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TOMMASO RAMENGHI. Come uno Sgualo.
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Sgualo è il nome del suo personaggio in Lavorare con lentezza (2004) che gli ha fatto vincere il Premio Marcello Mastroianni come miglior attore esordiente a Venezia 2004. Con giusta ragione.

Nato a Milano il 20 novembre del 1983, di origini siciliane, studia e si laurea a Bologna in Lettere e Filosofia. Attore fisico e nervico, quasi tutto pelle e ossa, abituato a ruoli antagonisti o addirittura cattivi, il Ramenghi punta tutto sull’innata irruenza attoriale che porta dentro. Nonostante sia ancora un po’ acerbo nella modulazione vocale dopo dieci anni di attività, è tra i migliori attori italiani della generazione televisiva.

Il nostro paese offre ben poco ai giovani, cinematograficamente. Ruoli di contorno, comparsate o protagonisti in film di chiara pochezza tecnica come artistica. In televisione le cose non cambiano, per lo più ruoli di contorno e rare occasioni di portare sulle proprie spalle il peso di un intera storia. L’alta frequenza dei progetti televisivi riesce a farli essere onnipresenti nei vari palinsesti, ma le fiction non sempre aiutano un attore a crescere qualitativamente. Il pubblico televisivo, si sa, è di poche pretese e bisogna fargli arrivare tutto in modo molto chiaro e stereotipato, compresa la recitazione. Banditi i virtuosismi o le ricerche di caratterizzazione, gli attori da fiction campano su un modello di facile lettura e di convenzioni recitative. Diventano gli eroi del piccolo schermo, seguiti e amati da un pubblico a cui sta bene la mediocrità e finiscono così per fossilizzarsi sia qualitativamente che nella tipologia di ruolo.

Tommaso Ramenghi ha dato invece prova, in certe situazioni e certi contesti, di avere il carattere e le palle per essere un attore di spessore. Pozzetto direbbe «gli manca solo la parola» e in effetti l’impostazione teatrale si sente purtroppo anche in lui, come nella stragrande maggioranza degli attori nati e cresciuti nelle fiction. Sa invece essere credibile quando dà alla sua voce l’inflessione delle sue origini: il siciliano. Come sappiamo tutti, il dialetto è la lingua più espressiva che ogni uomo possiede, perché non è filtrata dalla norma e rappresenta direttamente e con visceralità la cultura del territorio e l’universo emotivo e filosofico del proprio biotipo. Forse per questo, Tommaso Ramenghi riesce durante l’interpretazione di un siciliano a far correre le proprie emozioni a briglie sciolte, riportarle sul suo viso e sul suo corpo secco, tutto nervi e boria positiva.

Chiarificatrici sono le stesse parole di Ramenghi: «Io ho origini siciliane, ma in generale mi piace moltissimo lavorare sui dialetti, anche perché un territorio come l'Italia ne ha di molto forti, che caratterizzano diverse cose oltre alla voce, si accompagnano a un modo di essere. Mi piace indagare i gesti, il modo di parlare, la cadenza: non è solo un suono, rappresenta i moti dell’anima» (1). “Un modo di essere”, “moti dell’anima”. L’attore non le manda a dire, conosce perfettamente quello che sta facendo e sa dove vuole andare e come.

Il problema è una carriera ancora troppo ancorata alla televisione e sempre in ruoli marginali. L’eccezione che conferma la regola è la fiction di Raoul Bova, Come un delfino (2011-in corso), in cui Ramenghi dà una grandissima prova di sé. Del gruppo dei “ragazzi del sole”, tutti molto in parte e anche molto credibili, è quello che sa giocare meglio la propria presenza in scena. Sa muoversi sul set, sa prendere i suoi rischi espressivi, sa relazionarsi fisicamente con gli attori e gli oggetti di scena.

È stato Tebaldo in Romeo e Giulietta sia a teatro che nella fiction di Riccardo Donna del 2014 a fianco e contro a Martiño Rivas; ed è stato anche un nazi omofobo in Altromondo (2006). È stato di nuovo viscido e cattivo in L’Ispettore Coliandro 3 – Il sospetto (2008) e nella Lucrezia Borgia diretta da Mike Figgis nel 2010. Il meglio di sé l’ha dato, oltre che nei precedenti ruoli carogneschi, in Lavorare con lentezza di Guido Chiesa, dove il suo personaggio gli permette di essere sincero e onesto nella recitazione; e in Come un delfino, il cui ruolo di eterno arrabbiato col mondo gli permette un non sacrilego paragone con altri celebri “rebels without a cause”.

Si lancia in un appassionato bacio gay in Quo vadis baby? - L'onore delle armi (2008) e partecipa in un ruolo di contorno alla produzione internazionale del Barabba tratto da Lagerkvist nel 2012. Nel 2015 è al fianco di Terence Hill per la terza stagione di Un passo dal cielo e la sua storia d'amore con il personaggio di Natasha vive di vita propria con veri e propri montaggi-omaggio in Youtube.

A seguire una gallery dei suoi ruoli maggiori, nella speranza che possa crescere ulteriormente come attore in un paese dove il pressapochismo la fa sempre da padrone.

P.S.: Alcune interviste riportano che il suo sogno è fare cinema seriamente, altre riportano che il suo sogno più grande sia fare il cantante (???).

 

Note. (1) http://www.ilsussidiario.net/News/Cinema-Televisione-e-Media/2013/6/5/COME-UN-DELFINO-2-Anticipazioni-Tommaso-Ramenghi-dopo-l-ultima-puntata-e-possibile-una-terza-serie/2/399544/

GALLERY.

Lavorare con lentezza (2004).

Altromondo (2006).

L’Ispettore Coliandro 3 – Il sospetto (2008).

Mannaggia alla miseria (2010).

Come un delfino (2011-in corso).

Barabba (2012).

Romeo e Giulietta (2013).

Un passo dal cielo 3 (2015).

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