Giovedì uscirà nelle sale il docufilm Fela Kuti. Il potere della musica (Finding Fela!, 2014), del regista Alex Gibney (celebre documentarista americano che di recente ha girato anche un docufilm su Frank Sinatra, uno su Steve Jobs e uno su James Brown). Per chi non conosce la leggendaria vita di Fela Kuti, il ruolo che ha avuto nella rinascita dell’orgoglio nigeriano e africano, l’importanza che ha avuto nella musica, sarà una vera scoperta.
Olufela Olusegun Oludotun Ransome-Kuti, poi noto con il nome di Fela Anikulapo Kuti, o - ancor più brevemente - come Fela fu infatti una figura eccezionale sotto molti aspetti. Nato il 15 ottobre 1938 in Nigeria da una famiglia di medio-alto livello: suo padre, ministro protestante, era preside ed ebbe incarichi importanti nel campo dell’istruzione, mentre sua madre era un’attivista anti-colonialista e una femminista.
Nella intenzioni della famiglia Fela sarebbe dovuto essere un medico, come i suoi fratelli, ma quando arrivò a Londra all’età di vent’anni decise invece di iscriversi al Trinity College of Music, cambiando per sempre il corso della sua vita.
I suoi esordi nel mondo musicale furono subito improntati alla mescolanza dei generi e dei linguaggi: già negli anni londinesi con la sua prima band - i Koola Lobitos - si dedicò all’highlife, un genere originario del Ghana che mescolava armonie jazz e ritmi caraibici.
Tornato in Nigeria nel 1963 proseguì la sua esplorazione, che lo condusse negli anni successivi a creare il genere afrobeat. Contemporaneamente, grazie anche a un viaggio a nel 1969 Los Angeles, entrò in contatto con le Black Panthers: un’esperienza che ebbe profonde ripercussioni tanto sulla sua musica quanto sulle idee politiche.
Gli anni ’70 furono il periodo di maturazione e di convergenza di questi stimoli: con la sua nuova band, Africa 70, Fela si propose di farsi interprete della rinascita dell’orgoglio africano. Formò a Lagos una comune indipendente, La Kalakuta Republic, aprì uno studio di registrazione e un club, l’Afrika Shrine, e iniziò a cantare in Pidgin English, una lingua creola diffusa in tutta l’Africa Occidentale, proprio con l’intento di utilizzare una lingua transnazionale.
L’impatto che ebbe nel suo Paese e in Africa fu enorme, ma le sue posizioni che andavano via via radicalizzandosi gli attirarono sempre più l’odio del governo nigeriano. Fu in seguito all’uscita dell’album Zombie, nel 1977, che esprimeva una severa condanna dei metodi usati dai militari nigeriani, che l’esercito attaccò la sua comune con oltre mille soldati. Fela fu brutalmente picchiato, sua madre venne gettata da una finestra, riportando ferite per le quali sarebbe morta l’anno successivo, e tutto venne distrutto e messo a fuoco. Vergognosamente l’inchiesta ufficiale dichiarò che la comune era stata distrutta da ignoti e in risposta Fela fece recapitare alla dimora del generale Obasanjo (che poi sarebbe divenuto Presidente della Nigeria) la bara della madre.
L’attivismo di Fela si fece sempre più determinato e si suoi concerti si trasformarono in vere e proprie adunate durante le quali Fela e la sua famiglia (nel primo anniversario della distruzione della sua comune aveva sposato ventisette donne, quasi tutte cantanti o ballerine) allestivano uno spettacolo in cui si mescolavano musica e politica. Celebre è rimasto ad esempio il concerto ad Accra, in Ghana, dove proprio durante l’esecuzione del brano Zombie si scatenarono dei disordini che condussero Fela Kuti all’espulsione dal Ghana.
Fela giunse così a formare un proprio movimento politico, il Movement of the People, con l’intenzioni di candidarsi alle elezioni presidenziali in Nigeria nel 1979, ma la sua candidatura venne rifiutata.
Imprigionato nel 1984 per accuse inconsistenti (nel corso della sua vita subì più di 200 arresti), venne condannato a 5 anni e solo l’intervento di Amnesty International, che dimostrò come le motivazioni della sua prigionia fossero in realtà politiche, portò alla sua liberazione nel 1986. Successivamente partecipò a un tour di concerti. il “Conspiracy of Hope”, in favore di Amnesty International negli USA, suonando al fianco di di star del pop e del rock.
Negli anni successivi, con la sua band a questo punto divenuta Egypt 80, Fela Kuti continuò a suonare in giro per il mondo - sebbene la sua riluttanza a eseguire i brani registrati, preferendo la proposizione di lunghe e ipnotiche improvvisazioni, gli fu d'ostacolo al successo commerciale in Occidente. Mantenne al tempo stesso immutato il suo attegiamento politico, estendendolo al mondo globale e prendendo di mira le politiche di altri Paesi e di altri leader oltre a quelli africani. La malattia (contrasse l'AIDS) condizionò invece l'ultimo periodo, soprattutto gli anni '90, fino alla morte, sopraggiunta nell'agosto del 1997.
Ai funerali, tenutisi a Lagos, partecipò una folla immensa, stimata intorno al milione di persone.
Potremmo lasciarvi con le immagini di uno dei suoi concerti, ma è più interessante osservare questo documento che testimonia appunto il giorno dei funerali: nonostante la qualità assolutamente modesta delle riprese, l'impatto resta notevole e mostra, forse meglio di qualsiasi discorso, quale fu l'iportanza per l'Africa di Fela Anikulapo Kuti.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta