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RITRATTO D'AUTORE: Gianni Amelio
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Gianni Amelio

L'intrepido (2013): Gianni Amelio

In Italia abbiamo alcune eccellenze, molte cose buone e tante, ma tante, cose cattive.

Abbiamo la moda, il design, l’agro-alimentare, la duttilità e versatilità delle piccole e medie imprese che sopravvivono, nonostante lo Stato faccia di tutto per affondarle. Abbiamo dei cervelli che funzionano e si fanno onore nel mondo intero,nonostante le paghe da fame, una burocrazia tra le peggiori, una meritocrazia alla rovescia che premia i mediocri (ma raccomandati) e allontana i migliori.

Poi abbiamo Gianni Amelio.

Il nostro cinema non è un’eccellenza, diciamolo pure, del nostro Paese. Abbiamo buoni registi, alcuni ottimi; purtroppo però, fare cinema qui è impresa ardua che richiede forti dosi di pazienza e fortuna.

Gianni Amelio, classe 1945, dal 1982, anno di uscita del suo primo lungometraggio per il circuito commerciale, non finisce di stupire.

Ciò che colpisce, è soprattutto il linguaggio del cuore, il sentimento, il desiderio di una società umana, solidale, comprensiva ancor più che tollerante. Il suo è un cinema che tocca le corde più profonde, che ci richiama alle ragioni del cuore prima ancora di quelle della ragione.

E’ il tecnico che non esita a recarsi in Cina per portare un pezzo meccanico allo scopo di evitare una tragedia simile a quella che era costata la vita a un suo compagno.

E’ il ladro di bambini che non esita a portarsi dietro due bambini, accollandosi spese e responsabilità che vanno oltre le sue competenze: un gesto che gli costerà caro vista la burocrazia stupida della macchina statale. E’ il giovane padre che, dopo aver abbandonato il figlio, decide un giorno di tornare ad interessarsi di lui, ricostruendo un rapporto semplicemente e straordinariamente intenso e struggente.

Oppure è l’amico che si fa in quattro per tutti, sostituendoli nei loro lavori, confortandoli e spandendo a piene mani l’energia vitale e l’ottimismo inguaribile che lo pervadono. Oppure ancora è il giudice che, pur in un ambiente e in una società fascistizzati, comprende che la pena di morte non è certo il miglior deterrente per l’estirpazione del crimine ed è disposto a seguire le proprie idee, sacrificando onori e carriera.

Antonio Albanese

L'intrepido (2013): Antonio Albanese

Il suo è un cinema semplice, un cinema che arriva a tutti; un cinema che rifugge da astrusi sperimentalismi o temi facili dal successo garantito. I suoi eroi sono gente come noi, gente che vive in un mondo difficile, spesso ostile e quasi sempre indifferente.

Le armi di questi eroi fanno sorridere: contrappongono all’aggressività un’indole buona, all’ostilità la solidarietà, al pessimismo la speranza. Sorridere, certo, perché sembrano spuntate, donchisciottesche in un mondo di lupi come il nostro. Gente, come ricorda Machado, “che non conosce la fretta, neanche nei giorni di festa. Dove c’è vino beve vino, dove non c’è vino, acqua fresca. E’ gente che vive, fatica, passa e sogna e, in un giorno come tanti, riposano sotto la terra”.

Non lo ringrazierò mai abbastanza per quello che ci ha dato e quel che ci sta dando.

Antonio Albanese, Gianni Amelio

L'intrepido (2013): Antonio Albanese, Gianni Amelio

 

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Ultimi commenti

  1. Carica precedenti
  2. fixer
    di fixer

    Non l'ho letto; provo a cercarlo fra le tue play. Purtroppo, per tanti motivi, seguo solo a tratti Film,tv. Ciao!

