Il Festival di Berlino entra nel vivo proponendo in Concorso ben tre film: 45 Years di Andrew Haigh, Queen of the Desert di Werner Herzog e Taxi di Jafar Panahi.
Diretto e sceneggiato da Andrew Haigh, 45 Years è l'adattamento di una breve storia di David Constantine e racconta le vicissitudini di Kate e Geoff Mercer, sposati da 45 anni e alle prese con un mistero che sconvolge i preparativi della festa per l'anniversario delle nozze e, in ultima analisi, la loro stessa unione. Insieme da una vita, Kate e Geoff sono alle prese con l'organizzazione della festa del loro anniversario quando l'uomo riceve una lettera che scuote entrambi. Proveniente dalla Svizzera, la missiva lo informa che è stato ritrovato dopo lungo tempo il corpo senza vita di Katya, l'ex fidanzata con cui Geoff stava prima di sposare Kate, morta cadendo nella fessura di un ghiacciaio mentre insieme si trovavano in vacanza nel 1962.
45 Years presenta un'analisi dettagliata di quelle che sono le relazioni tra le persone di una certa età, chiamate a confrontarsi con questioni come la gelosia e il perdono, e mette in luce come spesso le coppie per andare avanti seppelliscano nel profondo i loro problemi, rivelandosi abili a schivare tutto ciò che potrebbe minare la serenità ma sottovalutando la miccia che si innescherà nel momento in cui questi vengano improvvisamente alla luce. Haigh è al suo terzo lungometraggio ma la sua popolarità negli ultimi tempi è legata al succeso della serie televisiva a tematica gay Looking, prodotta dalla HBO e trasmessa in Italia (a notte fonda) da Sky Atlantic.
Per ulteriori dettagli sul film, vi rimandiamo al nostro extra.
Scritto e diretto da Werner Herzog (che ritorna alla regia di un lungometraggio di finzione a ben sei anni di distanza da My Son, My Son, What have Ye Done), Queen of the Desert racconta la storia di Gertrude Bell (1868-1926) che, come storica, scrittrice e membro del servizio segreto britannico, ha svolto un ruolo decisivo intorno al 1920 nel fissare il corso di un nuovo ordine politico in Medio oriente. Giovane e istruita donna per cui in Inghilterra non è possibile trovare marito, la Bell (Nicole Kidman) si trasferisce a Teheran e, dopo una tragica storia d'amore con il diplomatico e incallito giocatore d'azzardo Henry Cadogan (James Franco), decide di metter da parte la propria vita privata per esplorare la regione che la ospita.
In prossimità della disgregazione dell'Impero Ottomano, Gertrude impara le lingue, traduce la letteratura locale e incontra i dignitari musulmani al Cairo, a Bassora e a Baghdad, guadagnando la loro fiducia con il suo coraggio e rispetto. Predestinata a divenire una mediatrice tra l'Oriente e l'impero britannico, vedrà entrare nuovamente nella sua vita l'amore. Tra le persone che incontrerà sul suo cammino si evidenziano inoltre T.E. Lawrence (Robert Pattinson), meglio conosciuto come Lawrence d'Arabia, e il maggiore Charles Doughty-Wylie (Damian Lewis), console generale britannico dell'impero ottomano.
Teheran. Diversi tipi di passeggeri entrano nella vettura e ognuno di loro, in maniera candida, esprime il suo punto di vista mentre viene intervistato dal conducente, che altri non è che il regista Jafar Panahi stesso. La telecamera all'interno del taxi, trasformato per l'occasione in uno studio cinematografico mobile e sui generis, cattura in tal modo lo spirito della società iraniana attraverso percorsi ora divertenti ora tragici.
Realizzato in condizioni proibitive, Taxi è il terzo film clandestino realizzato dal regista, costretto a lavorare in circostanze che per la legge del suo Paese sono illegali. Ricordiamo infatti che su di lui pende una pesantissima condanna che gli impone di non scrivere o realizzare film, gli vieta di viaggiare fuori dall'Iran e lo obbliga a non rilasciare interviste. Il tutto per 20 anni. Qualora uno dei divieti venga infranto, Panahi rischia di essere rinchiuso in un carcere per sei anni. La sua colpa è quella di aver con i suoi precedenti film "infangato" l'immagine del Paese e a nulla sono servite le pressioni e la solidarietà dei festival internazionali, degli artisti di tutto il mondo e dei registi più rinomati. «Sono un regista e non posso fare altro che realizzare film», sottolinea Panahi. Maggiori dettagli nel nostro extra.
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