Siamo (stati) quel che pensiamo (o anche solo siamo perché pensiamo, diceva Descartes). Siamo quel che abbiamo mangiato (diceva Feuerbach). Ma se fossero nati dopo l’invasione del cinema, questi signori si sarebbero chiesti quanto siamo quel che vediamo o che abbiamo visto?

Quanto la costruzione della nostra identità è passata per i film? E quanto lo è ancora oggi?
Io lo confesso: sono stato prima Terence Hill, quando uscivo esaltato a 5 o 6 anni dalle prime scazzottate che vedevo al cinema. Poi sono stato lo Yanez del Salgari televisivo (e forse in ogni situazione di gruppo quell’archetipo - lo straniero fiancheggiatore - è rimasto dentro di me per sempre). Crescendo ancora un po’ e cominciando a vedere cinema più adulto sono stato un tassista newyorkese solitario. E sono stato il Noodles di C’era una volta in America (ancora dei mavericks, anche un po’ amari: un tratto ricorrente). Poi a un certo punto questo percorso si è fermato: ho smesso di essere/diventare quel che vedevo. Forse la costruzione dell’io era compiuta, forse semplicemente mi accorgo meno di ciò che sono ora.
E voi quanto siete debitori al cinema per la costruzione del vostro io? Chi siete stati? Chi eravate? Chi siete ancora?
E quanto quel “risuonare” interno con un personaggio o una storia influisce ancora sui vostri gusti, magari facendovi prediligere quelle storie che ancora confermano quella vostra più o meno segreta identità?
Raccontatevi. A tutti coloro che diranno almeno tre personaggi che sono stati verrà offerta gratuitamente un'analisi psicologica dei tratti caratteriali, ovviamente selvaggia, molto probabilmente sbagliata. E un'assoluzione plenaria.
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Sono sempre stato fin dai tempi dei Lumiere sempre lo sconfitto, il senza fissa dimora, l'ultimo degli ultimi, quello malato, che sta morendo, il tipo in fin di vita, quello che non ce la fa, il drogato, l'emarginato, il poliziotto onesto, l'eroe sfigato o a sua insaputa, ho anche ballato sotto la pioggia e quando parlo di perdenti ne parlo da cosmopolita, sia nei film di Ozu che nei film di Bela Tarr. Chi sta bene non mi interessa, quindi film come La grande bellezza non mi interessano.
Sono stato tanto Woody Allen, anche se spesso mi è venuta voglia di essere Charles Bronson, passando, naturalmente, per Dustin Hoffman!
Da ragazzo sono stato Robert Mitchum, il comandante del caccia USA impegnato in un duello mortale con un sottomarino tedesco nel film “Duello nell’Atlantico”..…il problema era (ed è!) che sono stato anche il comandante dello stesso (Kurt Jurgens)!; poi sono stato Ethan (John Wayne) in “Sentieri selvaggi”…ma solo quando prende in braccio la nipote “andiamo a casa”, dopo aver tentato di ucciderla, perché accecato dall’odio contro i pellerossa…Sono stato Spencer Tracy in “Il processo di Norimberga” che, alla domanda che si pone il giudice dell’Alta Corte nazista per la Difesa della Razza (Burt Lancaster) – condannato alla pena capitale per crimini contro l’umanità - “mi chiedo quando ho sbagliato” , risponde: “nel momento in cui avete condannato un uomo sapendolo innocente” …Sono stato Sidney Poitier in “Indovina chi viene a cena” che, al padre fattorino che gli rinfaccia i sacrifici da lui fatti per farlo studiare – al fine di dissuaderlo dallo sposarsi con una donna bianca - risponde “se anche tu avessi fatto centinaia di miglia a piedi… era tuo dovere..e adesso scrollati dalle mie spalle”…Sono stato il vecchio padre (Burl Ives) nella memorabile scena in soffitta del film “La gatta sul tetto che scotta”, durante la quale il vecchio viene preso da crampi addominali, sintomo dell’avanzata del male, allorchè mostra, con disprezzo, al figlio (Paul Newman) il cappello bucato del proprio padre…”Questo mi ha lasciato il vecchio… un cappello ed una divisa bucata della guerra civile americana!…Mi portava sempre con sé…ed è morto correndo dietro ad un treno…!” e poi, fattosi all’improvviso dolce ”…che buffo.. …quando morì il vecchio sorrideva….!” …ma sono stato anche Newman: ” …sorrideva perché aveva vicino il figlio…” Ci voleva questo ricordo struggente per rompere finalmente il ghiaccio tra padre e figlio…” non chiuderti figlio…parlami…”!!
