Partono i bastimenti per terre assai lontane... ma di questi non si sa mai il numero di quelli che arriveranno a destinazione. Il Mediterraneo, bianco e azzurro con le isole che stanno lì, le rocce e il mare coi gabbiani, è sempre più diventato da pregare con la sua lunga scia di vittime. Immigrati li chiamano, esseri umani sarebbe più onesto. Cosa importa se mia madre ha la pelle nera? Che importa se mia figlia è nata a sud del Sahara? Chi è così spietato da definirli solo numeri?
900 dicono siano gli ultimi... Ma come è possibile stabilire chi e quanti siano gli ultimi? Ultimo è un termine che presuppone dei primi e non lascia spazio ad altri che verranno... Siamo sicuri che siano gli ultimi? Siamo sicuri che le nostre coscienze bianche siano pulite? O da ogni nostro frammento di pelle è possibile vedere grondare sangue e sentire respirare anime?
Ci si diverte a lanciare anatemi, a proporre soluzioni da Terzo Reich, a osannare metodi nazisti via social network. L'importante è poi confessarsi la domenica in chiesa e pregare per la propria facciata da brava gente prima di andare a scoparsi ognuno "la bella nera"... L'ipocrisia italica che non ha confini, lo aveva capito anche Gaber del resto: Per ogni assillo, rovello sociale, sembra che la gente goda... tutti dicono la loro, facciamo un bel coro di opinioni fino a quando il fatto non è più di moda...
Eppure, io mi auguro che mio fratello - bianco, nero o giallo che sia - non rimanga figlio unico, che possa trovare la libertà che agogna non tra le onde ma tra gli abbracci di chi lo accoglie, che possa riempire d'aria i suoi polmoni e non sopperire tra le acque della vergogna, che riesca a vivere...
A chi ce l'ha fatta, a chi cerca di farsi strada senza essere eroe, a chi sa tendere la mano senza volere niente in cambio... a costoro è da dedicare Mediterranea, il primo lungometraggio di Jonas Carpignano che sarà presentato durante il festival di Cannes alla Semaine de la Critique. Un lungo che nasce come costola diretta del corto A chjàna, presentato al Festival di Venezia 2011. Nato a New York il 16 gennaio 1984, l'italoamericano Carpignano presenterà la storia di due immigrati che ce l'hanno fatta ma che sono costretti a confrontarsi con le logiche italiote. Per capire bene di cosa si parla, qualcuno dovrebbe ripassare i fatti avvenuti a Rosarno tra il 7 e il 9 gennaio 2010...
Conosciamo poco del progetto di Carpignano ma convincono le sue parole, rilasciate ad Annick Peigné-Giuly per conto della Semaine:
Da dove è nata l'esigenza di realizzare Mediterranea?
«Mia madre è afro-americana e mio padre è italiano. Pertanto, dopo i primi tumulti razziali che hanno avuto luogo a Rosarno nel 2010, mi sono precipitato in Calabria per comprendere meglio la situazione. In un primo momento, ho voluto realizzare un cortometraggio sulla rivolta ma, dopo aver incontrato Koulos Seihon (che nel film interpreta Ayiva), ho deciso che avrei fatto un film inerente ai diversi aspetti della vicenda».
Descrivici i due personaggi principali.
«Ayiva e Abas sono i due aspetti di una stessa persona, le due facce di una stessa medaglia. Ayiva è più maturo e responsabile ma anche più tormentato. Abas, invece, è il più vivace dei due, in grado di beneficiare delle gioie del momento senza pensare alle ulteriori conseguenze. I due amici spesso litigano ma nessuno dei due può fare a meno dell'altro. Rappresentano due modi complementari di affrontare la vita in un paese straniero».
Mediterranea si concentra su come l'Italia accoglie gli immigrati.
«È quello che mi interessava di più. Non pensiamo di sapere tutto dei loro viaggi, delle traversate e dei centinaia di approdi nelle nostre coste in barche di fortuna, ma ignoriamo ciò che viene dopo. Il dopo è stato il mio punto di partenza. Volevo fare il punto sull'ambiguità della compassione e su come questa talvolta si trasformi in atteggiamento paternalistico, frutto di una mancanza di conosenza. L'immigrato non è solo un outsider, lo straniero temuto o osannato a seconda delle proprie convinzioni, ma è un componente sempre più importante del nostro mondo globalizzato. Ecco perché il titolo del film, Mediterranea, è un plurale [di Mediterraneum, in latino]: terreno di incontro, spazio di conflitti e, soprattutto, luogo che non può essere definito in base ai suoi confini».
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E che il Mediterraneo sia loro lieve...
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