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Welcome to the Hotel California! Al cinema con gli Eagles
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On a dark desert highway, cool wind in my hair
Warm smell of colitas, rising up through the air
Up ahead in the distance, I saw a shimmering light
My head grew heavy and my sight grew dim
I had to stop for the night …......

 

 Tutte le band che hanno fatto la storia del rock finiscono per essere identificate con uno dei loro brani, è una regola non scritta, una sorta di marchio. Non c'è produzione diversificata o varietà nel repertorio che tengano, alla fine ogni gruppo tende ad essere identificato dalla massa degli “ascoltatori occasionali” con un solo brano, notorietà che alla traccia in questione spesso costa una reazione da parte dei fan più accesi, quelli che hanno ogni disco e conosco ogni pezzo, e che spesso quasi anche un po' per ripicca, non reputano quello stesso brano tra i più belli, tra quelli che meglio esprimono lo spirito della band (qualunque essa sia).

Ma se c'è una eccezione a questa “legge”, ebbene è rappresentata da Hotel California degli Eagles.

Il loro brano più famoso, più conosciuto, è di una bellezza talmente complessa e suggestiva che ben difficilmente anche il fan più acceso non potrà non riconoscere a questo pezzo una sorta di “eccellenza” in una produzione comunque di altissima qualità.

 

 

In bilico fra il country ed il rock, esponenti di spicco di quel west coast sound che negli anni '70 avrà un successo talmente travolgente negli U.S.A. da far arrivare i suoi echi fino a noi, gli Eagles muovono i loro primi passi nel panorama musicale californiano di fine anni '60 in qualità di session men.

Il batterista Don Henley ed il chitarrista Glenn Frey si conoscono in quell'ambiente ricco di fermento, finiscono per lavorare al seguito di Linda Ronstadt (autentica stella della musica country) e lì incrociano la loro strada con quelle del polistrumentista Bernie Leadon e del bassista Randy Meisner.

Nascono gli Eagles , un nome che, al di là delle leggende che circondano la sua origine, contiene già al suo interno l'ambizione di diventare uno dei simboli della musica made in U.S.A.: cosa c'è di più rappresentativo per un americano dell'immagine dell'aquila?

 

Tra il 1972 ed il 1975 gli Eagles pubblicano quattro dischi di grande impatto, e partendo da toni più consoni al country and folk finiscono per avventurarsi in maniera più decisa nei territori del rock, cosa che porterà a non pochi malumori, a qualche defezione e di conseguenza a qualche nuovo arrivo (in particolare Don Felder e Joe Walsh).

E arriviamo così al 20 dicembre 1976, quando una band al culmine del suo successo ma in preda a devastanti conflitti interni pubblica il suo quinto album.

 

 

In copertina la foto di una struttura dalle architetture spagnoleggianti, nascosta tra le palme e avvolta nella malinconica luce del tramonto, l'Hotel California (in realtà l'immagine ritrae il Beverly Hills Hotel, detto Pink Palace, e la sua realizzazione costò un lavoro al limite del maniacale al fotografo David Alexander e all'art director John Kosh)

E, in apertura di disco, una canzone di quelle che spaccano il cuore, note capaci di suggestionare come poche altre l'ascoltatore, e una voce roca (quella di Don Henley) che racconta una storia tra l'onirico e l'allucinato.

Già, perché quando si parla di Hotel California si pensa a quelle note dolcemente malinconiche che introducono la canzone e a quell'incredibile assolo finale che vede intrecciarsi le chitarre di Don Felder e Joe Walsh , ma il discorso cade inevitabilmente su quel testo ricco di richiami e suggestioni.

Le interpretazioni in merito sono state varie, si è parlato di critica feroce a uno stile di vita basato sul materialismo, di ribellione a una vita da rockstar costretta da gabbie virtuali (non ultima certamente la dipendenza dalle droghe) fino ad arrivare a parlare di satanismo, equivoco legato anche alle immagini della copertina interna costellata di strani personaggi.

Qui non ci dilunghiamo oltre anche perché francamente non vi è alcun interesse ad andare a sezionare versi che sono belli proprio perché sono in grado di colpire l'immaginario personale di chi li ascolta. Ognuno insomma ci può e ci riesce a vedere cosa vuole.

Glenn Frey, che quei versi li aveva scritti, anni dopo parlò di "una canzone sull'oscura vulnerabilità del sogno americano, che è qualcosa che conosciamo bene"

Certamente quelle parole di chiusura (“You can check out any time you like but you can never leave” - “puoi lasciare libera la stanza quando vuoi ma non potrai andartene mai”) sono davvero inquietanti.

 

 

La cosa però forse più sconcertante e per taluni versi straordinaria è il fatto che questo splendido brano sia stato utilizzato pochissimo in ambito cinematografico.

