Nel 1973 Dario Argento è all'apice della notorietà, in Italia e pure all'estero, dopo il successo, dapprima incerto, poi dilagante, riscontrato dal suo notevole esordio con “L'uccello dalle piume di cristallo” e proseguito, con la stesso stile e coerenza, dai successivi e quasi immediati “Il gatto a nove code” e “Quattro mosche di velluto grigio”, che costituiscono la celeberrima “trilogia” animale del notissimo regista romano.
La Rai di quegli anni, forte di un solo canale, o forse due al massimo, ma anche di scelte produttive e distributive che, se raffrontate a quelle odierne, tutte pacchi, talent-show e altre vaccate di rara pochezza, rasentato davvero l'eroismo, propone al celebre regista uno sforzo produttivo in comune, che vede dare alla luce una miniserie, “LA PORTA SUL BUIO”, con la quale il regista si propone ad un grande pubblico, analizzando e rappresentando situazioni che ispirano, provocano, manifestano ed alimentano un senso di paura, suspence o addirittura terrore.
La presenza del regista prima di ogni episodio ad introdurre ogni mediometraggio, è importante e fondamentale per instillare nello spettatore, non senza una certa calcolata malizia, la curosità di cercare di scoprire il nesso, l'assassino o le motivazioni chiave di ognuna delle intriganti vicende che ci vengono proposte.
Una vicenda di cronaca nera la prima, a cui seguono tre indagini da parte di tre ispettori di polizia diversi, eterogenei e caratterialmente molto variegati.
Una serie che, purtroppo si è persa un po' nel dimenticatoio nel corso dei decenni, e che tuttavia verrà recentemente riprogrammata su Rai Movie nei prossimi giorni.
Per quel che mi riguarda, ringrazio l'amico GIANNISV66 per avermene parlato, in modo da avermi fatto riscoprire questa interessante, insolita, e a tutti gli effetti riuscita incursione del celebre regista sul piccolo schermo.
Una occasione in più per confutare quanto Dario Argento fosse talentuoso sia come sceneggiatore, sia ancor più come regista, e, se vogliamo, purtroppo, per rimpiangere certe meravigliose caratteristiche che, ahimé, appaiono così lontane e sfocate oggi e da troppo, veramente troppo tempo.
Dario Argento è tornato anche di recente a lavorare per la televisione, con risultati alterni: se infatti i due episodi della serie internazionale “Master of horror”, che lo hanno visto coinvolto in due occasioni con “Jenifer – Istinto assassino” e “Istinto animale”, rispettivamente del 2005 e del 2006, sono opere apprezzabili nell'ambito di un progetto interessante che ha coinvolto molti altri maestri dell'horror (Landis, Carpenter, Hooper, Coscarelli ed altri ancora), l'esperienza italiana risalente nuovamente al 2005 con “Ti piace Hitchcock?” risulta davvero puerile e demoralizzante, nonostante la presenza nel cast di un giovane e motivato Elio Germano.
LA PORTA SUL BUIO – IL VICINO DI CASA
Primo di quattro episodi di un curioso, interessante ed insolito progetto televisivo prodotto ed in parte diretto da Dario Argento ad inizi anni '70 per la Rai. Tentativo di portare il thriller, se non addirittura lhorror, nelle case delle famiglie, secondo il fortunato stile argentano che proprio in qegli anni trovava la sua forma espressiva migliore e di successo al cinema.
“Un vagito li salverà”: questo potrebbe essere il sottotitolo rivelatore di una vicenda di ordinaria follia che sembra tratta da un episodio di quotidiana cronaca nera.
Introdotta da un interessante presentazione a cura di Dario Argento, che si prodiga a spiegare le ragioni del titolo che venne affibbiato alla serie – oggi una rarità quasi da culto – il film inizia con un cameo d'eccezione proprio dello stesso regista romano, utile ad introdurre la vicenda di una coppia di sposi con infante mentre si apprestano a recarsi nella nuova casa di vacanza sul mare, proprio nella sera in cui il misterioso vicino, oberato e stressato dalla consorte, la uccide cercando di occultarne il cadavere. Una notte all'insegna del brivido e del tentativo di sopravvivere.
