Pochi eletti ieri sera hanno avuto modo di assistere alla primissima proiezione stampa di The Sea of Trees, il nuovo film di Gus Van Sant in concorso al Festival di Cannes 2015. Per la cronaca, va sottolineato che un coro di boo e fischi ha elegantemente disturbato la visione dell'opera, forse fin troppo spirituale per essere capita appieno da una banda di critici che dovrebbero dare l'esempio su come ci si comporta in un sala cinematografica.
The Sea of Trees (2015): Naomi Watts, Matthew McConaughey
Diretto da Gus Van Sant e scritto da Chris Sparling, The Sea of Trees è una storia profondamente commovente sulla natura distruttiva, redentrice e guaritrice dell'amore. Sono infatti l'amore e la perdita a spingere Arthur Brennan a percorrere il mondo per arrivare in Giappone, nella misteriosa foresta conosciuta come "il mare degli alberi" ai piedi del monte Fuji, un luogo in cui la gente va a riflettere sulla vita e sulla morte e a contemplare l'ipotesi del suicidio. Stordito dal dolore, Arthur entra nel profondo della foresta ed esce dai sentieri indicati per perdersi tra gli alberi, come molti altri hanno fatto prima di lui. Dopo aver trovato il posto perfetto per morire, Arthur incontra Takumi Nakamura, un giapponese che sembra aver perso la sua strada. Impossibilitato a lasciarselo alle spalle, Arthur investe tutte le sue energie per salvare Takumi, intraprendendo insieme a lui un cammino di riflessione e sopravvivenza che lo spingerà a volersi riprendere la sua vita e a riappropriarsi dell'amore per la moglie Joan.
Con la direzione della fotografia di Kasper Tuxen, le scenografie di Alex DiGerlando, i costumi di Jeanette Scott, il montaggio di Pietro Scalia e le musiche di Mason Bates, The Sea of Trees racconta di come due diversi individui, Arthur e Takumi, affrontano il grande dolore di aver perso qualcuno di molto caro nella vita e di come, dopo un travagliato processo interiore, riacquistino la forza di andare avanti. Il luogo prescelto da entrambi è la foresta di Aokigahara, un punto misterioso, profondamente spirituale e molto inquietante, del Giappone dove da ogni parte del pianeta giunge gente con intenzioni suicide. Più che un dramma sul suicidio, però, The Sea of Trees è un inno alla vita e alla sua affermazione.
I PERSONAGGI PRINCIPALI
Protagonista principale di The Sea of Trees è il premio Oscar Matthew McConaughey, chiamato a rivestire i panni di Arthur Brennan. Uomo comune che ha sperimentato un po' tutto nella vita, Arthur vive sulla propria pelle uno degli eventi più sfortunati che possano capitare a un marito: la morte della moglie. Nel suo processo di elaborazione del lutto, Arthur scopre di dover fare ammenda per molte più cose di quanto pensasse e decide di tenere fede a una promessa fatta alla sua amata Joan in punto di morte: morire anch'egli ma in un bel posto, in un luogo perfetto. Il "mare degli alberi" è la meta prescelta ma le sue "buone" intenzioni vengono strappate via dall'incontro con uno sconosciuto, Takumi.
Portato in scena da Ken Watanabe, Takumi è per molti versi simile ad Arthur ma, a differenza sua, vive dall'altra parte del Pacifico, in Giappone. Appartenente a una cultura diversa e molto particolare, Takumi è abituato a vedere nel suicidio una via d'uscita alle situazioni estreme (com'era tipico nella tradizione samurai). Su chi sia in realtà (presenza reale o incarnazione dello spirito di Joan?), rimangono aperte molte domande ma quello che conta è Arthur si prenda cura di lui nello stesso modo in cui avrebbe dovuto prendersi cura della moglie Joan.
Joan ha il volto dell'attrice Naomi Watts. Sposata per un lungo periodo con Arthur, ha vissuto momenti felici e altri no, come accade in ogni normale matrimonio. Per superare le difficoltà che inevitabilmente hanno fatto passare l'amore in secondo piano, si è rifugiata nell'alcol fino a quando una tragica morte l'ha portata via per sempre dal marito.

The Sea of Trees (2015): Matthew McConaughey, Ken Watanabe
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... e qui si ritorna a botto a confrontarci col dissennato comportamento di (solo alcuni per fortuna, anche se sono una parte preponderante dell'intero panorama) critici di professione che a volte si coalizzano fra loro e seguono i dettati degli uffici stampa (o certe immotivate idiosincrasie personali) nel decretare (esclusivamente dal loro personale punto di vista) successi ed insuccessi spesso "programmati" a priori e a tavolino (quello che ci è stato mostrato da Birdman è al riguardo molto significativo e dovrebbe far riflettere). Questo ovviamente riguarda non soltanto il settore cinematografico (potrei raccontare perle molto inquietanti per esempio sul versante teatrale dove un certo Raoul Radice era famoso per sonnecchiare anche rumorosamente durante la rappresentazione che poi recensiva come se davvero l'avesse vista tutto, ma ci sono casi a cui ho assistito personalmente anche più preoccupanti). Per questo mi fido di più (salvo le eccezioni che sono per fortuna numerose perchè di persone serie e preparate ce ne sono e anche tante) delle tanto vituperate "opinioni dilettantesche" che secondo Mereghetti non dovrebbero invece avere diritto di cittadinanza. Con questo non voglio certo difendere un film che non ho visto e che potrebbe persino meritare una stroncatura, ma un maggior rispetto durante la proiezione non è certo chiedere troppo, dovrebbe essere anzi doveroso, visto che la scorrettezza viene da persone che sono addirittura pagate per assistere in anteprima - peraltro gratis - alla proiezione..
G.V.S ha una "doppia personalità cinematografica", può quindi piacere o meno a 2 diverse tipologia di spettatori. Io adoro (letteralmente adoro) suoi film tipo Elephant, Last Days e Paranoid Park, mi lascia perplessa con Milk, non mi piace con Scoprendo Forrest... capisco perciò che può essere motivo di profonda delusione o meno in sala.... da qui a fischiare durante la proiezione ce ne corre. Un comportamento simile per me equivale a tenere il cellulare acceso o a sgranocchiare rumorosamente pop corn. Se tanto mi da tanto, da questo post sembra della tipologia che possa garbare a me... uscirà da noi?
Se non si rischiasse la denuncia, vi elencherei tutta una serie di comportamenti dei critici italiani visti a Venezia. Senza andare lontano, c'è gente che dorme beatamente durante le proiezioni e poi scrive recensioni da 4 stelle o stroncature da 2. Che avranno visto? I titoli di testa? Boh...
Questo è un discorso interessante. Perché si discute tanto se valgono più le recensioni di critici con tanto di dizionari o quelle di semplici blogger... ebbene, intanto io apprezzo i giudizi di chi i film li vede! Purtroppo mi è capitato spesso di leggere sia da parte di critici che di blogger, recensioni copia-incollate o puramente inventate... solo per il gusto di arrivare primi. O peggio di accontentare le case di produzioni. Mi chiedo: che gusto c'è? Poi se si ha il privilegio di guardarti un film ad un Festival... cazzarola...e guardalo e statti zitto! ;)
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