(L’idea dei Paralleli è rubata a OGM, grazie dell’ispirazione)
Due film visti quasi di seguito, due sensazioni rimaste a circolare nel sangue prima di capire quale fosse il filo che li legava. Si parla di Palindromes di Todd Solondz e XXY di Lucia Puenzo. Le due sensazioni circolavano e cercavano il nodo comune, perché non erano semplicemente unite da un minimo comune multiplo relativo alla storia di una ragazza o a qualche tipo di emarginazione. Era necessario arrivare all'osso, passando per le differenze.
Scaviamo ed esce fuori il corpo, nella sua esasperazione (Alex di XXY) contrapposta alla sua negazione e annullamento (Aviva di Palindromes).
Aviva è un'adolescente di età indefinibile, sia perché la storia sembra comprimere e dilatare il tempo narrativo senza regolarità sia perché il regista ha usato una decina di diverse attrici per darle forma. L'unico dato certo riguarda la sua minore età, indispensabile per lo svolgimento della storia. L’unica informazione precisa sul suo carattere è il desiderio spasmodico di procreare, per “avere sempre qualcuno da amare”. Anzi, la scelta di usare attrici diverse è proprio indice di un invito a non identificare la protagonista con una categoria, ma di allargare la sua storia a tanti tipi di persone, emarginate o meno.
Alex invece è un’adolescente di età precisa (15) che sta affrontando una crescita difficile e una ricerca dell’identità sessuale a partire da un’anatomia certa (è ermafrodita) ma dura da accettare, almeno dai genitori e dalla comunità in cui vive.
“Il genere femminile è quello dominante”. La frase viene letta ad alta voce da Alex potrebbe andar bene anche per Aviva: nel suo desiderio di maternità non c’è spazio per l’amore o la vita di coppia. Sembra totalmente anaffettiva, nello stesso modo in cui sembra totalmente disinteressata al sesso e dunque al genere maschile. Alex no, è interessata al sesso (“Tu ti masturbi?” - “Tutti i giorni”) e ha un bisogno quasi ossessivo di sperimentarlo per scoprire cosa le piace. Aviva si disinteressa del proprio corpo focalizzandosi sul suo unico scopo (e Solondz con lei, imponendoci di ignorare il ‘contenitore’ con i continui cambi di attrice), Alex non può farne a meno, perché il suo corpo è lo strumento della sua ricerca di identità.
Ma procedendo, sembra che in qualche modo ci siano sempre due opposti che combaciano.
Aviva inizia questo percorso infernale attraverso un’America perduta perché vuole un figlio. Alex invece cerca di essere amata ed accettata a prescindere dalla scelta che deve essere compiuta sulla definizione della sua identità sessuale.
Accettate dai genitori, dalla comunità. I due ambienti che interagiscono con le due ragazze sono diversi, ma in fondo affini: l’America perduta di Solondz che schiaccia sassi, bisogni e sentimenti da una parte, e due famiglie incuranti, ipocrite ed ottuse in XXY, incapaci di fare ai propri figli le uniche domande davvero importanti: tu cosa vuoi, tu cosa senti. Ad una Ellen Barkin imbolsita, irreale e imbotulinata che si preoccupa solo di normalizzare Aviva si contrappongono i due genitori di Alex, preoccupati a a prescindere, che sbagliano nel modo ma non negli intenti (proteggere e far stare bene la figlia).
Come le persone, la natura: a quella desaturata, selvaggia e desertica dell’Uruguay si contrappone la provincia americana, fiammeggiante ma ugualmente selvaggia, al cui centro si annida il ghetto che accoglie i rifiutati, i malati, i bisognosi.
Solondz attraverso il grottesco, Lucia Puenzo attraverso la scarnificazione verso il nucleo (ben rappresentata da quella compiuta ai danni delle tartarughe marine a cui vengono asportati i carapaci), costringono lo spettatore a cercare il succo del discorso. Sono due percorsi opposti originati da uno strumento di irrealtà e da uno di ricerca della verosimiglianza estrema, che però vogliono indirizzare lo sguardo (e le emozioni) dello spettatore verso un’analoga destinazione, la comprensione e (forse) l’accettazione. Come salmone forzato a risalire controcorrente, lo spettatore arriva così a un’origine. E l’origine è: cosa abbiamo dentro, cosa siamo, come ci sentiamo, come vogliamo essere noi stessi, cosa conta davvero per noi; “ti proteggerò finché potrai scegliere” - “e se non c’è niente da scegliere?” risponde Alex al padre. La ricerca dell’origine determina la peregrinazione di Aviva, che cerca un figlio a prescindere dall’esistenza di un padre. Perché deve essere necessario offrire un padre se il desiderio che urla è quello di provare amore incondizionato? L’accostamento dei due personaggi non è affatto casuale, avendo infatti entrambi a che fare con le condizioni che vengono poste all’amore da parte di chi ama. Per entrambe la condizione è quella di normalizzarsi: Aviva aderendo al modello familiare e sociale materno, Alex scegliendo obbligatoriamente un sesso.
Partendo da posizioni diametralmente opposte, la loro volontà, la loro storia dimostrano che hanno eguali diritti e eguali bisogni e finiscono dunque per essere percepiti come pari, nell’affermare il loro diritto all’appartenenza alla società, il loro diritto ad amare e ad essere amati. Al termine di questo percorso di analisi, ci rendiamo conto che non importa individuare davvero tutte le differenze, perché Alex e Aviva vanno verso la medesima direzione, stabilire chi sono; e una volta compreso cosa le differenzia dagli altri, dimenticarlo nel segno dell’accettazione da parte mondo che le circonda, per cominciare a sentirsi parte di un tutto. "Le persone finiscono sempre come iniziano. Nessuno cambia.". È un personaggio di Palindromes a pronunciare le parole, ma è Solondz che parla. Soprattutto, non si cambia per far piacere agli altri, ma solo se se ne sente il bisogno in prima persona.
(Palindromes si trova in DVD, XXY si trova in streaming su YouTube)
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