Torna in sala Woody Allen, con una commedia delle sue, che ha di nuovo come protagonista uno showman (bisognerebbe fare il conto di quante volte è già successo), che nuovamente sfrutta la seduzione della magia e dell'illusione (si, anche qui si potrebbe fare la conta), che ancora una volta gira in una location europea di fascino (qui la conta è più facile: Londra, Parigi, Roma, Barcellona... e ora Costa Azzurra), che di nuovo ci parla dell'incantesimo dell'amore e del suo inganno (no, qui non è così facile l'elenco), che parla di una coppia con lui più attempato e lei giovincella (lista notevole, e anche se altre volte il distacco è stato drammaturgicamente più marcato, Firth ha pur sempre 54 anni e Emma Stone 26, fate un po' voi).
Insomma, non una folgorante novità, ammettiamolo. E ammettiamo pure che nemmeno diverse altre volte, negli ultimi episodi di una pur unica carriera, la ripetitività ha segnato duramente il giudizio.

Magic in the Moonlight (2014): Colin Firth, Emma Stone, Woody Allen
È dura. Per chi è cresciuto godendo (come chi vi scrive) dell'umorismo, dell'ironia, della maestria cervellotica e fulminante del più newyorkese di tutti gli ebrei e del più ebreo di tutti i newyorkesi, ammettere che forse per Woody è giunta l'ora di dire basta è come dire a un amico di sempre di farsi da parte. Però l'anno prossimo sono 80 anche per il nostro. E in mancanza di una differenza, di una svolta, forse non basta più "che funzioni". Anche perché il rischio che non funzioni più è severo. Voi invece, da che parte state: Siete di quelli per i quali Woody resta Woody, a priori, sempre e comunque, o vi sentite in qualche modo traditi da un finale di carriera non all'altezza dei bei tempi che furono?
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