Viene naturale, parlando dello Studio Ghibli, pensare immediatamente al lavoro del maestro Miyazaki, cofondatore ed esponente di punta dello studio nonché artefice di capolavori assoluti riconosciutigli recentemente anche con un Oscar alla carriera. Per nostra fortuna, e con nostra intendo quella degli spettatori appassionati, lo Studio Ghibli non è solo Miyazaki come ho potuto piacevolmente constatare assaporando i lavori di Isao Takahata (Una tomba per le lucciole e questo Omohide poro poro), Yoshifumi Kondo (I sospiri del mio cuore) e in misura minore quello del figlio d'arte Goro Miyazaki (I racconti di Terramare).
Per quello che ho potuto vedere i lavori degli altri registi affiliati allo studio sono molto diversi per stile e contenuti da quelli di Miyazaki, a parte il lavoro di Goro gli altri sono racconti molto più adesi alla realtà, giusto con qualche breve puntata verso il regno della fantasia, incentrati più sui sentimenti e sulle cose della vita come queste si presentano che non su tematiche ecologiste e pacifiste o sul mondo degli spiriti del folklore giapponese. Opere meno spettacolari, più dimesse, sicuramente diverse ma in ogni caso degne di appartenere a un marchio prestigioso come quello dello Studio Ghibli, sensibilità differenti ma non meno convincenti.
Omohide poro poro è il secondo lavoro che Takahata firma per lo Studio Ghibli, il titolo letteralmente significa qualcosa come ricordi goccia a goccia. Sono proprio i ricordi di Taeko il motore di questo racconto intimo, la giovane ragazza ormai quasi trentenne, in occasione di una breve vacanza in campagna, rivive attraverso i ricordi l'epoca della sua quinta elementare con continui passaggi tra il presente e il passato che la riportano a quel lontano 1966.
Proprio quelli legati alle vacanze sono tra i primi ricordi ad affiorare nella mente di Taeko, il suo desiderio di vedere la campagna, la delusione della vacanza alle terme di Atami e il rientro repentino in una deserta città estiva. Ma la Taeko adulta, quella del presente, è decisa a porre rimedio a quel mancato incontro con la campagna lasciando per quindici giorni il suo lavoro d'ufficio a Tokio per andare ad aiutare la famiglia di un parente per la raccolta del cartamo. Il viaggio sarà l'occasione per tornare alla se stessa bambina, la campagna quella per assecondare nuovi incontri e nuove riflessioni.
Sono molti gli spunti interessanti inseriti nei ricordi della protagonista bambina, alcuni parecchio insoliti per un anime solo all'apparenza rivolto ai piccoli. Si parla molto di mestruazioni ad esempio, argomento poco trattato nei cartoni animati occidentali, della reazione di ragazze e ragazzi a questo evento di passaggio, si esplora il rapporto di Taeko con il resto della famiglia, quello con i genitori e le sorelle, ci sono diversi riferimenti alla cultura popolare giapponese dell'epoca, riferimenti pressoché inafferrabili per noi occidentali, ci sono le difficoltà con la scuola e i vari aspetti della vita da ritenersi importanti per una ragazzina di quinta elementare.
In senso lato un po' un come eravamo, cosa volevamo e cosa siamo diventati. L'animazione è meno esplosiva se paragonata ad alcune opere di Miyazaki ma sempre di ottimo livello, sembra che, come diceva una vecchia canzone su Dustin Hoffman, lo Studio Ghibli non sbagli un film.
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