- Da oggi, noi utenti myHusky e EightAndHalf, con la collaborazione di lorebalda, pubblicheremo dei resoconti biografici e filmografici di alcuni "cineasti invisibili" poco "di moda" che si distaccano dai gusti predominanti e vanno a nutrire un cinema di nicchia che meriterebbe ben altra estensione. Un approccio semplice a grandi registi poco conosciuti: altro che salotti, il cinema è di tutti.
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«Antonello Matarazzo è artista di confronti estremi. Il corpo umano mantiene centralità in questo viaggio pittorico per cicli tematici. Una fisicità fatta di alterazioni, mostruosità, devianze, brutture... un percorso nel rimosso delle coscienze, nel cancro estetico che non vorresti scoperchiare.» (Gianluca Marziani)
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Antonello Matarazzo è un videoartista italiano, regista sui generis di cinema e di immagini in movimento, sconosciuto al grande pubblico ma noto nei più importanti circoli festivalieri del mondo e a certa critica capace ancora di dubitare di quel labile confine che separerebbe, tradizionalisticamente, “cortometraggio” e “video”, cinema e videoarte in sostanza, più in termini concettuali che tecnici quantomeno (perché le differenze tecniche sussistono e non sono poche). Infatti la critica continua con questa differenziazione fuori tempo massimo e usa la scappatoia della videoarte per ignorare certi artisti come Matarazzo. Ma che il regista avellinese sia videoartista o meno, egli compie un lavoro notevole sulle immagini, meritorio certo di grande interesse, capace com’è di osare con strumenti estetici ben noti (dissolvenze, morphing, sdoppiamenti visuali, ralenti) per arrivare a conclusioni formali assolutamente originali e spiazzanti.
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«Matarazzo è tra i pochi artisti italiani – comunemente etichettati per comodità terminologica e concettuale quali “videoartisti”! – che sa usare il medium video, sia dal punto di vista estetico che tecnico, lavorando sul linguaggio senza tradire né svilire la profonda poesia che traspare dalla visione delle cose.» (Bruno di Marino)
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(Tre sequenze da Miserere, 2004, Apice, 2004, e La posa infinita, 2007)
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Antonello Matarazzo nasce ad Avellino nel 1962. La sua figura di artista si districa fra pittura, fotografia, e “videoarte”, probabilmente vero e proprio cinema, benché non adotti gli stessi abituali strumenti delle regie cinematografiche. Dopo il ruolo di costumista e di aiuto regista al Teatro Bellini di Catania, si dedica alle arti visive come esponente di punta di una tendenza degli ultimi anni, il Medialismo, che prevede la commistione dei vari media, appunto, dunque pittura, video e fotografia insieme. Il risultato è una filmografia/videografia di circa 35 opere, fra video, installazioni, cortometraggi e documentari sperimentali, ognuno dei quali presenta sempre un forte motivo di interesse, dal punto di vista visivo, prima di tutto, ma anche dal punto di vista tematico, in quanto già dalle prime opere (The Fable, del 2000, e La Camera Chiara, del 2003) Matarazzo va definendo una sua personalissima poetica che indaga il ruolo della memoria, dello sguardo, del tempo che passa e del corpo che si trasforma.
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«Barthes, nell’omonimo saggio, dedica molte pagine al fatto che la fotografia consente ciò che il cinema proibisce: guardare in macchina, riflettendo poi sul suo infondere una coscienza non dell’esserci della cosa, ma dell’esserci stato. Matarazzo [in La Camera Chiara] sembra lavorare proprio su questo concetto, rendendolo però ambiguo, sfumato, poiché – a differenza dello scarto che Barthes ritiene ci sia tra cinema e fotografia – oggi, nell’era digitale, il tempo del video e quello della fotografia finiscono col coincidere, grazie per esempio al morphing, che plasma la materia elettronica come fosse una scultura, permettendo di trasformare un volto fotografico in un altro, in modo da suggerire una continuità anche somatica, a volte genealogica, antropologica, dei volti» (Bruno Di Marino).
- (Tre sequenze da La camera chiara, 2003)
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Dopo la realizzazione di Astrolìte, codiretto da Carlo Michele Schirinzi e con la partecipazione straordinaria di Enrico Ghezzi che nel film coerentemente con la poetica del regista campano riflette sulla mutazione e sul suo carattere anarchico e selvaggio, Matarazzo realizza una delle sue opere più importanti (pur contestualizzate nella prima fase, più immatura, della sua arte), Miserere (2004), in cui un gruppo di disabili su sedia a rotelle vagano per le lande desertiche del sito archeologico-industriale di Bagnoli, guidati da un cieco che li porta a compiere una processione, una rivalsa o una redenzione dalle malvagità che hanno dovuto subire nella loro vita (alcuni degli attori sono veri disabili di cui nel finale viene raccontata la storia).