  3. maurizio73
    di maurizio73

    Uno dei rari esempi (insieme a gente come Olmi e Rosi) che ha saputo fare della sua coerenza poetica un valore riconoscibile di un cinema sempre impegnato e 'politico' (nel senso alto del termine), in grado di ripercorrere in modo esemplare le tappe fondamentali di una crescita civile e culturale in un Paese pieno di contraddizioni come l'italia (quella del ventennio,degli anni di piombo, della condizione meridionale, dell'immigrazione e dell'emigrazione, della fine del lavoro, etc.), ma sempre con un trasporto ed una dedizione in cui la cifra umana ed il valore della solidarietà (come giustamente sottolinei tu) ne hanno costituito una irrinunciabile scelta estetica e morale. Il tuo omaggio è doveroso e necessario. Grazie e ciao.

  4. fixer
    di fixer

    Caro Maurizio, la citazione di Olmi e Rosi non poteva essere più centrata. Mi pare che Amelio sia un pó il continuatore di una traiettoria civile di alto profilo che dà dignità al nostro cinema qui e nel mondo.
    Grazie e ciao

  5. Roger Tornhill
    di Roger Tornhill

    E visto il periodo mi piace anche ricordare tra le sue riuscite regie anche quella del Torino Film Festival, di cui per qualche anno è stato al timone con ottimi risultati, che lustro han dato al cinema ed alla mia città.
    Grazie Gianni! E grazie anche a te per il bell'omaggio a lui. Ciao!

  6. maurri 63
    di maurri 63

    Tra i vari insegnanti, ho avuto anche Gianni Amelio: sì, lo ammetto qui. Se, però, avrai letto qualcosa di quanto ho scritto, nonostante qualche citazione, che mi è ben rimasta impressa, quasi mai vi ho fatto riferimento. Trovo il suo cinema criptico, e l'idea (a volte vincente, altre perdente) che l'ellissi vada a scapito della sintassi piuttosto cristallizzata nella forma. "L'intrepido", da te citato, è un tentativo di affrancarsi da un cinema comunque elitario ("La stella che non c'è" è stato davvero avaro di soddisfazioni...), ma non riuscito. Penso, in definitiva, che bisognerebbe considerare i "maestri" per ciò che hanno da dire, non per la loro "carriera": Gianni Amelio non è esente da questo. Il suo mondo (ha vissuto senza padre) è traslato nelle sue pellicole, indipendentemente dalla storia (vedasi "Così ridevano", controverso - fin dal titolo - e contestatissimo Leone a Venezia, nel 1998): accade, però, che ciò che sembrava vero ieri, oggi appare datato, perfino superfluo. Amelio lo sa: non è un caso che cerchi "la" storia fuori delle mura di casa ("Lamerica " e così "Le chiavi di casa" sono lontani dalla percezione italica, ma anche fuori dalla narrazione popolare: raggiungono, incredibile, un pubblico trasversale, ma non sensibile alla vicenda. Si resta, insomma, ammirati, ma non coinvolti), oppure "ricopra" il presente con un manto storico ("I ragazzi di via Panisperna", "Porte aperte"). Resosi conto (è una mia idea) di avere detto tutto sul tema (oggi, comunque la si veda, un regista deve accettare che non può "essere" per tutte le stagioni, come non lo furono Antonioni e Visconti), sta provando altre strade. Ma, rinunciando allo sperimentalismo (cominciò sperimentando, ai tempi Rai), soprattutto in una dimensione "digitale" che evolve (in peggio, certo) con pochi capitali, su temi da commedia, ritengo francamente che passi come "scontato". E che, onestamente , possa perdere ( sta succedendo anche a Ciprì, ad esempio) il suo pubblico. Ciao, fixer!

    1. fixer
      di fixer

      Non so se Amelio si renda conto di aver detto tutto. Può darsi che sia così. Se fosse così sarebbe un peccato. A me Amelio piace perchè capisci che non sta barando, che non sta facendo solo business. Mi sembra sincero e, dote fondamentale, riesce a non essere mai banale, scontato. Una cosa su cui dissento dal tuo messaggio, peraltro molto interessante, è la definizione di "criptico". A me pare che non ci sia ellissi nel suo modo di raccontare. Mi pare che racconti in modo naturale, diretto, semplice. Ma forse hai percepito un secondo registro narrativo occulto che a me è sfuggito. Sarei lieto che me lo spiegassi. Grazie.

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