avventurosa e antagonista. Il mio amico Kris Kristofferson lo chiamerebbe un “old american”.

Il figlio ha preso molto del padre. Ha solo sbagliato epoca. Fatto un mito, difficile farne un secondo. Nei decenni della liquidità postmoderna Michael Douglas ha prestato il suo volto a molti film di genere, drammi e commedie, diventando icona liquida con una manciata di ruoli pop e autoriali allo stesso tempo – Attrazione fatale (1987), Wall Street (1987), Basic Instinct (1992). Dopo il primo ruolo da protagonista nel 1972 con il disneyano Due ragazzi e un leone, film visto e rivisto durante la mia infanzia, fa il botto proprio nei ’70: prima con il mitico serial televisivo Le strade di San Francisco (1971-1976), e in seguito con Coma profondo (1978) e Sindrome cinese (1979), per diventare simbolo degli ‘80 grazie a titoli come All’inseguimento della pietra verde (1984), Il gioiello del Nilo (1985) – tra gli imperdibili per noi bambini degli ottanta – e ai già citati film cult. Subisce una flessione dopo l’iconico sexy-thriller con Sharon Stone e quasi tutti i film successivi non gli portano la fortuna del decennio precedente né tantomeno l’iconicità che aveva maturato.

Nonostante questo, titoli come Un giorno di ordinaria follia (1993), Spirti nelle tenebre (1996) e The Game (1997) restano film di buona fattura, sempre molto godibili ad ogni nuova visione. Oggi sembra molto rilanciato. Dopo la battuta d’arresto successiva a Vizi di famiglia (2003) – con il padre Kirk e il figlio Cameron – ritorna quasi rigenerato, ma anche un po’ sbollito. The Sentinel (2006) fa da apripista a una nuova fase della sua carriera, fatta di alti e bassi, ma anche di titoli interessanti. Spicca la partecipazione a Traffic (2000) e a Wonder Boys (2000), e spiccano titoli come Alla scoperta di Charlie (2007), Solitary Man (2009) e Dietro i candelabri (2013). Mentre i film e le fortune sono alterne, a non risentire incostanza è proprio lui, l’attore, sempre solido, ruvido come il padre, a volte pure viscido – soprattutto quando a doppiarlo era Oreste Rizzini – perfetto anche in Beyond the Reach (2014) e si spera nei tanti film futuri.

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