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Madri "Impossibili". Incontro con la signora Bates
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Non so perché, ma quando l'ho vista l'ho subito riconosciuta: non bella, ma con un bel personale, un portamento altezzoso, molto truccata sugli occhi. Era seduta per conto suo in un locale di periferia, in prossimità di una fermata di autobus.

Pensavo fosse morta -devo dire la verità- avevo letto qualcosa a riguardo di uno scandalo legato a lei a suo figlio e al suo amante. Invece è lì, seduta sola, con una tazza di caffè davanti e lo sguardo perso tra i suoi pensieri. Sta sfogliando distrattamente un opuscolo e ha sotto il tavolo una grossa borsa.

Non c'è molta gente dentro al locale, qualcuno mi guarda quando entro, lei no. Mi faccio servire anche io un caffè e mi siedo accanto al suo tavolo, lei continua a non guardarmi, non si è accorta della mia presenza. Faccio un sospiro profondo, mi sento arrossire le gote, sento la mia voce che dice: "buongiorno! La disturbo? Mi sembra di riconoscerla..."

I suoi occhi si alzano su di me e sento addosso tutta la sua attenzione, per un attimo. E' lo sguardo di una donna ferita, che cerca riparo e che è stata scoperta. Si appoggia sui gomiti e sostiene il mio sguardo, ora in modo di sfida. E' difficile sostenerlo, ma sento ancora la mia voce che più debolmente di prima pronuncia il suo nome: "la signora Bates?".

Uno schiaffo le avrebbe fatto meno male. Per un momento credo che mi voglia picchiare, dare una pedata sotto il tavolo. La mia voce era stata bassissima, ma pare che per lei abbia gridato quel nome a tutto volume.

"E tu chi diavolo sei?" se il suo sguardo è pungente, la sua voce pare una lama affilata pronta a trafiggerti un fianco.

"Non la voglio disturbare signora, l'ho riconosciuta... e sinceramente sono anche felice che stia bene... se vuole me ne vado via subito" rispondo io, anche un po' impaurita, lo devo ammettere.

La signora Bates si inumidisce le labbra, il rossetto è di scarsa qualità e si è seccato immediatamente per le poche parole pronunciate.

"Chi ti ha mandata? Mio figlio? Il suo insulso avvocato?" prosegue lei, ora decisa ad arrivare in fondo alla questione. Non riesco a distogliere i miei occhi dai suoi, sono presa in trappola.

"Nessuno signora, l'ho semplicemente riconosciuta... devo prendere un autobus, sono entrata e l'ho vista... davvero" avrei quasi voglia di piangere ora.

"Non me ne frega niente del tuo autobus, o se ti ha mandata mio figlio... se dici che mi hai vista, giuro che ti vengo a cercare in capo al mondo... e te la faccio pagare!".

Capisco che non scherza e voglio andarmene subito, ma lei mi afferra per un braccio. Ora le posso vedere anche le mani: sono secche, con le unghie lunghe e con lo smalto, ma anche quello di scarsa qualità e per lo più venuto via. "chissà quanto tempo fa se lo è messo" penso inspiegabilmente.

"Mio figlio è pazzo, lo è sempre stato. Non lo avrei dovuto nemmeno mettere al mondo, e forse non lo avrei fatto se non avessi conosciuto quel fesso del signor Bates... che ovviamente mi ha sposato che ero già incinta!" Inizia così a parlare la signora Bates, tenendomi ancora il braccio e sostenendo il mio sguardo.

"Mi hanno fatta passare per tutto in quello scandalo: donnaccia, madre snaturata, ma io volevo solo godermi un poco la vita, non dover sempre ammattire per mettere insieme il pranzo con la cena. E' un delitto questto? Vuol dire ammazzare qualcuno?" Ora il suo sguardo si è quasi addolcito, si sta impietosendo per sé stessa, e io annuisco o meno ad ogni sua affermazione.

"Non mi sono mai voluta legare a nessuno, me la sono sempre cavata da sola... ma poi sono rimasta incinta. Sai cosa vuol dire per una donna sola rimanere incinta di un bastardo? Incontrai il signor Bates in un posto come questo" ora il suo sguardo si sposta, come a cercarlo da qualche parte.

"Era gentile all'inizio... ma una volta nato il bambino è diventato geloso, sempre ad assillarmi, e io non sopporto essere assillata", mi stringe di più il braccio, ma io non dico niente.

 

"Il signor Bates muore, è un caso? Sono state le mie preghiere? La mia cucina? Non è importante. Quando finalmente conosco l'uomo della mia vita, quello che me la cambia, finalmente conosco il significato di passione e amore. Mi fa comprare il motel, mi fa diventare una donna in carriera. Ma a mio figlio tutto questo non sta bene. Nossignore, anche lui mi vuole tutta per sé. Io non sopporto chi mi assilla". La signora Bates è ora agitata, comincia a sudare e si sente.

"Norman è pazzo, lo è sempre stato. Da piccolo non mangiava e tutti davano la colpa a me. Non dormiva e davano la colpa a me. Quando si rimase soli, dopo la morte del signor Bates, si mise in testa che dovevamo rimanere io e lui così, per sempre. Ti rendi conto? Sarei dovuta rimanere in quella casa tutta sola, con quel pazzo che mi girava intorno piagnucolando. Io non lo volevo, se era nato lo doveva solo a me, non si doveva permettere ora di rovinarmi la vita". Beve un sorso di caffè oramai freddo, ma ha la bocca davvero secca adesso.

"La verità è che Norman ci ha uccisi, a me e al mio amante. Una notte mentre ci ha sentiti che facevamo l'amore. Cos'è ti scandalizza? A me piaceva fare l'amore. Ci ha uccisi nel nostro letto e ci ha seppelliti. Ma non gli bastava a quel piccolo bastardo. Mi voleva tutta per sè, così mi è ventuto a salvare -come diceva lui-" Sorride, quella cosa dell'essere salvata scommetto che l'ha sempre fatta sorridere.

"Da quel momento in poi la mia vita è stata un'inferno. Mi assillava con le sue scenate di gelosia, con tutte le sue chiacchiere sull'amore, su i suoi uccelli impagliati. Mi lasciava sola per intere giornate e quando tornava voleva trovarmi esattamente così come mi aveva lasciata, altrimenti erano litigi furibondi. La cosa peggiore era quando mi vestiva o pettinava, quando mi metteva le sue sudice mani addosso. In quei momenti avrei voluto che non fosse mai nato. Diceva: anche io ti ho ridato la vita, anche io ora non ti voglio più. Invece mi cercava sempre, mi faceva entrare e uscire da quella maledetta cantina... e dio solo sa che cosa faceva quando non lo vedevo".

Sospira la signora Bates, ora il suo sguardo è davvero triste, di una tristezza profonda e palpabile. Il suo odore è diventato acido e faccio fatica a starle accanto.

 

"Sono contenta che è finita questa storia e io non ho mai fatto del male a nessuno, sia ben chiaro. Per questo è importante che tu non dica ad anima viva di avermi vista... va bene?" annuisco silenziosa, ora vorrei solo andarmene via da lì. Mi iniziano a fare male i suoi occhi pungenti, la sua mano sul braccio, il suo odore è insopportabile. Chiudo gli occhi, sono stanca, mi sembra di essere lì da una eternità. Quando li riapro sono sola, a parte una piccola mosca sulla mia mano.

La lascio camminare, non la caccio via, non voglio che qualcuno mi veda e pensi che uccido le mosche.

Sorrido e alzo lo sguardo, sono veramente sola ora... ora che anche la mosca è volata via.

 

 

 

 

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