
Maleficent (2014): Teaser poster italiano

Maleficent (2014): Angelina Jolie
Personalmente credo, invece, che questo film sarebbe piaciuto, per esempio, a un certo Fëdor Dostoevskij, il quale a suo tempo non ebbe certo bisogno del tridimensionale, special-effettistico e ancora increato mondo di Hollywood per poter scrivere uno dei più nobili, universalmente ritenuto tale, trattato sulla Redenzione quale “Delitto e Castigo”. Perché la Redenzione, come insegna appunto anche (e “nel suo piccolo”, si fa per dire) Dostoevskij, non può non passare che attraverso l’assunzione del Bene e del Male insieme, magari a dosaggio differenziato, magari con temporalità o consequenzialità modulate ognuno a suo modo e secondo il suo “destino”, in una esposizione tesa a dimostrare (ipotesi che amo spassionatamente) che il vero, unico “Bene” al quale si possa avere accesso sia la Redenzione stessa, e non un “Bene” che, di per sé, non significa nulla, come quando si guarda un documentario sulla savana africana allorché, a seconda che il protagonista ne sia la zebra o quello di mamma leopardo coi piccoli da sfamare, rimbalzi capriccioso da una sponda all’altra.
Agli accaniti critici di cui sopra, forse anch’essi addormentati dopo il fatidico incontro con il loro personale arcolaio, forse è sfuggita una delle scene cardine del film, quando la Strega Cattiva (nonché Fata Buona) Maleficent, a dispetto ed in onore a se stessa ed alle sue inconosciute sorti, tenta inutilmente di revocare il maleficio lanciato da lei stessa anni prima sulla neonata Aurora. O comunque è sicuramente sfuggito (e qui il sonno comincerebbe ad essere colpevolmente aprioristico e diffuso) il dipanarsi della ingarbugliata matassa del rapporto tra le due donne, preferendo magari volersi grattare qualche sciocco prurito lesbico piuttosto che accorgersi dei diversi “steps” della vicenda, dalla venuta al mondo di Aurora che non può non rappresentare, per Maleficent, altro che la prova incarnata di un dolorosissimo tradimento (non solo a lei stessa, ma soprattutto a quel “Vero Amore” cui è stata costretta a cessare di credere), l’errore della protagonista (solo più tardi compreso) a voler gettare sull’infante il peso delle colpe non sue (colpa che non potrà che ritornarle indietro), passando per le scene, toccantissime, una: in cui la piccola Aurora ancora bebè chiede sorridente alla riluttante Strega/Fata di prenderla in braccio per un istante; un’altra: quando per la prima volta la già adolescente Aurora riconosce in Maleficent la sua madrina, “l’Ombra che Veglia” su di lei fin dalla nascita, e l’entusiasmo che a lei ne deriva viene subito stoppato da una già confusa Fata/Strega con uno schiocco magico delle dita; ancora (ma non sarebbe l’ultima...): quando Aurora, alla vigilia del fatidico sedicesimo compleanno,
viene messa a conoscenza dalle tre fatine della sua vera storia e corre da Maleficent a chiederne conto... Tutto questo parla del “Bene e Male” come è giusto e reale che sia, e non come vorrebbero gli stupidi film manichei fatti di cow-boy e indiani, o dei super-eroi contro gli super stronzi (ben vengano, naturalmente anche queste interpretazioni, se ben inscenate: non ho nessunissima intenzione di privarmi di cose alla “Kill Bill”, tanto per dirne solo una).
Insisto e proseguo: come fu per Gollum, anche l’antipaticissimo re Stefano, padre di Aurora, un tempo fu buono. E come non notare, nell’ambito della splendida sceneggiatura che Linda Woolverton ha scritto per questo film, di quanto delicato, e alto, e nobile sia stato il gesto del cucciolo d’uomo, futuro ignobile Re Stefano che, conosciuta Maleficent, getta lontano il suo anello di ferro che ostacolerebbe il loro potersi rincontrare, e di come invece, più tardi, l’atto di tagliarle le ali in vece di ucciderla (cosa che gli darebbe immediato lustro, onore, gloria e successo eterni) sia tutt’altro che nobiltà e pietà o misericordia, né tanto meno (voglio credere) un escamotage scritturale, ma al contrario rappresenti una perversione insopportabile, mal calcolata e molto tolkeniana (pari probabilmente solo alla perversione con la quale Maleficent si rapporta ed è morbosamente attaccata alle sue imponenti ali, simbolo e strumento di potere) che neppure il “Male”, o il “Bene”, riuscirebbero a spiegare a se stessi...
E che dire delle tre piccole fate? Da che parte stanno? Giustamente (o accidentalmente, non saprei...

Maleficent (2014): Imelda Staunton, Lesley Manville
Non vorrei soffermarmi troppo sugli aspetti squisitamente cinematografici, visto che è nella sceneggiatura, secondo me, il vero punto forte di questo film. Però vorrei aggiungere che, a parte i consueti aspetti di regia, fotografia, effetti speciali, eccetera, per i quali credo che il film sia ineccepibile quanto inattaccabile (Stromberg, anche se qui è alla prima firma da regista, non è certo un ragazzino per i lavori del genere...), tra le pieghe di una vicenda a mio avviso profondissima e niente affatto leggera, il nostro regista e la sua sceneggiatrice hanno saputo inserire, impreziosendolo ancora di più, alcune scene se si vuole semplici e infantili, ma che contengono una delicatezza assoluta ai limiti della purezza, e il pregio di lasciarci anche il tempo di divertirci “alla Perrault”. Una su tutte: la breve scena della battaglia a palle di fango tra Aurora e le creature della brughiera, girata con maestria perfetta riguardo ai tempi e sulle inquadrature. O anche quella della dispettosa Maleficent che fa piovere dentro la casetta tra i boschi delle tre piccole fate (a proposito... che buffo ritrovare un’icona tragica come il viso di Imelda Stauton nel corpicino miniaturizzato e volante della fatina-capo!), divertendosi a disturbare un già divertentissimo convitto delle tre intente a beccarsi tra loro.
Insomma... a questo film, a mio avviso uno dei più belli degli ultimi anni, non manca proprio nulla. Già solo la Jolie che, pure con le corna e gli zigomi sovradimensionati, riesce lo stesso ad incantare il pubblico e a farsi amare come è da tempo (e giustamente) abituata; sul resto del cast non c’è molto da aggiungere, se non la (disturbante) somiglianza di Sam Riley (Diaval) col nostro Fabio de Luigi (sòc-mel, che roba!), l’onesta prova di Sharlto Copley nei panni di Re Stefano (ah, però... mi veng

Maleficent (2014): Elle Fanning
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