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«A ben vedere questo progetto artistico plurisettoriale si configura più come una vera opera che, nella sua modernità laica, riprende e aggiorna gli assunti classici di una viandanza religiosa in cui si chiede non tanto pietà, ma una possibile redenzione, un possibile redimersi da un male che s'è fatto corpo e forse anima.» (Sergio Rotino)
- (Due sequenze da Miserere, 2004)
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E Apice, del 2004, rimane in linea con questa prima tendenza dell’opera matarazziana, cioè a dire la vicinanza con il suo luogo d’origine, la Campania. Apice è infatti un paesino abbandonato in cui un misterioso venditore si reca per vendere alcuni suoi misteriosi prodotti (che si scoprono solo alla fine del corto). Il lavoro sul montaggio, come fa notare Bruno di Marino, lascia intendere la straordinaria vicinanza di opere di Matarazzo come Apice a un gusto prettamente cinematografico.
- «[Il protagonista di Apice] è il protagonista di un quadro metafisico, di uno spazio irreale e carico di atmosfere e sospensioni» (Bruno Di Marino)
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- (Tre sequenze da Apice, 2004)
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Già con 9 06 83 (2006) e Piera e gli assassini (2007) il linguaggio di Matarazzo si incupisce, ripiegandosi su un’oscurità minacciosa che lascia sempre intravedere il lato più misterioso e meno consolatorio delle cose umane. Nel primo caso le immagini della bocca e del corpo di un’amica indicano in maniera genuina la forte carica esplosiva della bellezza e della malizia, nel secondo caso gli elementi di una casa vanno lentamente trasformandosi in oggetti sospetti e pericolosi, fino all’urlo finale che appare poi come uno sberleffo. Piera e gli assassini è il primo cortometraggio (ispirato all’opera omonima di Dacia Maraini e Piera Degli Esposti) che ufficializza la collaborazione tra Matarazzo e la sovracitata grandissima attrice italiana, Piera Degli Esposti, protagonista prima invisibile e poi visibile del primo grande capolavoro del regista, 4B Movie (2007).
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- (In alto, due momenti di 9 06 83, 2006; a seguire, una scena da Piera e gli assassini, 2007, e Piera Degli Esposti in 4B Movie, 2007)
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Ed è proprio su commissione di Bruno Di Marino che Matarazzo realizza 4B Movie, presentato al Festival di Roma del 2007. Un occhio (dello spettatore) guarda le immagini di quattro grandi autori tutti con lettera iniziale B (Ingmar Bergman, Buster Keaton, Samuel Beckett, Carmelo Bene), si interroga sul loro ruolo, su che ruolo svolgano nella complessità delle visioni cinematografiche della storia, e mentre le immagini scorrono via con il loro fare ambiguo, anarchico e rivoluzionario, improvvisamente fuoriusciamo dall’occhio e ci troviamo di fronte al volto serio e pallido di Piera Degli Esposti, spettatrice/attrice che ci osserva (o osserva la telecamera, o entrambe). Considerando la ricorrente presenza dei primi piani nei film di Matarazzo, questa introspezione interiore e viscerale della vista, che poi rivela come punto di arrivo il ritratto, lascia intendere molto sulla forza delle arti visive: in 4B Movie ci ritroviamo nel miracolo di una visione, laddove la cinepresa prende vita e balla fra le meraviglie che ha saputo intrappolare su pellicola.
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«Una straordinaria riflessione sul potere dell’occhio, che è anche occhio interiorizzato della videocamera» (Bruno Di Marino).
- (Un'immagine di 4B Movie, 2007)
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Prima di 4B Movie Matarazzo realizza un sottile e disincantato corto di fantascienza (Luna Zero, 2007) e un’installazione (Mummy, 2007), che si interroga inquietata sul ruolo della religione.
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Tra opere più o meno importanti che ritrattano il tema della Storia e del suo atavico Movimento (La posa infinita, 2007), della trasformazione degli sguardi (la “storia degli sguardi” di Barthes, in Peopleconnection, 2008) e del rapporto fra storia del singolo e storia collettiva (VeraZnunt, 2008), vanno a distinguersi con prepotenza Karma Baroque (2010), che offre alla vista il miracolo della vita attraverso la metamorfosi di un viso (dalla nascita fino alla decomposizione) e Video su carta (2011), che insieme a Latta e cafè (2009) va a costituire il dittico di documentari sperimentali realizzato da Matarazzo su atipiche figure di artista, nel primo caso Perino e Vele, artisti della cartapesta, nel secondo caso su Riccardo Dalisi, architetto e designer napoletano.