Sono stato (..e sono ..ogni mattina..!) Michael Caine (alias agente Palmer) quando all’inizio di “IPCRESS” osserva l’immagine sbiadita della stanza con gli occhi di un uomo assonnato e miope in fase di risveglio. Sono stato (purtroppo solo nel film “La signora in rosso”) un Gene Wilder ammaliato da Kelly Le Brock che gli si offre nuda…”serviti il pasto cow-boy!”…Sono stato (e sono..regolarmente) Sordi che pregusta il gigantesco piatto di maccheroni “Macaroni…m’hai provocato e io te distruggo, macaroni! I me te magno!” (“Un americano a Roma”)…mi viene ogni tanto la voglia di essere come Bruno Cortona ( Vittorio Gassman) (“Il sorpasso”) quando dice: A Robe', che te frega delle tristezze. Lo sai qual è l'età più bella? Te lo dico io qual è. È quella che uno c'ha giorno per giorno. Fino a quando schiatta... si capisce. E mi inebrio al suono del motore in ripresa veloce in montagna “Vai cavallina! (sempre “Il sorpasso”).
...il lutto. Mi ero ripromesso di stare un po' fermo: come ormai molti sanno, mio papà è volato in cielo. E c'è del tempo, prima di arrivare alla normalità. Ma, va da sé, i guai non arrivano mai soli. Li risparmio. E mi accorgo che c'è Data, qui. Mi piace leggerti: ritrovo il gusto di un sito che è la mia famiglia, probabilmente virtuale; gioco poco, certo: ma solo perché il mio rapporto con il cinema è a volte conflittuale. Mio papà, appunto, ma anche tanti altri, avrebbero detto che io ero Aramis. E ci hanno azzeccatto, acnhe se, ragazzino, qualche volta sarò stato Bruce Lee, poi James Bond, ma non solo Connery. Tanto cinema, ma fatico a "collocarmi": magari, un giorno, sarò davvero ciò che sono. E che non è stato filmato ancora. Ciao, Data. Grazie per l'invito. M
Un posto nostalgico che fa tornare in mente i tempi passati dell'infanzia nei quali ci calavamo con entusiasmo e felicità nei ruoli dei nostri eroi e personaggi preferiti. Mi hai riportato con la mente a tutti quei momenti in cui fingevo, con sorrisi e grida, di essere uno dei Ghostbusters con tanto di zaino protonico finto e fucile ricreato con un tubo di plastica o con il rotolo degli scottex finito. O di tutte le volte che avvolgevo una coperta attorno alle spalle e facevo facevo salti dal divano immedesimandomi nel Batman di Michael Keaton e immaginando di volare tra i tetti di Gotham, o le volte in cui tutto si faceva più serio e gelido e impersonavo il pistolero senza nome di Clint Eastwood mimando l'eterno sigaro con un grissino o con una cialda da gelato che in seguito puntualmente finivo per mangiare. Quando ero bambino sognavo di essere tutti questi personaggi, personaggi che hanno popolato la mia infanzia e che mi hanno aiutato, in un modo o nell'altro, a crescere e a sognare ad occhi aperti facendomi inevitabilmente appassionare in maniera smisurata a quella splendida forma d'arte che è il cinema.
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