Non sono molto presente sul sito ma sto guardando molti film. Il problema è che nessuno di questi mi fa venire voglia di scriverne, o di dire qualcosa di originale. Me ne piacciono statisticamente pochi, mi turbano statisticamente molti. In senso negativo.
Questo vuol dire che le delusioni non meritano nemmeno una recensione, per quanto mi riguarda, ma meritano di essere segnalate e additate viulentemente perché nessuno ci incappi inavvertitamente. Ecco dunque i miei cinque casi recenti di fetenzia ridicola. Se il tono sembra nervoso e incazzato... è perché lo è.
1. Questo film non è in database. Strano, perché il suo regista è tanto acclamato, soprattutto con l'ultimo film che è Canibal (è appunto l'unico titolo presente sul sito). Si chiama La mitad de Oscar e mi spiace ma sarò costretta a spoilerarvelo tutto. Tanto si capisce dai primi dieci minuti, non bisogna essere dei geniacci.
Paesaggio. Paesaggio, paesaggio, paesaggio. Lui è Oscar e fa la guardia a una salina. Mangia solo, fa cose solo. Poi un nonno rincoglionito che sta per tirare le cuoia è l'occasione per far tornare (dalla Francia, dove si è trasferita BARRA scappata) la sorella di Oscar.
Oh ma guarda, torni senza avvisare perché sta morendo tuo nonno, non vuoi essere ospitata in casa di tuo fratello, e per inciso lo informi come nota di servizio che convivi con questo francesino sciapo che ti sei portata e che, ah, si, dimenticavo, sei incinta. Come mai non hai detto a tuo fratello tutte queste cose? Perché hai letto nel manuale del perfetto sceneggiatore che così si crea tensione e si induce lo spettatore (povero fesso) a sospettare che ci sia un passato tragico, torbido, irrisolto tra voi due.
Dio che fantasia. Sono affascinata al punto che non riesco a capire se è saccenza o banale ignoranza. Perché poi la situazione peggiora. Tra le interminabili scene di sguardi scambiati tra i due fratelli con musica tragica ad alto volume come colonna sonora, la caratterizzazione assente del fidanzato francese, le inquadrature wannabe simboliche per la costruzione degli spazi, gli indizi sono buttati sul tavolo come polpette avvelenate a un cane da guardia di un riccone. Per non parlare di sequenze che sfiorano il ridicolo, come quella in cui, incapace di raggiungere la sorella per telefono, Oscar prende un taxi guidato da un insopportabile autista che continua, alle tre di notte, a parlare dei cazzi suoi senza curarsi della volontà del passeggero (e della capacità di sopportazione dello spettatore). E quando Oscar esplode chiedendogli di tacere, sentiamo una fitta di piacere, anche se intuiamo che i tormenti non siano ancora finiti. Ah, dimenticavo, sulla via del ritorno (e del sospirato finale del film) scopriamo che l'insopportabile tassista... èmmorto. Non si sa come visto che alle tre di notte non c'era assolutamente nessuno per la strada.
Perché il meglio questo film lo dà nel finale, quando, non contento di aver suggerito uno scontato finale incestuoso tra i due fratelli, non contento di aver disseminato indizi grossi come case, sente il bisogno della scena di (diciamo) sesso, della dichiarazione a voce alta (qualora non si fosse capito), di indugiare sui fratelli che si guardano e ancora una volta sono sovrastati da una colonna sonora languida e mielosa che quasi soffoca le loro parole. Non trattandosi di un film degli anni ottanta, bisognerebbe avvisare Cuenca che il ralenti è morto e il flou sui primi piani degli occhi anche, e che le telenovelas sudamericane almeno hanno l'onestà dell'esagerazione e la scusa della televisione. Il mio stomaco ha sofferto di non aver approfittato dell'avantiveloce.
2. Il secondo è Begin again. Sì, lo so. Sì, inutile che ora scattino in posizione di attacco gli adoratori di Keira. Ho in preparazione un post assolutamente tecnico, circostanziato e con le prove alla mano della sua cagnaggine, ma in questo caso, nonostante io fossi bendisposta nei confronti del regista (Once mi era piaciuto) ho visto solo mezz'ora e ho rinunciato. La banalità della prima mezz'ora mi ha irritato, innervosito, annoiato.
Primo: la premessa, la classica scena a cui dobbiamo tornare in seguito. No, non fatemi sentire Keira che canta, ci sarà pure un motivo se si rifiuta, vi prego. Ecco, sta cantando. Lui è imbambolato ad ascoltarla, io penso solo avrebbe fatto meglio a non cantare. E anche: è evidente perché questo tizio non lavora, se il suo gusto musicale va verso una tale lagna. Poi dialogano. Keira riesce perfino a parlare un brutto inglese, che per me che adoro tutte le cadenze eccetto quella americana è una cosa gravissima. E poi parte la costruzione dei due personaggi. Lui con il suo presente di padre fallito però in fondo artista incompreso e incompiuto, lei che con il suo ammòre è praticamente la forza motrice del successo del marito.