La regia per nulla malvagia ma anzi efficace del noto artigiano Luigi Cozzi, specializzato in fanta-horror nel periodo che seguirà e fino a metà '80, ci cala alla perfezione nei meandri di una vicenda di orrore casalingo penalizzata da una recitazione un po' dilettantesca dei tre attori principali coinvolti, e soprattutto dalla banalità di dialoghi spesso insostenibili, da sempre, del resto, tallone d'Achille di molta, troppa produzione argentiana avvenire.
Peccato perché soprattutto la figura del vicino dolente e mostruoso nel contempo appare riuscita e ben delineata.
Un esperimento più interessante che riuscito, che troverà più compiuti sviluppi in parte degli altri episodi a seguire.
VOTO**1/2
LA PORTA SUL BUIO – IL TRAM
Questo secondo episodio della serie ideata e prodotta da Dario Argento, episodio che porta anche la regia di quest'ultimo, seppur sotto lo pseudonimo di Sirio Bernadotte, è molto riuscito, teso, intrigante, ben recitato, avvolto da una atmosfera scientemente hitchcockiana che non rischia di risultare inopportuna, peraltro ben calata in una limitata serie di contesti, quella tramviaria sopra tutte.
Una donna viene accoltellata a morte sul tram durante il suo abituale tragitto casa-lavoro.
Le indagini finiscono sul tavolo del dinamico e ambizioso commissario Giordani, che inizia un concitato interrogatorio raggruppando sul medesimo auto e durante il medesimo percorso, tutti i viaggiatori ed il personale presente.
Ma quando l'indagine, dopo una falsa partenza, si conclude sin troppo facilmente con l'arresto del bigliettaio, l'unico presente fino alla fine della corsa, ecco che nell'ispettore si insinuano dubbi misti a rimorsi nei confronti di quella che sembra sempre di più la vittima di una errata indagine, che un feroce assassino stanato e lasciato al suo destino.
Sceneggiatura e dialoghi credibili e sfaccettati che permettono al canovaccio di sviluppare personaggi secondari strepitosi e che sarebbero piaciuti al grande maestro della suspence inglese.
Grandissimo Enzo Cerusico che, un po' burino, ma non fuori luogo nel contesto metropolitano milanese, un po' energico perfezionista, dà vita, con i suoi tic (lo scocchiare delle dita in coincidenza di una importante felice intuizione), con il suo atteggiarsi disinvolto ed accattivante, ad un personaggio che avrebbe meritato una serie dedicata e sviluppata decisamente più a lungo.
Gli si affianca, tra gli altri bravi caratteristi, la presenza di lusso di Paola Tedesco, in un ruolo forse un po' troppo di contorno per la valida e bella attrice e showgirl molto nota in quel decennio, ma forte di un inseguimento concitato nella trincea che lambisce i binari presso il capolinea, che il grande regista dimostra di saper gestire e sviluppare con perizia e tecnica sopraffine.
La dinamica della ricostruzione meticolosa sul tram compiuta in privato dal poliziotto afflitto dai rimorsi, fornisce una soluzione davvero accattivante che riesce ad essere insieme plausibile e convincente. Ci troviamo nel fulcro della migliore produzione argentiana, che fa seguito alla celeberrima “trilogia animale” che ha reso grande e dato fama mondiale al gran regista, in attesa el suo apice, due anni dopo con Profondo Rosso e di alcuni altri fiori all'occhiello per almeno ancora una decina d'anni.
Il film termina con il commissario Giordani che si prodiga in un messaggio politico sociale, come una lezione civico-morale che non stona ed anzi risulta piuttosto originale ed appropriata.
VOTO ****
LA PORTA SUL BUIO – LA BAMBOLA
Un altro commissario, dopo quello intraprendente ed attivo di Enzo Cerusico de Il tram; ma questa volta decisamente più sornione quasi indolente, tutto guizzi e poca sostanza, che assume le sembianze un po' schizzate, un po' involontariamente comiche del noto comico di tv e teatro Gianfranco D'Angelo. Nuovo commissario per un'altra indagine che parte dalla fuga, da un ospedale psichiatrico, di un pericoloso psicopatico.