Al di fuori di qualche apparizione in serie TV, quali X-files e I Soprano, l'unico film che si può vantare di avere Hotel California nella colonna sonora è Il Grande Lebowski. Ma non nella versione originale, bensì in una cover stile flamengo dei Gipsy Kings.

Insomma c'è un mistero sul perché una canzone così bella che ha venduto milioni di copie abbia avuto un uso così limitato in colonne sonore cinematografiche.

 

 

 

In realtà tutta la produzione degli Eagles non ha goduto di grande successo presso il mondo della settima arte: ricordiamo che Lyin' Eyes, dall'album One of These Nights compare in Urban Cowboy (Urban Cowboy, 1980), mentre una cover di Life in the Fastlane (brano che faceva parte della line up di Hotel California) compare in Fuori di testa (Fast Times at Ridgemont High, 1982) .

Alla fine l'unico brano degli Eagles  che si è ritagliato uno spazio nella storia delle colonne sonore è In the City, un pezzo rock molto grintoso (e abbastanza lontano dall'Eagles-style) che accompagna le battute iniziali deI Guerrieri della notte

 

 

Una curiosità: il brano venne composto da Joe Walsh appositamente per il film (e infatti la versione che si ascolta non è registrata dagli Eagles, ma da un gruppo di session men messo su per accompagnare lo stesso Walsh, tra cui Mike Porcaro alla batteria); solo dopo averlo ascoltato gli Eagles lo inclusero nella scaletta dell'album che stavano completando, che per la cronaca è anche l'ultimo in studio, The Long Run.

 

Concludiamo con le splendide note della canzone cui abbiamo dato largo spazio in questo post, nella versione che apre l'album Eagles Live del 1980, canto del cigno di una band che anni dopo si ritroverà, spinta dall'entusiamo di milioni di fan.

Ma i veri Eagles, quelli che non ascolteremo mai più, sono questi:

 

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Ultimi commenti

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  2. riverworld
    di riverworld

    Grande Gianni.
    Io ho un vago ed incerto ricordo di un film in cui ad un certo punto si ascolta "I can't tell you why", me lo sogno o può essere?

    1. GIANNISV66
      di GIANNISV66

      Può essere vero. Ho fatto una ricerca e ho scoperto che il brano da te citato fa parte della colonna sonora di un film di Alan Parker di cui, francamente, io non avevo sentito parlare e che non ricordo di avere visto: Spara alla Luna, del 1982.

  3. Utente rimosso (bufera)
    di Utente rimosso (bufera)

    Bellissimo! Che nostalgia! Roba da pelle d'oca...ci sono cresciuta...Bravo Gianni, grazie

    1. GIANNISV66
      di GIANNISV66

      Grazie a te :-)

  4. maurri 63
    di maurri 63

    Ciao, Gianni! "Hotel California" è l'unico vero pezzo di statura universale nella produzione altalenante degli Eagles ma, come hai già detto, non il solo bello. Volevo solo aggiungere che non lo si può di fatto inserire nei film: ha costi inaccessibili, perfino Spielberg qualche anno fa, vi ha rinunciato. Questo accade spesso: da addetto ai lavori, tempo addietro ho dovuto rinunciare ad un'opera di Bob Marley (morto da più di trenta anni!!) poiché gli eredi chiedevano una vera fortuna per i diritti. La storia del cinema è lunghissima di "privazioni" in questo senso: ben pochi i pezzi più o meno accessibili (quelli degli Stones, su tutti, molti dei Beatles) e perfino numerosi brani di musica pop italiana vengono costruiti appositamente per il cinema. Poco da fare: finché le leggi internazionali restano quelle, il mercato del disco non entrerà di fatto mai "nel cinema", men che meno in quello d'autore. Non è un caso che anche nel film di Sorrentino, "L'uomo in più", per le medesime ragioni, "I Will Survive" è eseguita dai Cake: le cover, se disponibili, costano tanto meno. In ogni caso, il film della Coppola, "Somewhere", che vinse a Venezia nel 2010 pare sia basato (ma l'autrice non ne ha mai voluto riconoscere questa sua antica dichiarazione) su "Hotel California" che, comunque, si presta a numerose dissertazioni ( in fondo, è un testo molto astratto: tanti possono ritrovarvi le proprie idee, magari anche in contrasto con altri). Un saluto, Mauriz

    1. GIANNISV66
      di GIANNISV66

      Ciao @maurri, una volta tanto direi che.......siamo d'accordo :-)
      In effetti immaginavo che fosse sostanzialmente un problema di costi legati alla concessione, anche se non ho mai letto alcunché in merito né reperito alcuna notizia mentre preparavo questo post (anzi ti ringrazio per l'informazione su Spielberg che non riuscì a utilizzarla, non la conoscevo).
      Stupisce comunque che canzoni che godono di grande fama riescano invece ad essere utilizzate con una certa frequenza (penso ad eesempio a "Don't Fear The Reaper" o a "Sweet Home Alabam").
      Evidentemente sono scelte legate a chi detiene i diritti, non tutti vogliono specularci sopra e magari c'è anche chi capisce che un passaggio cinematografico azzzeccato può rendere quella canzone ancora più importante .