E poi, il secondo grande difetto. Anche qui, la discesa verso la soap opera. Lei che carezza il computerino su cui guarda i filmati del passato. Lei che si commuove. Lui che fantastica pensando a come potrebbe fare musica con lei e costruendo l'arrangiamento pezzo per pezzo con sguardo sognante, in un modo che verrebbe da dire ecco continua ad aggiungere strumenti finché non scompare completamente la voce di Keira. Diabete maximus. Però rovinate dalle espressioni di lei che vorrebbero essere dolci e invece somigliano al muso rincagnato di un bulldog. Qui, al contrario del primo film, quando hanno cominciato a volare i ralenti con musica e luci soffuse, ho desistito e ho deciso di non terminarlo, nemmeno in fast forward.
3. Anche questo terzo film mi ha portato ad una reazione per me rarissima: ho guardato solo la prima mezz'ora, poi, irritata al massimo grado, ho lanciato una serie di invettive e maleparole pesanti e ho premuto il tasto stop. Si tratta di Prometo um dia deixar essa cidade. La trama sul sito mi incuriosiva e parlava di uno stile particolare. Ecco, io avevo immaginato qualcosa di davvero originale. Invece la mezz'ora si compone di due fasi. Nella prima sono nervosa, perché quel che vedo ha effettivamente un suo fascino, gioca sulla provocazione, sull'effetto sorpresa, su colori, luci, suoni, angolazioni dall'effetto allucinatorio. Poi a me il portoghese piace, quindi resisto perché mi va di sentirlo parlare. Ma non basta. Dopo aver sperimentato un paio di idee efficaci (al punto che, come dicevo, sono nervosa perché sento che la storia vuole scavare in zone che potrebbero far male), il film si blocca. E diventa un videoclip di pessimo gusto. Né serio, ossia convinto dello stile da videoclip, né volutamente esagerato, ossia con l'intento di parodiare lo stile videoclip. Abusa di colori pastello, di zoom improvvisi sui particolari, con tanto di telecamera che oscilla, di musiche apocalittiche. I dialoghi sono ridicoli e tolgono tutta la magia alla lingua. Indugiare sui volti per svariati secondi non li rende automaticamente più intensi. Se poi si decidesse tra il tono realistico, verosimile, per i dialoghi, o il tono letterario, da sentenza, in stile Sorrentino, sarebbe meglio. Mescolare le due cose fa perdere definitivamente la voglia di cercare un senso e un filo. Provo a resistere, ma cedo. Lo cancello senza dargli il beneficio del dubbio.
4. Jack and Diane. Visto per metà a velocità normale, per metà con fast forward (e così facendo, gli attori si muovevano a velocità normale). L'avevo affrontato pensando si trattasse di una spensierata storiella adolescenziale, e invece scopro che ha la presunzione di mescolare una storiettina lesbo con un dramma interiore pseudo horror, girato, questo sì, in stile videoclip, e in ritardo anche di parecchi anni, con una regia che vorrebbe mostrare i tormenti interiori delle due ragazze ma senza essere capace di sentire davvero il dolore sulla pelle e negli organi (a dispetto di ciò che sembra voler mostrare), e per giunta senza avere il coraggio di sporcarsi le mani con un po' di verità, limitandosi a qualche bacio patinato e sfumando in dissolvenza verso il cielo quando corre il rischio di iniziare a mostrare delle scene di sesso. Grado di approfondimento psicologico zero, una roba da Reader's Digest del fotoromanzo. Juno Temple è assolutamente imbambolata e chiusa a chiave con doppia mandata nella sua immaginetta di Barbie stralunata, vestita come una deficiente più che come una svampita freak. L'altra attrice in teoria è più interessante, ma possiede solo due espressioni per lato della faccia, per un totale di quattro possibili inquadrature. Il risultato è un polpettone girato in un modo diabetico che negli anni ottanta (data la montagna di luoghi comuni) sarebbe anche stato accettabile, ma dal momento che si intravede la velleità di incastrarlo con un horror dei sensi, è assolutamente ridicolo.
5. The Necessary Death of Charlie Countryman. Qui ammetto che per la prima metà del film, pur non avendo capito dove volesse andare a parare, mi sono fatta affascinare da Shia, nonostante all'inizio fosse bravo e misurato e man mano scendesse inesorabilmente verso la caricatura di se stesso. Anche qui, come nel film brasiliano, lo stile accattivante per un po' riesce ad aver fascino, poi diventa giochetto furbo poco originale. Non basta copiare Easy Rider o Il grande Lebowski per fare una bella sequenza di un trip con allucinazione collettiva. E tutta la seconda metà, incentrata su inseguimenti, fughe, scoperte e presunti colpi di scena non fanno altro che ripetere uno stesso minicopione per cercare di allungare il brodo fino allo scontato finale. L'attrice che hanno scelto per interpretare la ragazza rumena è una cagna di prim'ordine, che recita le battute con la stessa intensità della Marchesini nella telenovela sudamericana (ossia, troppa oppure assente). E Mads Mikkelsen, Mads Mikkelsen. Semplicemente sprecato e ridicolizzato. Un paio di intermezzi psicologici / soprannaturali al limite dell'imbarazzante. E la sensazione che la storia sia tornata al punto di partenza, o meglio, non sia mai cominciata, perché rimane la voglia di andare a esplorare tutt'altre sottotrame che invece sono rimaste abbandonate.
(mi rendo conto che con la descrizione del mio modo di (non) vedere i film rientro bene negli Inglorious Reviewers, l'ho realizzato mentre scrivevo, principalmente in quella del recensore che nemmeno ha finito i film, però posso assicurare che alcuni film mettono a dura prova la sopportazione umana)
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