Anzi, a dire il vero, anche questo terzo episodio commissionato dalla Rai al regista Dario Argento, che qui produce ed affida la regia al poco noto Mario Foglietti, inizia col celebre regista che, introducendo l'episodio, sfida lo spettatore ad indovinare il rebus ed a scoprire l'assassino.
Un indovinello pressoché impossibile se si analizza la storia secondo il suo svolgimento e non tenendo conto che qualcosa di importante ci è stato, assolutamente di volontà, celato per creare la giusta suspence, presupposto di base della serie e del genere che essa porta avanti.
Il titolo La bambola fa riferimento all'episodio in cui un uomo misterioso e dall'aria sospetta incrocia una bellissima ragazza bionda (è una giovane Mara Venier, vent'anni prima dei suoi exploit televisivi) in un negozio di giocattoli, riuscendone a venire in contatto tramite una bambola appunto, che l'uomo introduce di nascosto e fraudolentemente nella borsa dell'ignara biondina.
Da quel momento il film si concentra nel torbido rapporto che si instaura tra i due soggetti, alternando la vicenda con gli apparentemente infruttuosi tentativi del commissario di rintracciare il fuggiasco psicolabile, che nel frattempo ha già mietuto una vittima.
La vicenda, laboriosa ed un po' artificiosa (non mi meraviglio che sia piaciuta ad Argento), necessita di una accurata spiegazione nel contro-finale, per chiarire le dinamiche del mistero che è stato scientemente tenuto nascosto allo spettatore al fine di assicurare una dose soddisfacente di suspence.
Il risultato, non banale, non convince completamente, ma si può ritenere un pezzo insolito ed interessante di fare televisione, in linea col progetto complessivo.
VOTO ***
LA PORTA SUL BUIO – TESTIMONE OCULARE
Ultimo episodio della serie, formalmente diretto da un aiuto regista di Argento, Roberto Parlante, ma di fatto opera totalmente appannaggio del primo, vede protagonista la mora e nota (soprattutto in quegli anni) attrice Marilù Tolo, come testimone oculare di un omicidio.
Infatti durante una fosca serata, mentre la protagonista, Roberta, sta facendo ritorno nella casa isolata in cui vive assieme al marito, nel tragitto lungo il bosco si trova costretta a frenare bruscamente quando un corpo inanimato le si piazza davanti alla strada.
Impaurita, Roberta scende e si trova davanti un corpo inanimato e sanguinante di una giovane ragazza bionda, e, più lontano, l'ombra di un individuo con la pistola in pugno che procede verso di lei.
Roberta scappa e si rifugia nel bar più vicino, facendo chiamare la polizia che, intervenuta, non ritrova dinanzi alla macchina più alcuna traccia del supposto cadavere.
Ma allora Roberta è una mitomane, una pazza, o una vittima di un crudele complotto ordito dall'assassino per eliminare l'unico testimone della sua delittuosa azione?
Minacce più o meno velate ed un tentativo di farla investire, instillano nello spettatore l'ipotesi che la donna sia vittima di un maniaco che tenta di eliminarla.
La polizia non sa se credere alla donna, per quanto un umano commissario di nome Rocchi (L'ottimo Glauco Onorato) cerchi in tutti i modi di rassicurarla e di ascoltarla con attenzione, sicuro che non si tratti di una folle mitomane.
Efficaci atmosfere noir, una Marilù Tolo (ai tempi compagna del regista) molto dark e perfetta per il ruolo, per quanto mono-espressiva, ideale per raffigurare il volto del terrore e della paura crescente.
Il regista e sceneggiatore Argento non lesina atmosfera e suspence, e costruisce un complotto sadico di buona presa, impossibilitato a puntare, per ragioni di programmazione e come pure nei precedenti episodi, sul gore e sulla rappresentazione esplicita della violenza, e dunque come costretto a lavorare tutto sull'accumulo e sul crescendo della tensione.
Ne esce un buon mediometraggio, il migliore della serie a mio avviso, dopo l'episodio “Il tram”.
VOTO ***1/2
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