Perché non esistono solo le grandi, quelle che “sono meglio del cinema” e avvinghiano gli spettatori a personaggi e situazioni indimenticabili. Perché ci sono anche quelle che, giornalmente, fanno il lavoro sporco di riempire i palinsesti delle tv generaliste (a pagamento e non), mediani di vecchia scuola (ne cantava Ligabue) che non segneranno mai, gregari che non vinceranno mai una gara (mal gliene incoglierebbe !) e sparring partners contiani a vita. Che sgomitano a metà classifica per un posto in una graduatoria Emmy e offrono rifugio ad attori snobbati o bolliti dallo “show business” cinematografico (a torto o a ragione). Che sono mediocri e felici di esserlo, creano dipendenza nel seriofilo accanito, siano esse autoconclusive o lostiane nell’intreccio, procedurali o gialli classici, comedy o fantascientifiche. Che si possono guardare con un occhio solo e pochi neuroni collegati, mentre si prepara o si consuma la cena.
Ma delle quali, spesso, non si può fare a meno.
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Bones & Booth. Booth & Bones. Accoppiata di nomi apparentemente con richiami pirateschi (ma in realtà “Booth”, con l’acca finale, significa cabina […] e non stivale), ragione sociale più fluida e scorrevole di altre antelucane coppie televisive (Starsky & Hutch, Hardcastle & McCormick), ma dimezzata nello score scelto (Bones) per la presentazione ufficiale del telefilm, iniziato nel 2005 nella fase di assestamento del c.d. fenomeno “neo-scientific investigation”, inaugurato da C.S.I. in chiusura anni 90, sul canale Fox e giunto ormai alla 10^ stagione.
La protagonista principale, l’antropologa forense e scrittrice Temperance Brennan (personaggio tratto dai romanzi di Kathy Reichs, realmente antropologa forense), è interpretata dall’attrice Emily Deschanel (sorella di Zooey), fino al 2005 impegnata solamente in particine trascurabili in vari film e serie TV, e lavora per il prestigioso Jeffersonian Institute di Washington; dove viene presto contattata dall’Agente dell’F.B.I. Seeley Booth, interpretato da David “Angel” Boreanaz, il cui unico ruolo di spessore (!) fu in “Buffy l’Ammazzavampiri” (3 stagioni, dal 1997 al 2003) e nel suo spin-off “Angel” come protagonista (5 stagioni, dal 1999 al 2004), per coadiuvarlo in un caso riguardante un cadavere scarnificato; su queste abusate premesse, la coppia (anche co-produttrice del serial) finirà per fare squadra fissa in decine di casi più o meno complicati.
L’impostazione corale delle puntate “impone” anche un nutrito gruppo di personaggi secondari, attori carneadi ma fisicamente impeccabili, quasi tutti tecnici del Jeffersonian: la disinibita Angela Montenegro (Michaela Conlin), specializzata in ricostruzioni facciali, il complottista entomologo Jack Hodgins (T.J. Thyne), l’alienato genialoide assistente Zack Addy (Eric Milligan) - presente fino alla 3^ stagione – e l’apparentemente seriosa patologa e direttrice Camille Saroyan (Tamara Taylor) – dalla 2^ stagione in poi.
La prima introduttiva stagione si sviluppa sull’apparentemente inconciliabile coppia, sviluppando, nelle pieghe delle indagini sui casi di giornata, l’incontro/scontro tra il pragmatismo scientifico dell’anaffettiva Bones e la concezione moralista dell’uomo di strada del “sempliciotto” Booth. Tali elementi, abbastanza calibrati fino alla 2^ stagione, fanno seguire con sufficiente interesse i loro battibecchi e pongono subito in risalto il “core” dello script: approccio da commedia leggera, una spruzzata di guerra dei sessi, un palese disinteresse per le varie vittime degli omicidi, dialoghi mediocremente brillanti sulla falsariga degli standard seriali americani, blanda conflittualità tra i vari personaggi e temi anche importanti (religione, guerra, violenze familiari, omosessualità) trattati con mano (molto) lieve e rassicurante.
Dalla seconda annata in poi si perdono purtroppo per strada i pochi spunti interessanti, a causa della soverchiante e crescente predominanza degli sviluppi romantici (tra i due protagonisti ma anche fra i comprimari), in uno stancante tira e molla che vedrà coinvolto anche un nuovo personaggio, l’analista Dr. Sweets (John Frances Daley), il quale contribuirà ad appesantire ulteriormente tali tematiche di risvolti psicanalitici banali e trascurabili. In una spirale inarrestabile che porterà la serie ad assomigliare più ad un gemello “crime” di “Grey’s Anatomy” che ad un epigono dell’irraggiungibile “Dr. House”.
Esponenziale, almeno per chi scrive, anche la crescente antipatia suscitata da tutti i personaggi (Bones e Angela su tutti), definiti fiaccamente dagli interpreti e malamente tratteggiati, chiusi in un superomismo scientifico respingente (nel caso della protagonista) ed in un anticonformismo sentimentale inerte da chiacchiera al bar (la seconda); si possono salvare (e ricordare) solamente la grezza simpatia di Boreanaz (Booth) e la discreta verve di Thyne (Hodgins), oltre alle ricorrenti comparsate di Ryan O’Neal e Bill Gibbons degli ZZTop.
Negatività che incredibilmente non incidono sul perdurante successo del telefilm, giunto come dicevamo alla decima annata (ancora inedita in Italia, insieme alla nona) ma principalmente relegabile, per chi scrive, a mera “storia di sottofondo”.
Voto: **
Puntate precedenti:
- Haven;
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