  5. Kurtisonic
    di Kurtisonic

    Indiscutibile ciò che Maurri63 evidenzia, ma la tua riflessione ,Gianni, contiene secondo me anche parte della risposta. Come può un brano così riconoscibile, universalmente adorato, essere complementare ad un'immagine senza sovrapporsi ad essa, senza sfigurarne l'identità? Difficile davvero con Hotel California, e l'eccezione dei Coen lo dimostra, discorso dei diritti a parte, prendono la cover, il rifacimento imbastardito, per trasmettere quell'effetto, il suo richiamo sentimentale che dentro quella scena diventa quasi grottesca, l'emozione profonda della nota musicale originale resta ben lontana. Quella rimane delegata all'ascolto in originale alla propria immaginazione personale che moltiplica e ingrandisce l'effetto della musica. Che poi determinate scene siano indelebilmente legate ad un brano musicale è indubbio, ma raramente s'impadronirebbero dell'inquadratura sostituendosi ad essa, e con un pezzo del genere il rischio c'è. Prendi ad esempio By this river di Eno in La stanza del figlio, o Don't let me be misunderstood in Kill Bill1, è la musica a portarti nella scena e non viceversa. E' la musica che può essere sostituita, non la realtà dell'immagine, vedi cosa fa Scorsese con i pezzi degli Stones. Gli assoli di Hotel california potrebbero sempre esaltare al massimo la scena d'autore come la pubblicità dei pannolini, dunque meglio lo stravolgimento simbolico...Oltre che ringraziarti per la dovizia di richiami e di dati che fai sugli Eagles, ti segnalo il dvd della loro reunion nel 1994, Hell freezes over che contiene la versione acustica di Hotel california ancora un pò diversa da come siamo abituati a sentirla. Ciao.

    1. GIANNISV66
      di GIANNISV66

      Beh in effetti è vero, ci sono brani talmente belli da rubare all'immagine il ruolo di "protagonista".
      Però sono convinto che l'abbinamento è possibile, ci vuole ovviamente molta abilità da parte del regista (forse più che di "abilità" sarebbe corretto parlare di "sensibilità").
      Non è facile, ma un film spesso acquista qualità se riesce ad utilizzare un grande pezzo nel giusto contesto, e viceversa una canzone può acquisire qualcosa se viene legata perfettamente alla scena di un film. Può capitare.
      Grazie Fabrizio!

  6. lragno
    di lragno

    una delle colonne sonore della mia giovinezza, ascoltati nelle notti d'estate in una vecchia renault 5 di un mio carissimo amico a finestrini spalancati (da buzzurri si ma anche da "divulgatori musicali")....a proposito dei diritti ricordo di averli trovati (più di un pezzo) in un bellissimo serial degli anni 80: ralphsupermaxieroe con due attori splendidi ( W.Katt e soprattutto Robert Culp per non parlare della meravigliosa Connie Sellecca, se ben ricordo)...forse per i serial tv il vincolo dei diritti é meno rigido?...
    Saluti e grazie per aver fatto riemergere ricordi cosi preziosi....da custodire!

    1. maurri 63
      di maurri 63

      Si, Iragno: hai afferrato benissimo! La tv può usufruire di diritti a mercato più basso: A) perché già paga annualmente una base indicizzata per trasmettere musica e jingle accessoriati a composizioni casalinghe; B) perché il versamento dei diritti d'autore - soprattutto se la tv ha "apertura" internazionale - è certo e non vincolato dalle leggi di cinematografia attuale. Per fare un esempio: se decido di girare una serie tv, non sono obbligato al versamento di quota in calce, essendo la tv stessa "ente editoriale"; se invece decido di fare un film, purtroppo, sono obbligato: il produttore, infatti, a qualunque titolo sia, non è (per legge di stato) anche editore (non è dunque un distributore) e non può essere esentato dal versamento. E' proprio per questo che (ma ne parlerò in un post nei prossimi giorni) che non riesco a riconoscere alle serie tv la stessa dignità del cinema: come hanno di recente riconosciuto parlando su "micromega" Saverio Costanzo e Mario Sesti, non ci potrà mai essere confronto. La serie è sempre e solo atto commerciale, mai e davvero mai (tranne in un solo caso: "Twin Peaks", ma c'è sempre l'eccezione che conferma la regola) arte; viceversa il cinema, anche quello più commerciale, parte sempre dall'idea dell'arte. Un saluto, M

    2. GIANNISV66
      di GIANNISV66

      Credo che Hotel California sia legata ai ricordi di molti di noi.........

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