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«L’universo di Perino & Vele è sintetizzato attraverso immagini “schematiche”, ovvero con visioni che, oltre a documentare le diverse fasi processuali del loro lavoro, si trasformano continuamente in sinopie infografiche, con un passaggio dalle immagini dal vero ad immagini reticolari che replicano la stessa texture quadrettata delle loro figure di cartapesta» (Bruno Di Marino)
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- (In alto, quattro momenti da Karma Baroque, 2010; in basso, tre sequenze di Video su carta, 2011)
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Il punto più alto raggiunto dalla carriera di Antonello Matarazzo è un cortometraggio del 2012 di cui pochissimo parlano anche i critici che più lo conoscono e hanno studiato i suoi lavori, 80 kg. in mortem Johann Fatzer, tratto da un’opera incompiuta di Bertolt Brecht. Si tratta di un cortometraggio impressionante e travolgente, in cui una donna dalle vistose fattezze maschili (tradite dalle di lei nudità) indossa vanitosamente un indumento da militare circondata dalla totale oscurità, finché qualcosa non la sconvolge, e la sua natura umana la richiama a sé, a ricordarle della carne e della corporeità, lontana dalle frivolezze astratte della vanità. La presentazione dice «una riflessione sul narcisismo e sul valore della forza individuale se applicata in direzione opposta al senso comune», ma la realtà è che 80 kg. in mortem Johann Fatzer è un cortometraggio dai mille segreti, caotico e criptico, dal commento sonoro esaltante e provvisto della splendida interpretazione di Cristina Pedratscher. Un’opera fortemente visionaria.
- (Due scene di 80 Kg. in Mortem Johann Fatzer, 2012)
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Tra le sue ultime sperimentazioni, oltre all’installazione del Double Karma (2011-2012), in cui è il carattere più profondamente simbolico della poetica matarazziana ad avere la meglio, assumono fondamentale importanza i due corti Folias Para5 (2012) e l’ultimo lavoro importante realizzato per il Reggio Calabria FilmFest, Your Body Is Your Buddha (2014). Nel primo l’immagine di una donna risulta sdoppiata in moltissimi modi diversi, sulla base di una divisione in cinque variazioni in cui sembra il movimento il protagonista assoluto. Nel secondo invece una donna in primo piano va mimando le espressioni più svariate di alcuni animali selvaggi che scorrono su una gigantesca pellicola in secondo piano. Le trasformazioni ipercinetiche del viso della donna sembrano renderla di volta in volta similissima all’animale imitato, dal leone all’elefante, con il risultato finale che il corpo umano diventa lo strumento malleabile della costruzione dell’immagine, il componente fondamentale e snodabile di un modo di guardare nella profondità delle cose (così come avviene in Folias Para5 e come avveniva, al principio, in 80 Kg. in mortem Johann Fatzer).
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- (Sopra, Rosalia Filipetti in due momenti di Folias Para5, 2012; sotto, Simona Lisi in Your Body Is Your Buddha, 2014)
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La grammatica visuale delle ultime opere di Matarazzo rivela una maturazione in ambito estetico rara nel panorama dell’arte visiva contemporanea, accompagnata dalle musiche del fedele Ilario Pastore. Una filmografia complessa, quella di Matarazzo, che non merita certo di essere facilmente liquidata con etichette semplicistiche e mal utilizzate. In effetti, nulla toglie che entrambe le forme artistiche, cinema e videoarte, possano farsi portatrici di quel gesto rivoluzionario che troppo scolasticamente consideriamo esclusivamente proprio del cinema tout court, perché che faccia l’uno o l’altra, l’autore italiano dimostra quell’estro anarchico e innovativo che va associato all’Arte più in generale, in qualsiasi forma essa si presenti. Dunque il suo lavoro ci ricorda – indirettamente – la limitatezza e forse l’inutilità di certe confinanti definizioni.
- (Una scena di Miserere, 2004)
- «Comunque per me, che si parli di pittura o video, nella sostanza si tratta della medesima cosa. Con il video ho avuto da subito un rapporto molto naturale. Credo che la differenza tra me e un regista che parta direttamente dalla macchina da presa consista proprio nel rapporto di intimità che io instauro con l'immagine, persino con un singolo fotogramma, infatti in generale il momento più creativo lo sperimento in fase di montaggio. Credo di essere tuttavia piuttosto lontano dal genere cinematografico.» (Antonello Matarazzo)
- Filmografia
- The Fable (2000)
- Dance Purge (2000)
- Le cose vere (2001)
- Mi chiamo Sabino (2001)
- Astrolìte (2002) [coregìa di Carlo Michele Schirinzi]
- La Camera Chiara (2003)
- Warh (2003)
- Miserere (2004)
- A sua immagine (2004)
- Apice (2004)
- Miserere (cantus) (2005)
- En Plein Air (2005)
- Interferenze (2006)
- 9 06 83 (2006)
- Piera e gli assassini (2007)
- tribal TRIBAL (2007)
- Mummy (2007) [installazione]
- Luna Zero (2007)
- La posa infinita (2007) [installazione]
- 4B Movie (2007)
- 2 Novembre (2008)
- Peopleconnection (2008) [installazione]
- VeraZnunt (2008)
- Latta e café (2009)
- Motus, whatever we are (2009) [installazione]
- Karma Baroque (2010)
- Video su carta (2011)
- Karma n.1 (2011) [installazione]
- 80 kg. in mortem Johann Fatzer (2012)
- Victor II (2012)
- Folias para5 (2012)
- Karma n.2 (2012) [installazione]
- Your Body Is Your Buddha (2014)
- Link di riferimento
- Antonello Matarazzo - Il sito ufficiale
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